Crescono le attività connesse alla bioeconomia in Italia nel 2023, che arriva a pesare il 10% in termini di valore della produzione e il 7,6% in termini di occupazione sul totale dell’economia del nostro paese. A raccontarlo è la decima edizione del rapporto La bioeconomia in Europa, presentato a Ravenna giovedì 20 giugno.
Redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster SPRING e Assobiotec-Federchimica, il report evidenzia che dopo il boom del 2022 (attribuibile al forte incremento dei prezzi indotto dal conflitto russo-ucraino) nel 2023 è proseguita la crescita della bioeconomia, su ritmi di sviluppo però più contenuti e con risultati diversi tra paesi. Cala leggermente la Germania, che resta comunque al primo posto per valore della produzione (542,9 miliardi di euro) e numero di occupati (circa 2,1 milioni di persone). Migliorano invece Spagna, Francia e Italia. Le ultime due, in particolare, evidenziano le migliori performance rispetto al 2021, con un incremento superiore al 20% del valore della produzione.
L’Italia si posiziona infatti al terzo posto per valore della produzione (437,5 miliardi di euro, 9,3 miliardi in più rispetto al 2022) e al secondo per occupazione (circa 2 milioni di persone). Nel complesso il valore della bioeconomia in Francia, Germania, Spagna e Italia è di 1.751 miliardi di euro, ovvero l’8,4% del totale.
Il ruolo chiave del settore agroalimentare
La filiera agroalimentare ha un peso importante nella bioeconomia: occupa oltre il 76% in Spagna e Francia, il 63% circa in Italia e il 61% in Germania. Si tratta di un settore particolarmente esposto ai cambiamenti climatici e in particolare alla siccità. Il settore agricolo da solo assorbe infatti il 60% dei consumi di acqua complessivi ed è quindi uno dei primi a essere danneggiato in caso ve ne sia carenza.
Possono quindi venire in sostegno le innovazioni tecnologiche, per esempio per favorire il riciclo dell’acqua e altre pratiche mirate a limitare il consumo di questa preziosa risorsa. Secondo il report, il 43% delle imprese alimentari italiane ha adottato azioni volte a contenere i prelievi e i consumi di acqua; all’interno dei distretti agroalimentari risulta esserci maggior sensibilità verso il riciclo e riutilizzo dell’acqua rispetto alle aree non distrettuali.
Inoltre, per quanto riguarda la tecnologia, le imprese italiane dell’alimentare – che sono nettamente più piccole rispetto alle concorrenti europee – spiccano per la quota elevata di innovazioni di prodotto (20% contro una media UE del 12%) e di processo, dove l’Italia (36%) stacca i principali competitors di oltre 15 punti percentuali. Stando al rapporto, nel confronto con le imprese tedesche, francesi e spagnole, le imprese italiane emergono per l’attenzione rivolta alle innovazioni per la sostenibilità: riduzione dei consumi di materiali e idrici (20% delle rispondenti), recupero di scarti e di acqua (circa il 21%), sostituzione di materiali inquinanti o pericolosi (25%) e riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo o acustico (20,8%).
La vitalità della bioeconomia in Italia
“Il Rapporto conferma il valore strategico della bioeconomia come meta-settore di innovazione con un ruolo chiave nell’accelerare la transizione ecologica verso una maggiore resilienza degli ecosistemi”, Catia Bastioli, presidente di Cluster SPRING. “Secondo la FAO sono 21 i paesi, che rappresentano il 65% del PIL mondiale, dotati di una strategia ad hoc per lo sviluppo sostenibile delle filiere biobased e l’Italia è fra questi”, aggiunge Stefania Trenti, Head of Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo. “Le politiche pubbliche sono fondamentali per sostenere e valorizzare gli investimenti delle imprese, sempre più orientati alla transizione verso modelli di produzione e consumo più attenti all’ambiente. Le analisi del rapporto confermano la grande vitalità e l’attenzione alla ricerca di soluzioni innovative del tessuto produttivo italiano che opera nei settori della bioeconomia”.
Nel nostro paese sono state infatti censite 808 startup innovative nel 2023, pari al 6,6% del totale delle imprese iscritte all’apposito registro, la maggior parte concentrata nel settore ricerca e sviluppo (45%), seguito dall’agrifood (25%). Per quanto riguarda l’attività brevettuale dedicata alla filiera agro-alimentare, l’Italia figura come settimo brevettatore a livello mondiale. Negli ultimi anni, la quota e il grado di specializzazione dell'Italia in questo settore sono aumentati significativamente, grazie a un sistema innovativo ampio e diversificato che comprende imprese di vari settori, principalmente meccanica ma anche farmaceutica e chimica. Infine, un ruolo importante è svolto dal settore cosmetico, in cui l’Italia ha acquisito una crescente specializzazione, diventando terzo esportatore europeo, dopo Francia e Germania. Un peso sempre maggior lo rivestono i cosmetici a connotazione naturale/biologica. A fine 2023 questi prodotti in Italia rappresentano il 10,4% del mercato cosmetico, pari a oltre 1,3 miliardi di euro con una crescita del 7,1% rispetto al 2022.
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Immagine: Zoe Schaeffer, Unsplash