Le ripercussioni dei cambiamenti climatici sulla salute di lavoratori e lavoratrici si possono osservare già oggi. Lo dimostra uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) che prende in esame diversi fattori, come caldo estremo, malattie, radiazioni solari ultraviolette (UV), eventi meteorologici estremi, inquinamento atmosferico sul posto di lavoro e prodotti agrochimici nocivi. Secondo il report, per esempio, ogni anno 2,41 miliardi di lavoratori sono esposti a caldo eccessivo durante le ore di lavoro. Si tratta di più del 70% della forza lavoro mondiale.

Lo studio

Il rapporto, dal titolo Ensuring safety and health at work in a changing climate, è stato rilasciato il 22 aprile dall’ILO. Dallo studio emerge che 26,2 milioni di persone sono affette da malattia renale cronica legata allo stress da calore sul luogo di lavoro. Inoltre, ogni anno 22,85 milioni di infortuni sul lavoro, 18.970 decessi e 2,09 milioni di DALYs (Disability Adjusted Life Years) sono attribuibili al caldo eccessivo. I DALYs sono un’unità di misura che indica la somma degli anni di vita persi per mortalità prematura e di quelli vissuti in condizioni di salute non ottimale o di disabilità.

A seconda del tipo di lavoro che svolgono, alcune persone sono più esposte di altre al caldo estremo, come per esempio coloro che sono impiegati in campo agricolo, o in generale chi svolge lavori pesanti in località con elevate temperature e climi torridi. Chi lavora all’aperto, infatti, risulta maggiormente a rischio. Tuttavia, va notato che lo studio si basa su dati anteriori al 2023, che è stato l'anno più caldo mai registrato e con l'estate più calda mai registrata. 

Non solo caldo estremo

L’obiettivo dello studio è quello di presentare prove critiche relative agli impatti dei cambiamenti climatici su salute e sicurezza dei lavoratori. Il caldo eccessivo è uno degli elementi più impattanti, ma vi sono anche altre ragioni di preoccupazione legate ai cambiamenti climatici, definite nel report un “cocktail di rischi” per la salute dei lavoratori. Tra queste, le radiazioni ultraviolette (UV), principale causa di cancro alla pelle: ogni anno, sono 18.960 i decessi causati da tumori cutanei non melanoma. Un altro rischio è costituito dall’esposizione all’inquinamento atmosferico sul luogo di lavoro, che coinvolge 1,6 miliardi di persone che lavorano all’aperto, le quali sono esposte anche a malattie parassitarie e trasmesse da vettori, che causano ogni anno più di 15.170 morti sul lavoro.

Un impatto più difficile da monitorare, a causa dei dati limitati e del fatto che colpisce non solo i lavoratori, è quello legato all’incremento di eventi metereologici estremi, come incendi, alluvioni, incidenti industriali, scarsità di cibo e di acqua potabile. Lo studio spiega come lavoratori e lavoratrici possano esserne maggiormente colpiti riportando l’esempio dei vigili del fuoco. L’aumento degli incendi, legato ai cambiamenti climatici, genera un aumento dei rischi per la salute dei vigili del fuoco, tra i quali l’esposizione a sostanze chimiche pericolose, come i PFAS, presenti nelle schiume usate per spegnere il fuoco. Ugualmente per chi lavora in ambito agricolo aumenta il rischio di malattie legate all’utilizzo di prodotti agrochimici (che a sua volta tende ad aumentare per effetto dei cambiamenti climatici), a cui sono correlate oltre 300.000 morti ogni anno.

Una transizione giusta contro gli effetti del cambiamento climatico

Lo studio ritiene che siano necessarie nuove legislazioni in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, e più coordinazione tra quelle già esistenti. Un esempio è l’introduzione di limiti di temperatura massima a cui poter lavorare e ulteriori linee guida per le misure di adattamento a livello di luogo di lavoro.

Il rapporto evidenzia che anche nel passaggio verso tecnologie verdi serve che siano adottate opportune protezioni per garantire la salute dei lavoratori. Per esempio, nell’introduzione dei pannelli solari, o nella lavorazione di batterie al litio, i lavoratori devono disporre di protezioni adeguate rispetto alle sostanze chimiche tossiche pericolose contenute in questi materiali. In estrema sintesi, il report dichiara che una transizione ecologica giusta (just transition) migliorerebbe direttamente e indirettamente anche la condizioni di lavoro e di vita delle persone lavoratrici in tutto in tutto il mondo.

 

Immagine: Envato