La verità è che avrebbe potuto essere un disastro. Invece, complice la “giornata sì” di Donald Trump, la premier Giorgia Meloni − che oggi, 18 aprile, a Roma vedrà un altro cliente difficile come il vicepresidente USA J.D. Vance − se l’è cavata.

Grandi elogi da parte di Trump, grandi complimenti e sorrisi. Naturalmente, grandi dimostrazioni di adesione da parte della premier anche alle cose più deliranti dell’inquilino della Casa Bianca, come la filosofia anti-woke e antimigranti.

Nella conferenza stampa il tycoon la fa parlare pochissimo, e lei evita aggettivi di devozione iperbolica. È stata risolta senza troppi danni persino la questione della guerra in Ucraina, in cui Meloni è riuscita a tenere il punto con dignità, ma senza far arrabbiare The Donald.

“Sapete come la penso”, ha detto Meloni. “C’è stata un’invasione e l’invasore è Putin e la Russia, ma oggi quello che conta è lavorare insieme per arrivare a una pace giusta e duratura."

Niente di nuovo sul fronte dei dazi

Detto questo, sul piano del merito, ovvero della guerra commerciale scatenata dagli USA contro l’Europa, non è successo proprio nulla. Era probabilmente impossibile ottenere qualcosa di concreto da Trump, e così è stato. Anche le tre concessioni portate a Trump belle impacchettate – l’aumento delle spese militari al 2% del PIL, la promessa di favorire investimenti negli Stati Uniti per 10 miliardi da parte delle imprese italiane, la volontà di acquistare gas naturale liquefatto americano – sono state prese e portate a casa dal presidente USA, che in cambio non ha dato un bel niente.

La visita della premier italiana non ha segnato veri passi avanti sul fronte delle tariffe commerciali. Trump sembra disposto al dialogo, ma non ha fatto alcuna apertura concreta per la cancellazione o la riduzione dei dazi sui prodotti europei. Prima di partire per Washington, Meloni ha ricevuto un mandato informale dalla presidente della Commissione europea. Ursula von der Leyen vuole incontrare Trump, per provare a risolvere a livello di leader il negoziato. Il presidente statunitense continua a snobbarla e non si espone troppo nemmeno davanti a Meloni sulla possibilità di un vertice Europa-USA a Roma.

La premier, che aveva in previsione di aggiornare von der Leyen subito dopo la visita, conferma di non essere lì per trattare sui dazi, competenza che resta di Bruxelles. Tuttavia, i due leader parlano delle tariffe reciproche. Per il momento Trump non le toglierà. Nessuno è pronto a scommettere che questo summit a Roma tra Donald e Ursula si farà davvero.

Le aperture di Meloni su energia e difesa

L’obiettivo dei contributi NATO rimane una questione spinosa per l’Italia. Trump chiede apertamente agli alleati europei di alzare le soglie di spesa ben oltre il 2% del PIL. Meloni ha garantito che il nostro paese raggiungerà la soglia del 2%, ma ha evitato accuratamente ogni impegno formale su ulteriori incrementi futuri, coerentemente con le difficoltà di bilancio che ciò comporterebbe per Roma. Nemmeno Trump ha insistito sul punto nelle dichiarazioni ufficiali, lasciando la questione volutamente sul vago.

Sul versante energetico, Meloni ha dato segnali di apertura dichiarando l’intenzione di aumentare le importazioni di gas liquido statunitense e confermando investimenti italiani per 10 miliardi negli Stati Uniti. Ma a ben guardare, questi impegni sembrano più un gesto simbolico di buona volontà che un cambiamento sostanziale nello scenario economico bilaterale. Non ci sono stati accordi dettagliati né firmati, né tantomeno impegni concreti che possano modificare sensibilmente l’attuale bilancia degli scambi energetici e commerciali.

E nonostante le speculazioni dei giorni precedenti sulla possibile discussione di progetti strategici specifici come Starlink, i satelliti di Elon Musk, nessun progresso concreto è stato fatto. L’unico accenno allo spazio riguarda la missione su Marte. Appunto: Marte.

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In copertina: Trump e Meloni durante un incontro a Mar a Lago a inizio 2025 © Palazzo Chigi