Il Cluster Spring, Unioncamere e il Centro Studi Tagliacarne hanno pubblicato la prima indagine diretta a livello territoriale sulle imprese italiane e sulle filiere produttive della bioeconomia. Lo studio è stato presentato il 27 marzo a Roma, in occasione dell’evento La Bioeconomia circolare in Italia: caratteristiche delle imprese e opportunità di sviluppo.

“L’indagine ci offre un quadro molto preciso sulla bioeconomia in Italia che conferma come sia un driver potente di innovazione e di sviluppo sostenibile per l’intero Made in Italy”, commenta Mario Bonaccorso, direttore generale di Spring, il Cluster italiano della bioeconomia circolare che riunisce oltre 150 stakeholder attivi in diverse filiere produttive: chimica verde, agroalimentare, carta e cellulosa, gestione risorse idriche, aerospazio, automotive, ecc. L’impiego di fonti biologiche rinnovabili e di processi biotecnologici non è solo un’esigenza strategica dell’industria ma anche una richiesta precisa di un numero sempre crescente di consumatori e di cittadini.”

Il valore della bioeconomia in Italia

Lo studio, che ha coinvolto un campione di 2.000 imprese manifatturiere nel periodo 2022-2023, evidenzia come la bioeconomia incide per l’11% sul valore della produzione dell’economia italiana. Tra le caratteristiche delle imprese biobased in Italia, vi è il fatto che si concentrano nei settori tipicamente Made in Italy. Al primo posto vi sono alimentari, bevande e tabacco, che insieme costituiscono il 13,5% del totale, poi tessile (8,9%) e abbigliamento (7,9%). La maggior parte (60%) esporta all’estero, attività che però resta prerogativa soprattutto delle imprese di maggiori dimensioni, mentre la maggior parte delle imprese biobased è PMI: circa il 45,6% di esse ha infatti tra i 20 e i 49 addetti.

“Questa interrogazione mirata ha permesso di ricavare un’immagine attuale di un fenomeno che sta investendo l’Europa, l’Italia e il Mezzogiorno in modo dirompente”, spiega Amedeo Lepore, professore presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli. “A partire dall’esperienza iniziale della green economy, i territori meridionali si sono dimostrati attrattivi di nuove iniziative industriali e della riconversione di altre esistenti, seguendo un percorso dinamico e competitivo e ponendosi all’avanguardia della transizione ecologica.” Tuttavia, per ora le imprese biobased sono distribuite soprattutto nel Nord Italia per circa il 65% del totale.

Biobased, scenari e vantaggi

Lo studio di Cluster Spring, Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne analizza le imprese da diversi punti di vista. Distingue innanzitutto le imprese su base temporale: la maggior parte sono born biobased, cioè nate con caratteristiche di bioeconomia, e costituiscono il 61,7% del totale. Vengono invece definite neo biobased le imprese che si sono trasformate in seguito (38,3%). Il 37% delle imprese intervistate dichiara comunque che amplierà la produzione biobased nei prossimi tre anni, scelta che tende ad aumentare al crescere della dimensione aziendale.

L’open innovation è per altro un fattore caratterizzante del settore: il 66,7% delle imprese biobased ha infatti adottato un modello aperto di innovazione (contro il 48,6% delle non biobased) e forte è la propensione delle imprese biobased a investire in ricerca e sviluppo. Il 60,7% delle imprese biobased ha infatti investito in R&S nel periodo 2017-2019 e sta continuando a investire nel triennio 2022-2024 (contro il 42,5% delle non biobased). Questo si riflette anche nella più elevata capacità di depositare nuovi brevetti, maggiore nelle imprese biobased (28,4%) rispetto alle non biobased (15,3%).

Ma perché trasformare la propria impresa? I vantaggi sono legati a diversi fattori, tra cui migliori performance, maggiore competitività e riduzione degli impatti ambientali. Le imprese biobased registrano infatti migliori performance rispetto alle non biobased sia in termini di fatturato (il 50,5% delle imprese biobased ha registrato un aumento del fatturato nel 2022 contro il 42,8% delle non biobased) che di resilienza (il 34,8% delle imprese biobased ha superato nel 2022 i livelli produttivi pre-Covid contro il 25,1% delle non biobased).

 

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Immagine: Tahlia Doyle, Unsplash