Le strategie politiche di Donald Trump, in particolare il caos creato dai dazi, potrebbero causare danni economici duraturi, oltre a mettere la Federal Reserve, la Banca centrale statunitense, in una situazione senza precedenti. A dirlo è stato il presidente della FED, Jerome Powell, durante un evento organizzato dall'Economic Club di Chicago mercoledì 16 aprile.
Il giorno dopo, giovedì 17, mentre la BCE annunciava il taglio dei tassi di interesse, Trump rispondeva a Powell attaccandolo per non aver fatto lo stesso e scrivendo sui propri social che “il licenziamento di Jerome Powell non arriverà mai troppo presto!”.
La FED mette in guardia sul caos dazi di Trump
“Si tratta di cambiamenti politici molto radicali”, ha detto. “Non esiste un precedente moderno che ci aiuti a capire come affrontare questa situazione.” Secondo Powell, “il livello degli aumenti tariffari annunciati finora è significativamente superiore alle previsioni” e la persistente incertezza sui dazi potrebbe causare danni economici duraturi. Con i dazi di Trump che stanno portando l'economia verso una crescita più debole, un aumento della disoccupazione e un'inflazione più rapida, tutto allo stesso tempo, la FED si trova ad affrontare una situazione che non ha mai affrontato in circa mezzo secolo.
“Potremmo trovarci in uno scenario difficile in cui i nostri due obiettivi sono in tensione”, ha affermato Powell riferendosi al promuovere la piena occupazione e tenere sotto controllo l'inflazione.
Al momento, comunque, secondo gli ultimi dati e secondo Powell stesso, l'economia statunitense rimane in buone condizioni e infatti la FED non prenderà decisioni fino a quando i dati non mostreranno chiaramente come l'economia statunitense sta reagendo alle politiche del presidente USA.
Finora Trump ha imposto dazi del 25% sull'alluminio e sull'acciaio; dazi del 25% sui prodotti provenienti dal Messico e dal Canada che non rispettano l'accordo di libero scambio; un dazio massiccio del 145% sulle importazioni cinesi; un dazio del 25% sulle automobili, con dazi separati sui ricambi auto che entreranno in vigore in un secondo momento; e un dazio base del 10% su tutte le importazioni statunitensi. In arrivo entro due mesi anche dazi sui semiconduttori.
Per questo, ha comunque avvertito Powell, “la disoccupazione è destinata ad aumentare con il rallentamento dell'economia”, e “con ogni probabilità”, anche l'inflazione, spiegando che in questo modo a pagare i dazi saranno i cittadini statunitensi. È infatti quasi certo, secondo Powell, che i prezzi aumenteranno a causa dei dazi, anche se resta da vedere in quale misura ciò impatterà sull’inflazione, che sebbene sostanzialmente inferiore al picco quarantennale raggiunto nel giugno 2022, spiega la CNN, è ancora leggermente superiore all'obiettivo del 2% della FED. Il che significa che la FED ha meno motivi per riprendere a tagliare i tassi di interesse.
Donald Trump attacca la FED
Donald Trump, invece, è molto interessato al taglio dei tassi di interesse, perché è stata una delle sue promesse elettorali. Per questo ha risposto al capo della Banca centrale statunitense, che per altro aveva nominato lui stesso nel 2017 durante il suo primo mandato, attaccandolo duramente.
“I prezzi del petrolio sono in calo, i generi alimentari (anche le uova!) sono in calo e gli Stati Uniti stanno diventando RICCHI GRAZIE AI DAZI”, ha scritto Trump sui social, sostenendo che la FED “avrebbe dovuto abbassare i tassi di interesse, come ha fatto la BCE, molto tempo fa, ma dovrebbe sicuramente abbassarli ora”.
Ma se è vero che i prezzi del petrolio sono scesi dall'inizio del mese, cioè da quando Trump ha annunciato i primi dazi, la BBC ha invece verificato che i prezzi delle uova sono saliti a 6,23 dollari la dozzina, senza trovare alcun dato che confermi quanto denaro gli Stati Uniti stanno incassando dai dazi.
Intanto, mentre Trump attaccava Powell, la presidente della BCE Christine Lagarde lo ha difeso, dicendo di avere “molto rispetto per il mio amico e stimato collega” e confermando “un rapporto solido e stabile tra banchieri centrali”.
La BCE taglia i tassi di interesse
Il giorno dopo le parole di Powell, ovvero oggi 17 aprile, la Banca centrale europea ha dunque deciso di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento, con effetto dal 23 aprile 2025. Il tasso sui depositi scende così al 2,25%, quello sulle operazioni di rifinanziamento principali al 2,40% e quello marginale al 2,65%.
La decisione arriva alla luce di una valutazione aggiornata sullo stato dell’inflazione nell’area euro. Secondo il consiglio direttivo, “il processo disinflazionistico è ben avviato”: a marzo l’inflazione complessiva e quella di fondo sono calate, e anche i prezzi dei servizi mostrano segni di rallentamento. Le dinamiche salariali, pur restando sostenute, iniziano a moderarsi, mentre i profitti aziendali stanno contribuendo ad assorbire parte degli aumenti salariali.
La BCE ritiene che “le misure dell'inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che l'inflazione si attesterà stabilmente intorno all'obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo” e che resta al centro della sua strategia. Tuttavia, permangono fattori di rischio: le tensioni commerciali globali stanno indebolendo le prospettive di crescita e potrebbero minare la fiducia di famiglie e imprese, con effetti anche sulle condizioni di finanziamento.
“Le prospettive economiche sono offuscate da incertezze eccezionali”, ha dichiarato la presidente della BCE, Christine Lagarde, riferendosi al caos creato dai dazi di Trump, che “abbasserà la crescita, indebolendo l'export”. E però, “allo stesso tempo un aumento della spesa nella difesa rafforzerebbe la crescita”, mentre “l'economia dell'eurozona resiste agli choc e nel primo trimestre dovrebbe essere comunque cresciuta”.
In copertina: christine Lagarde, foto di BCE via Flickr