Dal 3 Luglio l’Italia recepisce la Direttiva europea 2019/904 sulla plastiche monouso detta anche direttiva SUP (Single-Use Plastics), una delle norme più ambiziose al mondo per la riduzione del marine littering, cioè la dispersione di rifiuti da prodotti in plastica monouso nei mari e sulle coste. Si legge nella direttiva che “nell’Unione, dall’80 all’85% dei rifiuti marini rinvenuti sulle spiagge sono plastica: di questi, gli oggetti in plastica monouso rappresentano il 50% mentre gli attrezzi da pesca il 27% del totale”. Inoltre, sempre secondo la direttiva “i prodotti in plastica monouso e gli attrezzi da pesca contenenti plastica sono un problema particolarmente serio nel contesto dei rifiuti marini, mettono pesantemente a rischio gli ecosistemi marini, la biodiversità e la salute umana, oltre a danneggiare attività quali il turismo, la pesca e i trasporti marittimi”.

Cosa prevede la direttiva sulla plastica monouso?

Per rispondere al problema del marine littering, la Direttiva SUP prevede una serie di misure che vanno dalla riduzione al consumo (art.4) e alla restrizione all’immissione sul mercato (art. 5) per alcuni prodotti monouso, all’introduzione di requisiti di progettazione (art. 6) e di marcatura (art. 7), nonché di schemi di responsabilità estesa del produttore per gli attrezzi da pesca (art. 8), l’obbligo del raggiungimento di target di raccolta differenziata per i contenitori monouso per bevande (art. 9) e la realizzazione di misure di sensibilizzazione per informare i consumatori e incentivarli ad utilizzare un comportamento responsabile che limiti il marine littering (art. 10).
Le due misure più severe,
riduzione e divieto all’immissione sul mercato, riguardano 11 tipologie di prodotti e imballaggi in plastica monouso corrispondenti a circa l’86% di tutti i prodotti monouso ritrovati sulle spiagge europee. La parte A dell’allegato della direttiva indica i prodotti in plastica monouso per i quali ci deve essere una riduzione del consumo (art. 4): contenitori per alimenti e tazze per bevande. La parte B dell’allegato indica i prodotti in plastica monouso per i quali ci deve essere una restrizione, cioè un divieto, all’immissione al consumo (art. 5): bastoncini cotonati; posate, piatti, mescolatori e cannucce; aste per palloncini; contenitori per alimenti, bevande e relativi tappi. La direttiva specifica che queste disposizioni si applicano ad ogni tipo di plastica, che sia formata a partire da polimeri naturali modificati o con sostanze di partenza a base organica, fossili o sintetiche che non sono presenti in natura.
Per quello che riguarda gli attrezzi da pesca, la direttiva indirizza gli stati membri all’introduzione della responsabilità estesa del produttore per i componenti in plastica, al fine di assicurarne la raccolta differenziata e finanziare una corretta gestione dei rifiuti, rispettosa dell’ambiente, e promuoverne il riciclaggio.

Il recepimento della direttiva SUP in Italia: deroghe e differenze

Per quanto riguarda l’Italia, il Disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 approvato da Senato e Camera e che reca delega al Governo per il recepimento della Direttiva SUP contiene alcune differenze importanti rispetto alla direttiva SUP per quello che riguarda il recepimento degli articoli 4 e 5, introducendo delle modifiche, sia in senso più stringente che in senso più permissivo, sulla lista di prodotti monouso negli allegati A e B.
In particolare, il DDL prevede di
aggiungere i bicchieri di plastica nella lista degli oggetti per i quali ci deve essere una riduzione del consumo (allegato A della direttiva) e prevede di esonerare i prodotti fatti in plastica biodegradabile e compostabile dal divieto imposto dall’art.5 e allegato B (cosiddetto “Emendamento Ferrazzi”).

Critiche e apprezzamenti per la deroga sui prodotti monouso

L’Emendamento Ferrazzi è criticato dall’associazione ambientalista Greenpeace Italia, che ha dedicato un rapporto al recepimento della direttiva SUP in Italia nel quale fornisce indicazioni per passare dalla riduzione del monouso in plastica alla riduzione del monouso fatto con qualsiasi tipo di materiale. “La Direttiva SUP non da’ discrezione ai paesi membri di decidere quali prodotti debbano essere soggetti a riduzione e quali a restrizione, perché questa decisione è già stata presa dal legislatore europeo”, spiega a Materia Rinnovabile Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia. “Le plastiche con caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità rientrano nella definizione di plastica della Direttiva SUP e sono equiparabili alle plastiche tradizionali perché costituite anch’esse da polimeri modificati che non esistono in natura. Qualora il governo dovesse le seguire indicazioni del Parlamento in merito alla deroga sui prodotti allegato B, - conclude Ungherese - noi ci muoveremo presso gli organi europei competenti per impedire che i dettami del legislatore europeo siano travisati o non siano applicati in modo coerente”.
Invece è
favorevole all’Emendamento Ferrazzi l’associazione ambientalista Legambiente. “Siamo molto contenti che sia stata confermata la deroga per l’utilizzo, ma solo quando non è possibile l’uso di alternative riutilizzabili, di prodotti realizzati in plastica biodegradabile e compostabile, valorizzando così la leadership italiana nell’ambito della filiera della chimica verde e della produzione di compost” dice a Materia Rinnovabile Stefania di Vito dell’ufficio scientifico di Legambiente. “Questa è una misura che Legambiente ha sostenuto fin dall’inizio della discussione della Direttiva a livello europeo e nazionale, perché l’Italia con la sua esperienza unica in Europa in questo ambito faccia da apripista, così come già avvenuto con la messa al bando dei sacchetti di plastica. L’obiettivo primario resta quello di combattere l’usa e getta e crediamo che non debba esserci una sostituzione 1:1 tra plastiche tradizionali e plastiche biodegradabili e compostabili, ma di consentire e promuovere l’utilizzo della plastica biodegradabile e compostabile nei casi in cui non è possibile ricorrere al riutilizzabile” dice Stefania di Vito.

Il monouso è più problematico della plastica”

Un recente studio del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite ha confrontato vari tipi di prodotti in plastica monouso tradizionale, monouso in bioplastica, e prodotti riutilizzabili utilizzando lo standard Life Cycle Assessment (LCA) che tiene conto degli impatti della produzione delle materie di base, del loro trasporto, del fine vita. La principale conclusione di questo lavoro è che “il monouso è più problematico della plastica. Gli Stati membri sono incoraggiati a sostenere, promuovere e incentivare azioni che portano a mantenere le risorse nell'economia al loro valore più alto il più a lungo possibile, sostituendo i prodotti di plastica monouso con prodotti riutilizzabili come parte di un approccio di economia circolare. Ciò richiederà un cambiamento di sistema.”