Solo i più ingenui potevano non essersene resi conto: non stiamo andando alla velocità necessaria per salvare il pianeta dal cambiamento climatico. Di questo passo, se considerassimo attuati i cosiddetti NDC, (Nationally Determined Contributions), ovvero gli attuali piani di riduzione delle emissioni che i singoli paesi promettono di realizzare al 2030, il mondo è destinato a un innalzamento della temperatura di tipo catastrofico: tra cento anni dobbiamo attenderci un aumento medio della temperatura globale di 2,6°C.

Se poi per disgrazia gli NDC al 2030 delle nazioni non venissero centrati, e si continuasse sulla strada tracciata, la temperatura media globale salirà a quota 3,1°C. In altre parole, impatti devastanti e tutto sommato ancora imprevedibili sugli ecosistemi, sulle economie, sulle società. Tutte faccende che si sarebbero potute evitare − e in parte si possono ancora − se collettivamente, come umanità, avessimo rispettato i target fissati nel 2015 alla Conferenza sul clima di Parigi.

Emissions Gap Report 2024

Queste sono sommariamente le cupe previsioni contenute nell’annuale Emissions Gap Report (EGR), pubblicato ieri giovedì 24 ottobre dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), che arriva a poche settimane dalla COP29 di Baku e a pochi mesi dalla scadenza del febbraio 2025 entro la quale i paesi dovranno aggiornare i propri NDC. L’EGR traccia il divario tra l'andamento delle emissioni globali e gli attuali piani di riduzione delle emissioni dei paesi (NDC), e serve per capire se l'obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C o ben al di sotto di 2°C (Accordi di Parigi) è ancora perseguibile e come fare per colmare il divario. La speranza − chissà quanto fondata − è che anche se per il secondo anno consecutivo la COP si tiene in un petrostato come l’Azerbaijan (l’anno scorso a Dubai) durante la conferenza possa verificarsi uno scatto, un’accelerazione nella direzione giusta.

Intanto, il rapporto ci dice che le emissioni di gas serra continuano ad andare nella direzione sbagliata. Nel 2023 hanno raggiunto infatti un nuovo record, pari a 57,1 Gt/CO₂e, con un aumento dell'1,3% rispetto ai livelli del 2022. Ci dice poi che le promesse formulate dagli stati sono inadeguate e non bastano a evitare la catastrofe. Anche se tutti gli attuali NDC venissero attuati, il mondo è destinato a un riscaldamento di 2,6°C entro la fine del secolo. Senza ulteriori interventi, le temperature potrebbero addirittura salire a 3,1°C, con impatti devastanti. Infine, l’Emissions Gap Report ci dice − se siamo speranzosi − che la finestra si fa sempre più stretta, ma c’è ancora la possibilità di centrare l’obiettivo degli Accordi di Parigi, cioè di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°. Per farcela, però, le emissioni globali dovranno diminuire del 42% entro il 2030 e del 57% entro il 2035, rispetto ai livelli del 2019. Per centrare il target dei 2°C, più rischioso ma definito accettabile dalla scienza, le riduzioni devono essere del 28% entro il 2030 e del 37% entro il 2035.

Le energie rinnovabili possono aiutare, il nucleare no

Considerate “nemiche” e inutili dai populismi e dai sovranismi di Stati Uniti ed Europa, le energie rinnovabili stanno già cambiando la situazione, ma potrebbero fare molto di più. L'energia solare ed eolica potrebbe rappresentare il 27% delle riduzioni delle emissioni entro il 2030 e il 38% entro il 2035, offrendo una parte massiccia della soluzione per colmare il divario delle emissioni. Gli interventi sulle foreste potrebbero fornire circa il 20% del potenziale in entrambi gli anni. Altre opzioni importanti sono le misure di efficienza, l’elettrificazione e il cambio di combustibile nei settori dell’edilizia, dei trasporti e dell’industria.

Vale la pena osservare che per il 2030/2035 le centrali nucleari grandi e piccole, che per molti sono la soluzione preferita, questo tipo di risposta non la darebbero: non ci sono i tempi materiali, e a quel punto la frittata sarebbe già fatta. Secondo il rapporto, il raggiungimento di emissioni nette zero entro la metà del secolo richiederà un investimento aggiuntivo di 0,9-2,1 migliaia di miliardi di dollari all'anno dal 2021 al 2050, ovvero un aumento di almeno sei volte degli investimenti per la mitigazione. Tanti soldi, ma i costi dell'inazione saranno molto più alti a causa di condizioni meteorologiche estreme, mancati raccolti e altri disastri. Per contestualizzare, l'economia globale ha un valore di 110.000 miliardi di dollari all'anno, e alcuni investimenti sono comunque necessari per la crescente domanda di energia e per altre esigenze di sviluppo.

Il legame tra emissioni, riscaldamento globale e disastri climatici

“Il divario di emissioni non è una nozione astratta”, ha dichiarato António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, in un messaggio video sul rapporto. “Esiste un legame diretto tra l’aumento delle emissioni e i disastri climatici sempre più frequenti e intensi. In tutto il mondo, le persone stanno pagando un prezzo terribile. Emissioni record significano temperature del mare record che sovralimentano uragani mostruosi. Il caldo record sta trasformando le foreste in polveriere e le città in saune. Le piogge record stanno provocando inondazioni bibliche. Il rapporto sull’Emissions Gap è chiaro: stiamo giocando con il fuoco, ma non possiamo più giocare con il tempo. Non c’è più tempo. Colmare il gap di emissioni significa colmare il gap di ambizione, il gap di implementazione e il gap finanziario. A partire dalla COP29”, ha concluso il segretario dell’ONU.

In questa prospettiva certamente il G20 è di vitale importanza, visto che i paesi del G20 (meno l'Unione Africana) sono responsabili del 77% delle emissioni globali nel 2023. Sono dunque fondamentali per determinare se l'obiettivo di 1,5°C rimarrà praticabile e devono assumere un ruolo guida nel rafforzare l'ambizione climatica. Ma la COP29 deve anche produrre risultati. I primi NDC presentati a Baku devono dare prova di leadership in vista della scadenza per la presentazione degli NDC nel febbraio 2025. Per colmare il divario, il prossimo ciclo di NDC deve promettere collettivamente di dimezzare le emissioni entro il 2030.

Secondo Chiara di Mambro, direttrice strategia Italia e UE di ECCO, il think tank italiano per il clima, “le emissioni globali sono ancora in crescita, con un incremento dell'1,3% rispetto al 2021, un ritmo più elevato se confrontato con il periodo preCovid e un preoccupante aumento delle emissioni fuggitive derivanti dalla produzione di carburanti. Come si legge nel rapporto, ‘l'ambizione non significa nulla senza l'azione’, il che implica che il prossimo ciclo di NDC deve aumentare l'ambizione e soddisfare gli standard più elevati, ma anche che le azioni di attuazione devono essere più efficaci rispetto agli obiettivi attuali e futuri. Se si considera il contributo italiano, ovvero il PNIEC, sarebbe necessario un immediato cambio di passo per innalzare gli obiettivi al 2030. L'azione per un contributo concreto allo sforzo globale comporterebbe anche un piano d'azione dettagliato, con politiche e misure efficaci dal punto di vista dei costi e una solida strategia finanziaria per mobilitare le risorse necessarie”.

 

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