Un gruppo di ricercatori ha elaborato un nuovo indice per comprendere meglio e contrastare il fenomeno della desertificazione globale delle praterie. Lo strumento, chiamato Desertification Difference Index (DDI), è stato realizzato dagli scienziati dell’Aerospace Information Research Institute (AIR) dell’Accademia cinese delle scienze (CAS) ed è descritto in uno studio pubblicato sulla rivista Remote Sensing.

La ricerca, segnala una nota dell’Accademia, si è concentrata sull’estrazione di informazioni nel Xilingol, la regione autonoma della Mongolia interna nella Cina settentrionale, “offrendo approfondimenti sulle dinamiche spaziali e temporali delle praterie desertificate”.

Un nuovo modello

“La desertificazione delle praterie rappresenta un problema ecologico a livello globale”, si legge nello studio. “È fondamentale, per la prevenzione e il controllo del fenomeno, comprendere la variazione dell’area e del grado di desertificazione, chiarire l’intensità della conversione dei terreni ed esplorare i fattori spaziali e temporali determinanti”.

Il Desertification Difference Index, spiegano gli autori, è costruito a partire da un indicatore di superficie noto come albedo-EVI che racchiude in sé due dimensioni: la misura della capacità di riflessione della radiazione luminosa (l’albedo, appunto) e l’indice di vegetazione potenziato (EVI) per il monitoraggio della biomassa vegetale.

“Successivamente, l’analisi dell’intensità, il modello Geo-detector [ovvero, secondo gli autori, “un metodo statistico per esplorare l’eterogeneità spaziale e le sue cause”, ndr] e l’analisi delle correlazioni sono state applicate per analizzare le dinamiche e i fattori trainanti della desertificazione.”

La desertificazione si è ridotta dall’inizio del secolo

L’indice ha permesso di valutare la variazione del fenomeno evidenziando un calo della desertificazione nel corso del XXI secolo. “Nel tempo, il grado di desertificazione è diminuito: la percentuale di aree gravemente e moderatamente soggette al fenomeno è passata dal 51,77% del 2000 al 37,23% del 2020”, rileva lo studio. “Nel mentre la percentuale di aree non desertificate e sane è aumentata dal 17,85% al 37,40% nello stesso periodo”.

Gli autori hanno potuto anche osservare il ruolo dei diversi fattori coinvolti nei processi. “I fattori meteorologici e le condizioni del suolo determinano principalmente la distribuzione spaziale dell’indice DDI, con l’evapotraspirazione che mostra l’influenza più significativa mentre le attività umane influenzano fortemente le variazioni interannuali dell’indicatore stesso”. Quest’ultimo aspetto, sottolineano i ricercatori, evidenzia “la necessità di misure di prevenzione e controllo complete”.

Clima e agricoltura influenzano il fenomeno

In Asia, la regione soggetta a desertificazione si estende dalla parte centrale del continente fino al nord-est della Cina e copre un’area di oltre 1,2 milioni di chilometri quadrati. Attualmente, ricordava lo scorso anno la stessa Accademia delle Scienze, oltre il 60% di questa zona è gestita con sistemi pastorali e agricoli tradizionali.  In questo quadro gli impatti della desertificazione sull’agricoltura e sul pascolo influenzano la vita di oltre 47,9 milioni di persone.

Negli anni Pechino si è impegnata a contrastare il fenomeno con diverse iniziative. Tra queste anche il programma Grain for Green che prevede una retribuzione per gli agricoltori che piantano alberi sui propri suoli e si impegnano a ripristinare terreni degradati.

Tale programma, ha spiegato uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista Nature, avrebbe avuto un ruolo relativamente modesto nell’effettivo miglioramento della situazione. A favorire l’aumento della copertura vegetale dal 2000 in avanti, spiegavano gli studiosi, sarebbero stati soprattutto altri fattori. Tra cui, in particolare, l’incremento delle precipitazioni e le pratiche di fertilizzazione.

 

 

 

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su resoilfoundation.org

 

Immagine: Lin Lone, Unsplash