Non c’è ancora convergenza sulle raccomandazioni per rendere operativo il Fondo per le perdite e i danni (Loss&Damage), lanciato l’anno scorso durante la COP27 di Sharm el-Sheikh. La quarta riunione del Comitato di transizione per le perdite e i danni – riunitosi dal 17 al 20 ottobre scorso – non ha infatti raggiunto il consenso necessario in vista della prossima COP28 di Dubai.

Nato per fornire assistenza finanziaria ai Paesi più vulnerabili colpiti dagli effetti del cambiamento climatico, il Fondo resta quindi per ora un progetto privo di governance, struttura, sede e indicazioni sulle fonti di finanziamento. Inoltre, i Paesi beneficiari dei fondi rimangono in disaccordo con i Paesi ricchi, che spingono perché sia ospitato dalla Banca Mondiale. Al contrario, i Paesi in via di sviluppo chiedono l’istituzione di un fondo indipendente.

Le controversie tra Paesi industrializzati e in via di sviluppo

"Il fallimento del Comitato di transizione nel redigere le raccomandazioni per l'operatività del Fondo per le perdite e i danni è una chiara indicazione del profondo abisso tra nazioni ricche e povere”, ha commentato Harjeet Singh, Head of Global Political Strategy di Climate Action Network International.

“I Paesi sviluppati devono essere chiamati a rispondere dei loro spudorati tentativi di spingere la Banca Mondiale a ospitare il Fondo, del loro rifiuto di discutere la necessaria entità dei finanziamenti e del loro palese disprezzo per le proprie responsabilità nell'ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dell'Accordo di Parigi. A porte chiuse, le nazioni sviluppate non solo hanno tentato di spezzare la solidarietà dei Paesi in via di sviluppo ma, quando non ci sono riuscite, hanno sfacciatamente chiesto anche alle nazioni più povere di contribuire al fondo."

Vista l’importanza dell’accordo in materia di finanza climatica, il Comitato ha già fissato un ultimo incontro, dal 3 al 5 novembre ad Abu Dhabi, nell’estremo tentativo di appianare le differenze tra i vari attori.

Le principali reazioni della società civile

Le reazioni della società civile non si sono fatte attendere. Alle nazioni più ricche si chiede di non sprecare altro tempo e assumersi le proprie responsabilità storiche. "Le persone i cui diritti umani sono stati violati a causa della crisi climatica hanno diritto a un rimedio senza ulteriori ritardi", ha detto Lien Vandamme, Senior Campaigner del Center for International Environmental Law.

"Il fallimento del Comitato di transizione non è una sorpresa, vista la mancanza di volontà che le nazioni ricche hanno dimostrato fin dall'inizio di questo processo. Invece di impegnarsi a realizzare i risultati, abbiamo assistito all'esclusione e alle limitazioni dell'impegno della società civile, nonché a tentativi deliberati di restringere il campo di applicazione e di minare i fondamenti del Fondo da parte delle nazioni ricche. Dopo decenni di ritardi, continuano a negare la loro responsabilità storica nel causare la crisi climatica, e quindi a pagare per le perdite e i danni che questa ha causato." 

Dello stesso avviso Rachel Cleetus, Direttrice del Programma Clima ed Energia di Union of Concerned Scientists. "Il deludente risultato di oggi è un duro colpo per le comunità dei Paesi a basso e medio reddito che si trovano ad affrontare l'inesorabile assalto degli impatti climatici. Gli Stati Uniti e gli altri Paesi ricchi sembrano più concentrati a eludere o minimizzare le loro responsabilità che a impegnarsi in negoziati in buona fede per raggiungere risultati giusti.”

È giusto ospitare il Fondo perdite e danni presso la Banca Mondiale?

Non pare essere condivisa invece la volontà di Washington di insediare il Fondo presso la Banca Mondiale. “La continua insistenza degli Stati Uniti nel voler collocare il fondo all'interno della Banca Mondiale e il rifiuto di riconoscere la responsabilità primaria dei Paesi sviluppati nel fornire i finanziamenti è altamente problematica – ha aggiunto Cleetus – Questa posizione deve cambiare rapidamente prima della COP28, o c'è il grave rischio che le nazioni lascino Dubai senza un accordo sull'operatività del Fondo per le perdite e i danni.”

Altri, come Liane Schalatek, Associate Director alla Heinrich Böll Foundation, hanno sottolineato la scarsa propensione dei Paesi più ricchi a raggiungere un compromesso. “Questi non hanno accettato la loro responsabilità storica (suggerendo che molti dei danneggiati dovrebbero pagare da soli), hanno cercato di mettere i Paesi e le comunità colpite l'uno contro l'altro (limitando chi poteva ottenere i fondi) e hanno proposto di istituire il nuovo fondo nell'ambito della Banca Mondiale con un consiglio di amministrazione che rappresentasse gli azionisti e non il capitale.”

Per avere speranza e indicazioni sul fatto che il Fondo diventi operativo, bisognerà pertanto attendere il prossimo incontro del Comitato di Transizione ad Abu Dhabi, fissato dopo la pre-COP. Ciò che è certo, invece, è che al momento nessuno dei Paesi coinvolti spenderà l’attesa con le mani al portafoglio.

 

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Immagine: Misbahul Aulia, Unsplash