*Aggiornamento delle 19.30: poco dopo la pubblicazione di questo articolo, Trump ha sospeso i dazi per 90 giorni per tutti i paesi tranne la Cina, a cui li ha aumentati al 125%*
“So quello che sto facendo. E lo sapete anche voi. Ecco perché avete votato per me. E ve lo dico: questi paesi ci stanno chiamando, baciandomi il culo. Muoiono dalla voglia di trovare un accordo. ‘Ti prego, ti prego, troviamo un accordo. Farò qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa!’”
È questo il tono con cui il presidente degli Stati Uniti ha commentato la sua strategia commerciale sui dazi che sta affossando le borse, mettendo a rischio la sopravvivenza di aziende e facendo perdere posti di lavoro a migliaia di persone in tutto il mondo.
Poco prima che entrassero in vigore i preannunciati dazi, cioè alle 6 di mattina ora italiana del 9 aprile, un Donald Trump divertito ha così parodiato durante una cena di raccolta fondi del Partito repubblicano i capi di governo che, a suo dire, lo stanno implorando di cancellare i dazi imposti sulle esportazioni negli USA.
Ma secondo Trump c’è un solo modo per evitarli: “[…] trasferire le vostre aziende negli Stati Uniti come Apple e molte altre stanno facendo. Zero dazi. Non aspettate, fatelo ora”, ha scritto sul suo social Truth.
Un consiglio (per altro non così facilmente concretizzabile neanche volendo) che né la Cina né l’Unione Europea intendono seguire, visto che sono entrambe passate al contrattacco. Pechino portando i dazi sulle importazioni dagli USA all’84% e Bruxelles al 25%.
La Cina risponde con dazi contro gli USA
Le tariffe aggiuntive annunciate da Trump hanno portato i dazi sui prodotti cinesi al 104%. E il governo cinese ha deciso di rispondere innalzando i dazi sui prodotti importati dagli Stati Uniti dal 34% all’84%.
La decisione, che entrerà in vigore il 10 aprile alle 5 ora italiana, arriva accompagnata dall’invito di Pechino a ritirare le misure statunitensi e dialogare sulla base del rispetto reciproco. Ma al momento il confronto sembra ben lontano da qualsiasi forma di negoziazione.
Allinearsi con la Cina “sarebbe come tagliarsi la gola”, ha detto infatti il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent, riferendosi ai paesi europei che stanno iniziando a considerare le strade per allontanarsi dall’ormai inaffidabile partner statunitense e avvicinarsi a Pechino.
Proprio ieri, 8 aprile, infatti la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il premier cinese Li Qiang hanno discusso dello stato delle relazioni UE-Cina durante una telefonata avvenuta in occasione del 50° anniversario dei legami diplomatici tra i due paesi, che cade appunto nel 2025.
La telefonata tra Ursula von der Leyen e Li Qiang
Von der Leyen ha sottolineato la responsabilità dell'Europa e della Cina, “in quanto due dei più grandi mercati del mondo, nel sostenere un sistema commerciale forte e riformato, libero, equo e fondato su condizioni di parità”, si legge nel comunicato diffuso dalla Commissione europea.
La presidente ha quindi “sottolineato il ruolo fondamentale della Cina nell'affrontare la possibile diversione commerciale causata dai dazi, soprattutto nei settori già colpiti dall'eccesso di capacità globale” e ricordato “l'urgenza di soluzioni strutturali per riequilibrare le relazioni commerciali bilaterali e garantire un migliore accesso al mercato cinese per le imprese, i prodotti e i servizi europei”.
Una conversazione importante, che ha riguardato anche la cooperazione UE-Cina sull'agenda internazionale per il clima e la transizione industriale pulita.
La risposta europea ai dazi di Trump
Anche l’Unione Europea ha scelto la via della fermezza. Dopo un dibattito acceso tra i paesi membri, con l’Ungheria di Viktor Orbán unica ad aver votato contro, è arrivato il via libera per un pacchetto di controdazi che verrà applicato in tre fasi. Dal 15 aprile la prima fase vedrà una riscossione del valore di 3,9 miliardi di euro, la seconda dal 16 maggio di 13,5 miliardi e la terza dal 1° dicembre di 3,5 miliardi.
Le nuove tariffe, in gran parte al 25%, colpiranno prodotti statunitensi per un valore complessivo di 20,9 miliardi di euro e, ha specificato la Commissione in una nota, potranno “essere sospesi in qualsiasi momento, qualora gli Stati Uniti accettino una soluzione negoziata equa ed equilibrata”.
Insomma, una mossa che mira a difendere l’autonomia industriale europea senza chiudere del tutto la porta alla diplomazia. La riscossione di questi dazi sarà comunque graduale.
È da chiarire, però, che i dazi approvati oggi sono una risposta a quelli introdotti dagli USA su acciaio e alluminio a inizio marzo, non ai dazi entrati in vigore oggi sui prodotti europei esportati negli Stati Uniti. Cosa su cui comunque la Commissione ha assicurato di essere al lavoro e che potrebbe essere annunciata la prossima settimana.
I timori della Banca centrale europea
In questo contesto già teso, si inserisce l’allarme lanciato dalla BCE. Il governatore della Banca di Spagna e membro del Consiglio Direttivo della BCE, José Luis Escrivà, ha dichiarato al Financial Times che “alcuni degli scenari peggiori che avevamo identificato si stanno materializzando”, con uno “shock negativo molto significativo sull'attività economica”.
I dazi imposti dagli Stati Uniti rischiano di tradursi in una frenata della crescita e in pressioni inflazionistiche aggiuntive per l’Eurozona. Secondo molti investitori e analisti, la BCE potrebbe di nuovo tagliare i tassi di interesse (sarebbe la settima volta da giugno 2024) entro fine aprile.
Secondo Escrivà, “gli attori economici e le autorità di tutto il mondo stanno rivalutando il significato delle ultime politiche statunitensi e in questo contesto l'euro potrebbe emergere come un'alternativa più interessante. Possiamo offrire un'area economica molto ampia e una valuta solida, che beneficiano della stabilità e della prevedibilità che derivano da politiche economiche sane e dallo stato di diritto”.
L’Italia in bilico
Sul piano politico, l’Italia si muove con difficoltà. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha convocato una riunione straordinaria con la task force ministeriale sui dazi per valutare possibili interventi a sostegno delle imprese italiane colpite dalle nuove tariffe, che dovrebbero tradursi in 25 miliardi di euro. Ma non si tratta di fondi aggiuntivi.
Sono infatti per lo più soldi che arriverebbero dalla rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). La Commissione europea ha infatti concesso agli stati di modificare alcuni dei progetti inseriti nel Piano, ma non è detto che approverà le eventuali proposte italiane in questo senso. In ogni caso, non sarebbero soldi disponibili a breve.
Sul piano internazionale, Meloni ha espresso la volontà di mantenere aperto un canale diretto con gli Stati Uniti, annunciando un viaggio a Washington previsto per il 17 aprile. L’obiettivo è duplice: contenere le ricadute economiche per le aziende italiane e salvaguardare la storica alleanza transatlantica.
Un approccio che ha ricevuto il plauso di qualcuno, tra cui il presidente del Partito popolare europeo, Manfred Weber, ma le critiche di molti, tra cui il ministro francese dell'industria, Marc Ferracci. Il timore è che l’apertura di canali bilaterali tra USA e singoli paesi dell’UE spezzi l’unità e indebolisca quindi il potere contrattuale dell’Unione Europea.
In copertina: Trump durante l’annuncio dei dazi, Flickr