I conti sulla finanza climatica sarebbero sbagliati. Secondo un report pubblicato nella giornata di apertura dei negoziati della COP28 a Dubai, una lunga analisi di dati mostrerebbe come gli sforzi per affrontare la crisi climatica siano stati ostacolati da resoconti opachi, imprecisi e gonfiati degli impegni finanziari erogati dai Paesi industrializzati.
Che la contabilità della finanza climatica legata all’obiettivo dell’Accordo di Parigi (lanciato nel lontano 2009) di mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno fino al 2025 fosse incerta e non accurata lo si sapeva già. Negli anni ci sono state varie revisioni delle metodologie di contabilizzazione, le stime sono state spesso contrastanti, numerosi i tentativi di doppia contabilità dei progetti tra i vari canali (bilaterale, multilaterale, credito alle esportazioni, prestiti), così come ha pesato la mancanza di expertise in alcuni ministeri e agenzie di cooperazione nel nord e sud del mondo.
Ora però il progetto Climate Finance Files, pubblicato oggi 30 novembre dall’organizzazione anti-povertà The ONE Campaign, fornisce i dati open source sui finanziamenti pubblici internazionali per il clima, mostrando in dettaglio quanto spesso le risorse non siano state esborsate correttamente, come si siano finanziati progetti non direttamente legati a mitigazione e adattamento (Materia Rinnovabile aveva già messo in evidenza l’affaire Venchi) e come in generale sia mancata una reale trasparenza nella rendicontazione della finanza climatica.
Secondo il report, che ha analizzato i data set dell’OCSE, quasi due terzi degli impegni di finanziamento per il clima da parte dei Paesi sviluppati tra il 2013 e il 2021 – per un totale di 343 miliardi di dollari – non sono mai stati dichiarati come erogati o hanno avuto limitati impatti sul cambiamento climatico. E nel 2021 i venti paesi più vulnerabili al clima del mondo avrebbero ricevuto solo il 6,5% dei finanziamenti per il clima di cui hanno bisogno ogni anno per affrontare il cambiamento climatico.
David McNair, direttore esecutivo della campagna ONE, ha dichiarato che “la crisi climatica globale minaccia tutto ciò a cui teniamo di più, ma non cambieremo la situazione se nessuno controlla le ricevute. Rimettere il mondo sulla buona strada richiederebbe investimenti senza precedenti, ma ci troviamo invece di fronte al selvaggio west della finanza climatica, dove gli sforzi per proteggere sia le persone che il pianeta sono minati da promesse non mantenute, falsità e contabilità dubbia. Senza una migliore rendicontazione, centinaia di miliardi di dollari continueranno a essere inghiottiti in questo buco nero”.
Numerosi riceventi hanno riferito di esborsi molto inferiori a quelli impegnati. L’analisi di ONE ha rilevato che tra il 2013 e il 2021 la Nigeria ha ricevuto il 75% in meno di quanto promesso: un deficit di 4,5 miliardi di dollari. Anche il Kenya ha visto un ammanco di 4,5 miliardi di dollari rispetto ai pledge, mentre il deficit del Senegal ammonta a 2,8 miliardi di dollari.
Negli ultimi anni la situazione però si sarebbe invertita: la Commissione Europea e altri Stati membri OCSE hanno contribuito attivamente a iniziative per migliorare le metodologie di rendicontazione e la disponibilità dei dati sul sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo.
Tali iniziative includono il Comitato di assistenza allo sviluppo dell’OCSE, l’Iniziativa di rafforzamento delle capacità del Global Environmental Fund per la trasparenza (CBIT) e l’Iniziativa per la trasparenza degli aiuti internazionali. L’attuale quadro di rendicontazione dell’UE sui finanziamenti per il clima è disciplinato dal regolamento sulla governance dell’UE adottato nel 2018 che
richiede agli Stati membri di presentare relazioni annuali sul sostegno finanziario, sullo sviluppo delle capacità e sulle attività di trasferimento tecnologico fornite ai Paesi in via di sviluppo, oltre che includerlo nelle relazioni annuali dell’UE sullo stato di avanzamento dell’azione per il clima.
Con l’approvazione di oggi del fondo Loss&Damage (che dovrebbe raccogliere oltre 100 miliardi l’anno al 2030), il raddoppio della finanza climatica entro il 2025 e nuove iniziative pubblico-private per mitigazione e adattamento, un rafforzamento e consolidamento della trasparenza e delle metodologie di rendicontazione finanziaria è fondamentale e necessario. Una svolta arriverà già nel 2024, quando la rendicontazione sarà redatta applicando le nuove modalità concordate alla COP24 di Katowice nel 2018, che stabiliscono il quadro di trasparenza rafforzata ai sensi dell’accordo di Parigi.
*Materia Rinnovabile si è attivata fin da subito per chiedere verifiche ai dati contenuti nel report di ONE a ONE e OCSE ma, al momento della pubblicazione di questo articolo, non ha ancora ricevute risposte.
Immagine: Kafheel Ahmed