Salvatore De Meo è presidente della Commissione affari costituzionali al Parlamento europeo e membro della Commissione agricoltura. Materia Rinnovabile l'ha intervistato in quanto candidato alle elezioni europee nella circoscrizione Italia centrale (Lazio, Marche, Toscana, Umbria) per Forza Italia, che si posiziona all’interno del gruppo del Partito popolare europeo.

In vista del voto dell’8 e 9 giugno abbiamo infatti deciso di parlare, in una serie di interviste pubblicate sul nostro sito, con candidati e candidate per l’Italia all’Europarlamento delle loro idee e intenzioni in materia di ambiente, transizione ecologica, Green Deal, riforme dei trattati e molto altro.

Salvatore De Meo

 

Quali saranno le tre priorità del suo mandato come europarlamentare, se sarà eletto?

Sicuramente continuare a lavorare per rendere l’Unione Europea più forte, credibile e, soprattutto, vicina ai cittadini. Per favorire questo risultato credo sia necessario proseguire con la riforma dei trattati, già approvata dal Parlamento, e rivedere alcune regole che hanno fortemente impedito all’Europa di esprimere le sue potenzialità. Mi riferisco al diritto di veto, alla mancanza del diritto di iniziativa legislativa del Parlamento e a nuove competenze con cui l’Europa possa affermarsi come protagonista a livello globale.

Come giudica il mandato sul Green Deal in Europa?

Negativamente. Purtroppo, pur partendo da premesse condivisibili, il Green Deal nella sua fase attuativa ha avuto una deriva ideologica che ne ha fatto perdere credibilità. In molti, infatti, hanno trascurato che tale strategia, nella sua ambizione di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050, è stata definita e approvata nel 2019, prima della pandemia e dei due successivi conflitti in Ucraina e Medioriente che inevitabilmente ne hanno condizionato l’attuazione. Questo non significa assolutamente voler rinunciare agli obiettivi, ma semplicemente scegliere azioni attuative pragmatiche e di buon senso con cui creare la giusta sinergia tra sistema produttivo e ambiente. Forza Italia da sempre afferma che la sostenibilità ambientale deve avere anche una dimensione economica, sociale e produttiva. 

Dopo le proteste degli agricoltori la Commissione europea ha annacquato alcuni obiettivi di riduzione dei pesticidi, poi è arrivato il rinvio della Nature Restoration Law: cosa sta accadendo?

Gli agricoltori sono stanchi di essere considerati gli unici responsabili dei cambiamenti climatici e hanno portato nelle piazze europee le proprie rivendicazioni che, a onor del vero, erano state già sostenute in Parlamento, soprattutto da Forza Italia e dal Partito popolare europeo. Per esempio, la proposta di riduzione dei fitofarmaci è stata bocciata dal Parlamento europeo anche se, dopo le proteste, Von der Leyen l’ha fatta passare come una propria decisione. Anche tanti altri provvedimenti sono stati migliorati e corretti rispetto alle versioni iniziali. Io credo che dobbiamo cambiare l’approccio nei confronti degli agricoltori che, vale la pena ricordare, garantiscono la nostra sicurezza e autonomia alimentare e lo hanno dimostrato nel periodo della pandemia.

Uno dei compiti dei prossimi Commissione e Parlamento sarà la riforma dei trattati EU. Cosa possiamo aspettarci?

Il Parlamento europeo, su proposta della Commissione affari costituzionali di cui sono presidente, nel mese di novembre 2023 ha approvato una proposta di riforma dei trattati chiedendo al Consiglio europeo, ai sensi dell’articolo 48 del Trattato di funzionamento dell’UE, la convocazione di una convenzione per procedere concretamente alla revisione. La proposta di riforma risponde alle conclusioni dei cittadini fatte nel corso della Conferenza sul futuro dell’Europa e pertanto credo che vada sostenuta per rafforzare il necessario processo di credibilità dell’UE. Certamente non sarà facile proseguire perché lo stesso voto registrato in Parlamento, una maggioranza minima, testimonia la resistenza di molti stati e di alcuni gruppi politici. Ciononostante credo che l’Europa sia il luogo della condivisione e pertanto bisognerà lavorare per raggiungere la migliore intesa possibile.

Oggi l’unico campo dove tiene la diplomazia multilaterale, a fatica, è quello dei negoziati ambientali, mentre la diplomazia su commercio, economia, geopolitica sono ai minimi dai tempi della Guerra Fredda. Cosa va rafforzato in Europa? Diplomazia? Difesa? Investimenti in armamenti?

I nostri padri fondatori avevano già immaginato una politica estera e di difesa comune. Oggi ne parliamo con insistenza perché le vicende geopolitiche internazionali hanno messo in evidenza la nostra debolezza alla quale dobbiamo sapere reagire. L’Europa deve essere certamente più indipendente a livello di difesa, così come da sempre sostenuto da Forza Italia. Difesa comune europea significa anche investimenti nell’industria delle armi, senza ovviamente fraintendere, perché l’Europa non ha alcuna intenzione di “armarsi”, ma la pace passa anche attraverso la difesa.

Qual è la ricetta per competere con una Cina così dominante sulle tecnologie green, dalle auto elettriche ai materiali raffinati essenziali per la transizione energetica?

Credo che la ricetta sia quella di non correre troppo perché si rischia di uccidere l’industria europea a favore di quella cinese, un po' come sta succedendo con le auto elettriche, verso cui non c’è nessuna avversità, ma l’UE deve prendere atto che si tratta di una politica che, nel nome di un ambientalismo ideologico, agevola il mercato cinese danneggiando in maniera esponenziale quello automobilistico europeo. La ricetta è dialogare con l’industria, capirne le necessità, ma anche conciliare le esigenze ambientali con quelle industriali senza schiacciare le industrie e uccidere la competizione.

Che peso avrà il tema della Just Transition nel prossimo mandato Europeo?

Un peso sicuramente rilevante rispetto a quello che ha avuto in questa ultima legislatura. Bisogna far sì che tutti i settori partecipino alla transizione digitale e alla transizione verde, senza lasciare nessuno indietro. È importante quindi coinvolgere, se guardiamo da un punto di vista demografico, tutte le fasce di età per far sì che anche gli anziani, meno esperti, non vengano esclusi da un contesto digitale perché alcuni di essi non sono ancora in grado di usare un pc o un telefonino. Va bene la digitalizzazione, ma che sia alla portata di tutti senza escludere nessuno. Stesso discorso per le aree rurali remote, le isole, le aree marittime, le zone di montagna che potrebbero trovarsi escluse sia dalla transizione digitale sia da quella verde, venendo inevitabilmente penalizzate e creando un divario evolutivo non indifferente. Quello di cui abbiamo bisogno è una transizione che sappia coinvolgere tutti e che dia benefici a tutti.

 

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Immagini: Salvatore De Meo