Nell’imprevedibilità della montagna il rischio zero non esiste, lo abbiamo sempre saputo. Ma ora, a causa del riscaldamento globale, i pericoli sono aumentati e per capirlo può bastare guardare in alto, tra i ghiacciai che si fondono, si ritirano e mutano. Dal crollo di seracchi all’esondazione di laghi glaciali, i cosiddetti glacial lake outburst floods (GLOF). L’innalzamento delle temperature ad alta quota innesca fenomeni che hanno già provocato tragedie come quella della Marmolada, nelle Dolomiti italiane, dove nel luglio del 2022 il crollo di un seracco di ghiacciaio causò la morte di 11 persone. Nonostante si tratti di eventi complessi da prevedere, esistono sistemi di monitoraggio in grado di mitigare il rischio e salvare vite.

L'esempio della Val Ferret in Valle d’Aosta

Una realtà virtuosa che dal 2012 adotta procedure di early warning system è la Fondazione montagna sicura di Courmayeur, in Valle d'Aosta. “Più del 4% della superficie della regione è coperta da ghiacciai”, spiega a Materia Rinnovabile Jean Pierre Fosson, segretario generale della fondazione. “Su 184 ghiacciai totali stiamo monitorando attentamente 5 situazioni che possono rappresentare un potenziale rischio.” Di norma, prima di attivare un piano di monitoraggio dei rischi glaciali, la regione valuta se ci sono pericoli reali per abitazioni o strade.

Il ghiacciaio che negli ultimi anni ha tenuto più impegnata la Fondazione montagna sicura è il Planpincieux, in Val Ferret. È un ghiacciaio temperato – la cui temperatura si trova in prossimità degli 0°C – che da qualche anno rischia di crollare. Lo scorso agosto, un rischio glaciologico di scenario 4 aveva fatto chiudere la strada comunale della Val Ferret, con tanto di ordinanza di sgombero per alcune abitazioni.

“In generale il cambiamento climatico presenta degli scenari di rischio da gestire e al momento sono tre gli elementi più preoccupanti per noi”, aggiunge Fosson. “Il primo è la formazione di nuovi laghi, aperti oppure endoglaciali, ovvero all’interno del ghiacciaio. Il secondo è la transizione da ghiacciaio freddo a temperato. Il terzo è la gestione di tutte le aree deglacializzate che presentano detriti altamente pericolosi.” Le tecniche utilizzate per monitorare le situazioni di rischio si differenziano a seconda del contesto: dai radar che segnalano i movimenti di un ghiacciaio alle immagini satellitari che monitorano il volume di un lago glaciale.

Gli early warning system per diffondere la cultura del rischio

L’approccio dell’early warning system in montagna non è nuovo, si utilizza, per esempio, già da qualche decennio per prevedere il rischio di caduta di valanghe. “Tutta la procedura che passa dalla simulazione alle misure in campo, fino al bollettino valanghe è piuttosto consolidata”, spiega a Materia Rinnovabile Edoardo Cremonese, ricercatore di Fondazione CIMA, Centro internazionale monitoraggio ambientale. “Sappiamo molto meno, invece, sui rischi glaciali legati alla crisi climatica.  Non ci sono dati storici su cui fare le valutazioni, e per questo tipo di pericoli la ricerca sui sistemi di monitoraggio preventivo è ancora alle prime armi.” Tuttavia anche le più innovative e collaudate tecnologie non porteranno ad annullare completamente ogni potenziale pericolo. Per questo motivo, secondo Cremonese, la comunità di montagna è chiamata a promuovere una cultura del rischio, diffondendo consapevolezza fra turisti e abitanti, in modo da metabolizzare l’informazione e di conseguenza adottare le giuste precauzioni.

“Gli early warning system possono essere delle misure automatiche, manuali o anche dei modelli matematici che servono poi a prendere delle decisioni”, aggiunge Cremonese. “Queste consistono nella chiusura preventiva di una strada, di una valle, o nell’emissione di un bollettino. Esiste il rischio che queste precauzioni non vengano accettate dalla popolazione perché non è facile far prendere coscienza dei nuovi pericoli legati alla crisi climatica.” Mentre si sperimentano tecnologie sempre più affidabili e precise, convivere con questi nuovi pericoli glaciali diventerà il new normal, una nuova normalità per continuare a vivere la montagna in modo sicuro. 

  

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 Immagine: Ana Frantz, Unsplash

 

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