L’Italia non è più la prima della classe in economia circolare. Il primato europeo per l’utilizzo efficiente delle risorse, tenuto saldamente dal nostro Paese fino all’anno scorso, è ora passato all’Olanda.
È quello che emerge dal quarto Rapporto Circonomia, presentato il 14 settembre a Roma, in occasione dell’apertura dell’omonimo festival.
Il report, curato da Duccio Bianchi in collaborazione con Legambiente, Kyoto Club e Fondazione Symbola, fa il punto non solo sulla circolarità, ma in generale sul cammino “green” dell’Italia, fotografando una situazione non proprio incoraggiante soprattutto per la transizione energetica.
Transizione ecologica al rallentatore
La transizione ecologica in Italia va sempre più lentamente, soprattutto se confrontata con la velocità dei progressi in altri Paesi europei. La conclusione a cui giunge il report commissionato dal festival Circonomia, in programma fino al 23 settembre nella cornice delle Langhe, si basa sull’analisi di un set di dati dal 2018 al 2022. Va detto però che, se il rallentamento nei progressi in campo di economia circolare ed energie rinnovabili è piuttosto chiaro, il Paese tuttavia rimane fra le eccellenze europee, con risultati nel complesso buoni in quasi tutti gli indicatori di circolarità.
In particolare, continua a fare scuola il modello dei consorzi di filiera, come quello per gli oli minerali usati – il CONOU ‒ che raccoglie pressoché la totalità dell’olio usato recuperabile e ne rigenera il 98% in nuove basi lubrificanti (contro un tasso medio europeo di rigenerazione inferiore ai due terzi).
Economia circolare, Italia sorpassata dall’Olanda ma resta un’eccellenza
Certo, il primo punto che salta all’occhio leggendo i dati del Rapporto Circonomia è il “sorpasso” da parte dell’Olanda rispetto al tasso complessivo di circolarità ed efficienza d’uso delle risorse, primato che l’Italia deteneva da diversi anni. Come spiegano gli autori del rapporto, il ranking è “costruito su 17 diversi indicatori che misurano l’impatto ambientale diretto delle attività economiche e civili su ambiente e clima (5 indicatori), l’efficienza d’uso delle risorse (6 indicatori), la capacità di risposta ai problemi ambientali (6 indicatori)”.
Di tutti questi indicatori, il nostro Paese è al primo posto solo in un caso: per il tasso di riciclo sul totale dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali, che si attesta a oltre l’80%, più del doppio rispetto alla media UE. In tutti gli altri casi, si legge nel documento, “l’Italia segna progressi inferiori a quelli medi dell’Unione europea o addirittura passi indietro in valori assoluti.
Rimane davanti ai principali Paesi europei – Germania, Francia, Spagna – ma con un vantaggio che si va rapidamente assottigliando ed evidenzia un sostanziale stallo nella sua transizione ecologica”. Non è tuttavia l’unico Paese a perdere posizioni: anche Belgio e Ungheria scendono nella classifica, e persino la Francia arretra, nonostante le tante iniziative legislative all’avanguardia dell’ultimo periodo.
Transizione energetica in stallo
L’aspetto che preoccupa di più è, però, il trend di crescita delle energie rinnovabili. Se si guarda, ad esempio, alla produzione di energia eolica, l’Italia nel 2022 ha visto una contrazione dell’1%, contro un aumento medio del 9% nell’Unione europea, con punte di addirittura un +18% in Olanda e Danimarca.
La produzione da solare fotovoltaico è andata meglio, con un aumento del 10% nel nostro Paese: percentuale che però impallidisce se confrontata all’incremento medio europeo del 26%, con un +20% in Germania, un +25% in Spagna e Francia e l’Olanda che prende il volo con un aumento del 54%.
Non va meglio sul fronte della mobilità elettrica. Nel 2022, sul totale delle immatricolazioni, la quota di auto elettriche in Italia era di appena il 4%, contro una media europea del 12%, con la Germania al 18% e l’Olanda al 24%.
Economia circolare, perché l’Italia rallenta
Non è ancora un arresto, dunque, quello denunciato dal Rapporto Circonomia, ma un chiaro rallentamento sulla via della transizione circolare ed energetica. L’Italia ha il piede sul freno e c’è da capire perché. Le ragioni non si possono addebitare all’attuale compagine di governo, visto che i dati più aggiornati citati nel report si riferiscono al 2022. Si tratta di una questione strutturale, molto più radicata e perciò più grave.
Secondo Roberto Della Seta, direttore scientifico di Circonomia, “la crisi evidente della transizione ecologica italiana riflette una insufficiente consapevolezza dell’urgenza in termini di risposta alla crisi climatica, e della stessa utilità sul piano macroeconomico della transizione green che accomuna in Italia buona parte delle classi dirigenti”.
Una difficoltà essenzialmente “culturale”, scrive Della Seta nell’introduzione al documento, che impedirebbe alle élite italiane di considerare il passaggio a economia circolare ed energie rinnovabili come un prioritario interesse nazionale, e che è acuita da una narrazione che etichetta la rivoluzione verde come un tema “di sinistra”. Una lettura che fa presto a essere smentita dai dati, visto che al primo posto del ranking di Circonomia quest’anno c’è l’Olanda, da anni governata da coalizioni guidate dal Partito liberal-conservatore.
Una delle conseguenze di questa mancanza di visione da parte delle classi dirigenti è la scarsa capacità di innovazione tecnologica del Paese. Lo dimostrano i dati: “L’Italia spende in ricerca e sviluppo (2021) l’1,48% del PIL, contro il 2,26% della media UE e il 3,13% della Germania, mentre nel 2020 (dato più aggiornato disponibile) la brevettualità dell’Italia è stata pari al 21% di quella della Finlandia, al 26% di quella della Germania, al 49% di quella della Francia”.
Eppure le eccellenze esistono e i buoni risultati, come i tanti primati accumulati negli anni in termini di riciclo e uso efficiente delle risorse, non andrebbero sprecati. “Ciò che manca all’Italia per tradurre queste premesse in trend consolidati”, conclude Della Seta, “è un’idea di futuro, sinergica tra decisori pubblici e privati, finalizzata a qualificare sempre di più l’economia italiana nel senso della circolarità e della sostenibilità ambientale e a fare di tale prospettiva un nostro valore aggiunto competitivo.”
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