È da luglio 2023 che l’Agenzia per la protezione dell'ambiente degli Stati Uniti (EPA) sta investigando la catena di approvvigionamento di almeno due produttori di biofuel, biocarburanti rinnovabili ottenuti da biomasse. Il motivo? Alcune forniture etichettate come olio da cucina riciclato conterrebbero in realtà olio di palma vergine, un prodotto più economico ma molto meno sostenibile. Il tutto usufruendo di redditizi sussidi green.

L’EPA indaga sui biocarburanti contraffatti

A rivelare per la prima volta l’operazione investigativa è stato il portavoce dell’EPA Jeffrey Landis durante un’intervista all’agenzia stampa Reuters. Landis non ha potuto svelare i nomi delle aziende coinvolte, ma ha spiegato il movente che ha spinto l’EPA ad aprire un fascicolo biofuel: l'impennata di esportazioni di olio da cucina usato proveniente dall’Asia negli ultimi anni. Secondo gli analisti, i volumi sono irrealisticamente alti rispetto alla quantità degli scarti recuperati nella regione.

La produzione di biodiesel da materia prima rinnovabile, come l'olio da cucina riciclato, può far guadagnare alle aziende una serie di sussidi statali e federali, compresi dei crediti negoziabili nell'ambito di un programma chiamato Renewable Fuel Standard. In totale l’Inflation Reduction Act ha messo a disposizione 500 milioni di dollari per aumentare la disponibilità di biocarburanti e offrire agli americani opzioni più green alla pompa di rifornimento. Per accedere ai sussidi, però, l’EPA pone dei requisiti ambientali stringenti che non contemplano l’utilizzo di olio di palma vergine, un prodotto a lungo associato a pratiche di deforestazione, alle emissioni di gas serra e all’inquinamento atmosferico. Secondo il portavoce sarebbe proprio l’olio di palma il feedstock utilizzato dalle aziende indagate.

I senatori statunitensi dei principali stati agricoli hanno chiesto maggiori controlli sulle materie prime utilizzate per biocarburanti, affermando che le agenzie federali dovrebbero essere altrettanto rigorose nel verificare le importazioni quanto lo sono nel controllare le catene di approvvigionamento nazionali. "L'amministrazione Biden ha creato standard rigorosi per verificare le catene di approvvigionamento dei produttori americani, ed è imperativo che lo stesso controllo sia applicato alle materie prime importate", hanno scritto sei senatori statunitensi alle agenzie federali.

In Europa cresce in modo allarmante l’import di biocarburanti cinesi

Anche l’Unione Europea indaga da mesi su presunte frodi provenienti dal mercato asiatico. Nel mirino c’è la Cina, da cui, secondo dati risalenti al 2022, proviene il 60% dell’olio di scarto importato. Al momento l'Europa brucia 130.000 barili di biocarburante da olio riciclato, 8 volte di più di quello che raccoglie. E con la crescente domanda dei Sustainable Aviation Fuel, i combustibili rinnovabili che promettono di decarbonizzare l’aviazione, le importazioni dalla Cina sono destinate ad aumentare.

Secondo una recente analisi del think tank Transport & Environment i conti però non tornano. I dati cinesi sulla capacità di raccolta e i livelli di esportazione di olio di scarto non coincidono. Presumendo che venga probabilmente destinato anche alla produzione domestica di biofuel, l’olio esportato dalla Cina secondo i sospetti di T&E conterrebbe olio di palma vergine. Questo blend drogherebbe il mercato di un prodotto economico ma tutt’altro che circolare, che affossa i produttori più virtuosi.

Le lamentele sul damping dei biocarburanti cinesi

A livello europeo i primi a protestare sono stati i produttori di biofuel che sotto l’egida dello European Biodiesel Board (EBB) hanno accusato la Cina di sleali pratiche di dumping (la vendita all'estero di una merce a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato interno) e di utilizzare biodiesel contraffatto sfruttando gli incentivi green previsti dalla direttiva sulle energie rinnovabili. A seguito di queste rimostranze, la Commissione europea ha avviato un’indagine antidumping che si è conclusa con la decisione di applicare dazi provvisori tra il 12,8 e il 36,4%. L’investigazione finirà a febbraio quando si fisseranno le cifre definitive.  

Lo scorso maggio anche Francia, Germania e Paesi Bassi hanno chiesto a Bruxelles di adottare controlli più severi su tutti i fornitori esteri, non solo Pechino. Indonesia e Malesia sono i maggiori esportatori di olio di palma vergine, un prodotto particolarmente attenzionato dalla Commissione europea che per limitare l’import di feedstock legati alla deforestazione ha imposto dazi sul biodiesel made in Indonesia.

 

Immagine: Envato