Le Alpi sono sempre più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico. Il surriscaldamento globale procede a una velocità doppia rispetto alla media continentale, i ghiacciai si ritirano, le precipitazioni diventano imprevedibili e il permafrost si degrada, causando il crollo di pareti rocciose. Il turismo invernale, pilastro dell’economia alpina, è particolarmente colpito, ponendo interrogativi urgenti su come questi territori possano adattarsi e restare competitivi.

Un sistema sotto pressione

Dal 1960 al 2017, la durata del manto nevoso si è ridotta di circa 38 giorni, con una perdita di altezza della neve fino al 60% sotto i 2.000 metri e una quota neve che sale di 200 metri per ogni grado di riscaldamento. Secondo le proiezioni, entro il 2.100 solo le località sopra i 2.400 metri potranno contare su un innevamento naturale sufficiente. "L’assenza di neve è un problema che ormai riguarda tutti, anche le stazioni in alta quota. Il tema è sempre più urgente e crea grande pressione sulle realtà che dipendono dallo sci", spiega a Materia Rinnovabile Andrea Omizzolo, ricercatore dell’Istituto per lo sviluppo regionale di Eurac Research, in cui coordina il progetto Beyond Snow.

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La crisi climatica si innesta su fragilità economiche strutturali: l’intero settore turistico montano è costruito intorno alla monocultura dello sci di discesa, che ha generato una dipendenza economica dalla stagione invernale e una vulnerabilità agli shock climatici. La distribuzione disomogenea del turismo crea ulteriori squilibri: alcune località sono sovraffollate, mentre altre lottano per sopravvivere. Inoltre, il peso crescente dei costi energetici sta mettendo sotto pressione le infrastrutture turistiche, in particolare gli impianti di innevamento artificiale, il cui utilizzo sta diventando sempre meno sostenibile. Oltre agli effetti diretti del clima, anche la perdita di biodiversità e la fragilità degli ecosistemi alpini stanno emergendo come nuove minacce per la resilienza economica delle comunità locali.

Strategie di adattamento: tra difficoltà e opportunità

Secondo un recente rapporto della Corte dei conti Europea, le strategie di adattamento nelle regioni montane europee restano frammentarie e spesso inefficaci. L’Unione Europea ha stanziato 8 miliardi di euro tra il 2014 e il 2020 e 26 miliardi per il periodo 2021-2027, ma la mancanza di coordinamento e consapevolezza sugli strumenti disponibili frena una vera trasformazione.

Fortunatamente, ci sono progetti che cercano di dare risposte concrete, come Beyond Snow, che lavora su modelli di sviluppo più resilienti e diversificati. "Abbiamo sviluppato strategie di transizione attraverso un processo di co-design con le comunità locali, ottenendo risultati molto diversi a seconda del contesto", spiega Omizzolo.

Beyond Snow opera in una serie di aree pilota distribuite in diversi paesi alpini, tra cui Monesi di Triora in Italia, Métabief in Francia, Bohinj in Slovenia e Großer Arber in Germania. Il progetto è portato avanti grazie alla collaborazione di istituti di ricerca, amministrazioni locali e organizzazioni di gestione turistica, tra cui il Parco naturale regionale del Queyras, la Technische Universität München e diverse autorità regionali.

Il progetto ha già prodotto risultati significativi, come la Mappa della vulnerabilità, che identifica le aree più a rischio, e il Resilience adaptation model, uno strumento che aiuta le destinazioni a valutare il proprio livello di vulnerabilità e a identificare strategie di adattamento personalizzate.

Quali strumenti per ridisegnare le montagne?

Una delle sfide principali resta la governance. "C’è l’obbligo di fare piani di adattamento climatico locali, ma spesso le comunità non riescono a elaborarli correttamente”, spiega Omizzolo. “Il più delle volte vengono redatti in modo frettoloso oppure mancano dati locali specifici. Il risultato è che molte strategie non sono concretamente applicabili."

Per pianificare strategie efficaci, i territori montani hanno bisogno di strumenti avanzati. Il Resilience Adaptation Model aiuta a valutare i rischi e a pianificare interventi concreti, mentre le Vulnerability Maps identificano le aree più esposte ai cambiamenti climatici. Strumenti digitali come le Decision-Making Digital Tools permettono di simulare diversi scenari futuri e valutare l’impatto economico e ambientale delle strategie adottate. "Scrivere un progetto richiede competenze che non sempre sono disponibili, e senza risorse adeguate molte comunità rischiano di rimanere senza soluzioni operative", continua Omizzolo.

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Anche il sistema di finanziamenti non è uniforme. "Alcuni paesi, come l’Austria, finanziano strategie locali di adattamento, mentre in altri è molto più difficile ottenere fondi. Servirebbe una direttiva chiara e finanziamenti strutturati per permettere alle comunità di tradurre le strategie in azioni concrete", sottolinea il ricercatore.

Il futuro delle montagne

Se c’è un aspetto positivo che emerge dall’esperienza di Beyond Snow, è che il cambiamento è possibile. "Abbiamo visto che anche le comunità più scettiche, una volta coinvolte, si rendono conto che il cambiamento è fattibile. Anche con risorse limitate, si può avviare una transizione", commenta Omizzolo.

La sfida è trasformare le montagne in laboratori di innovazione per la sostenibilità, integrando nuovi settori come l’energia rinnovabile, l’agricoltura sostenibile e il turismo esperienziale. Ma per farlo servono visione strategica, investimenti e il coinvolgimento di tutti gli attori locali. "È sempre una questione di scelte”, conclude Omizzolo. “O si cambia adesso, con una transizione ragionata, oppure si sarà costretti a cambiare dopo, in una situazione di emergenza. È meglio agire prima che trovarsi senza alternative."

 

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In copertina: immagine Envato