L’11 aprile l’Organizzazione marittima internazionale (IMO) ha raggiunto un accordo per la decarbonizzazione del trasporto marittimo. Nonostante il boicottaggio dell’ultima ora da parte degli Stati Uniti e la ferma opposizione di paesi produttori di fonti fossili (e una ragione è presto detta, visto che nel mondo quasi la metà delle navi commerciali trasporta petrolio, carbone e gas) il provvedimento è passato con 63 voti favorevoli e solo 16 contrari.
Il nuovo pacchetto di misure, approvato a Londra durante la riunione del Comitato per la protezione dell’ambiente marino (MEPC), punta a portare il settore verso emissioni nette zero entro il 2050. Non si tratta però di una semplice dichiarazione d’intenti, ma di un piano operativo con obiettivi intermedi vincolanti e un sistema sanzionatorio.
L’accordo introduce target annuali di riduzione delle emissioni tra il 2028 e il 2035 e prevede sanzioni economiche per le compagnie che non li rispetteranno. Le navi saranno chiamate a ridurre l’intensità delle emissioni – ovvero la quantità di CO₂ emessa per unità di carburante – del 30% entro il 2035 e del 65% entro il 2040, rispetto ai livelli del 2008.
I limiti per ogni singolo anno, dal 2028 al 2035, sono stati già fissati. Quelli relativi al periodo 2035-2040 saranno definiti nel 2032.
Le compagnie che supereranno i limiti di emissione di CO₂ dovranno pagare fino a 380 dollari per ogni tonnellata eccedente, oltre a ulteriori 100 dollari in caso di superamento di un secondo limite più ambizioso.
I proventi delle sanzioni − stimati in 30-40 miliardi al 2030 − alimenteranno un nuovo Net Zero Fund, pensato per finanziare la decarbonizzazione della flotta mercantile globale e sostenere i lavoratori e le economie portuali nella transizione ecologica.
Il testo sarà sottoposto a adozione formale nell’ottobre 2025 e, salvo sorprese, entrerà in vigore nel 2027. Le misure si applicheranno alle navi superiori alle 5.000 tonnellate di stazza lorda, che da sole rappresentano circa l’85% delle emissioni di CO₂ della flotta commerciale globale.
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Cosa prevede l’accordo: carburanti e carbon pricing
Quello approvato dall’IMO è un sistema di scambio di crediti e non certo la carbon tax universale di cui si discute nelle COP da anni, né finanzierà interventi climatici al di fuori del perimetro marittimo. Tuttavia, secondo diversi osservatori rappresenta comunque una svolta. Per la prima volta, infatti, una misura di tale portata viene accompagnata da un meccanismo obbligatorio di controllo e sanzione.
L’accordo introduce infatti due strumenti. Da un lato, l’obbligo di ridurre progressivamente l’intensità emissiva dei carburanti utilizzati nel trasporto marittimo; dall’altro, un meccanismo di carbon pricing che obbligherà le navi più inquinanti a compensare il proprio impatto ambientale. Le navi a emissioni zero o quasi-zero potranno invece accedere a incentivi economici.
Le risorse generate dal nuovo meccanismo confluiranno nell’IMO Net-Zero Fund, un fondo internazionale che sosterrà progetti di innovazione tecnologica, ricerca, infrastrutture e iniziative di transizione nei paesi in via di sviluppo. Particolare attenzione sarà riservata alle isole-stato e ai paesi meno sviluppati, che affrontano i maggiori rischi legati ai cambiamenti climatici ma hanno minori strumenti economici per adattarsi.
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Un negoziato complesso
Il raggiungimento dell’accordo non è stato privo di ostacoli. Secondo vari osservatori internazionali, almeno una dozzina di paesi, tra cui gli Stati Uniti, si sono inizialmente opposti al nuovo impianto normativo. Alla fine, la proposta è stata messa ai voti e approvata.
Sembra esserci stato spazio anche per qualche momento surreale, come riportato da Climate Home News. Vanuatu che si corregge al volo passando da “sì” ad “astensione”, la Corea del Nord che interviene in videocollegamento con un ambiguo “sì, no”, poi rettificato.
Il segretario generale dell’IMO, Arsenio Dominguez, ha però salutato con entusiasmo l’intesa, definendola “una tappa fondamentale” nel percorso di modernizzazione del settore marittimo. “L’approvazione delle modifiche all’Allegato VI della MARPOL dimostra che l’IMO è in grado di mantenere gli impegni presi nella lotta al cambiamento climatico”, ha dichiarato.
L’Allegato VI della convenzione MARPOL, che disciplina le emissioni inquinanti delle navi, è già vincolante per 108 paesi e copre circa il 97% della flotta mercantile mondiale in termini di tonnellaggio. Con il nuovo accordo, questo impianto regolatorio si arricchisce di strumenti pensati per incidere in profondità sulle logiche economiche e tecnologiche della navigazione globale.
Anche se, in un momento in cui la diplomazia climatica internazionale fatica a trovare convergenze, il risultato ottenuto all’IMO andrebbe messo in luce sotto un altro aspetto: anche un settore tradizionalmente difficile da regolare può intraprendere la rotta della transizione ecologica. E farlo, finalmente, in modo vincolante.
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