Il mondo dovrà aspettare ancora due anni per definire il negoziato di un nuovo quadro di riferimento o di un protocollo legalmente vincolante per la siccità, per sostenere i paesi più espositi alla scarsità d’acqua cronica. Ma intanto si mobilitano risorse e progetti per sostenere i paesi più vulnerabili. Si conclude così la COP16 Desertificazione, il terzo negoziato ONU di un anno intensissimo per la diplomazia ambientale.
Dopo COP16 Biodiversità a Cali e COP29 Clima a Baku, a Riyadh quasi 200 paesi hanno lavorato per due settimane per affrontare la crescente crisi legata a degrado del suolo, desertificazione e siccità. Come spiega a Materia Rinnovabile la negoziatrice italiana, Anna Luise, “è stata la più grande e inclusiva conferenza delle Nazioni Unite sul suolo, con più di 20.000 partecipanti”, di cui circa 3.500 della società civile, e ha ospitato più di 600 eventi nell'ambito della prima Agenda d'azione per coinvolgere gli attori non statali nel lavoro della Convenzione. "Un segnale davvero importante”.
Temi, obiettivi, traguardi e fallimenti
La Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione (UNCCD) ha lavorato duramente – il negoziato si è chiuso alle prime ore di sabato 14 dicembre – per dare priorità al ripristino dei terreni e alla resilienza alla siccità nelle politiche nazionali e nella cooperazione internazionale come strategia essenziale per la sicurezza alimentare e l'adattamento al clima. A questo scopo sono stati promessi più di 12 miliardi di dollari per affrontare la desertificazione, il degrado del territorio e la siccità in tutto il mondo, soprattutto nei paesi più vulnerabili, attraverso progetti di cooperazione e sviluppo.
A Riyadh c’era anche attesa – in particolare tra i paesi africani – per la definizione di nuovo Protocollo legalmente vincolante sulla siccità. Ma le speranze sono state disattese, per lo scontro che si è consumato tra i paesi industrializzati, che volevano uno strumento ampio (framework) ma pronto a essere operativo, e i paesi africani, che chiedevano un vero e proprio protocollo con impegni economici determinati (e obbligatori). Proposta irricevibile da parte degli Stati Uniti. "Si sono però poste le basi per un futuro regime globale sulla siccità, che si vorrebbe completare alla COP17 in Mongolia nel 2026”, spiega la negoziatrice italiana. "Inoltre, va ricordato che questa COP ha fortemente aumentato la consapevolezza di come proteggere e recuperare il suolo sia fondamentale anche per i cambiamenti climatici e la biodiversità e mostrato quante azioni già ora si possono intraprendere, coinvolgendo le comunità locali, quelle indigene, le donne e i giovani, ma anche il settore privato, lavorando su temi come la riforma dei regimi fondiari dei suoli e le pratiche agricole innovative. E comunque centrare il rinforzo delle conoscenze scientifiche alla base di ogni decisione."
Come tutti i negoziati sono stati numerosissimi i temi trattati. Tra i principali accordi raggiunti alla COP16 Desertificazione vi sono la creazione di un Caucus per le popolazioni indigene e di un Caucus per le comunità locali, per garantire che le loro prospettive e sfide uniche siano adeguatamente rappresentate. Ma anche la continuazione della Science-Policy Interface per rafforzare il processo decisionale basato sulla scienza. Poi ancora la mobilitazione del settore privato nell'ambito dell'iniziativa Business4Land, che cerca di coinvolgere il settore privato nella gestione sostenibile della terra e dell'acqua, cercando di ripristinare 1,5 miliardi di ettari di terreno entro il 2030, contribuendo alla Land Degradation Neutrality (LDN). E inoltre un impegno globale a raggiungere l'azzeramento del degrado dei terreni entro il 2030 e a migliorare la resilienza alla siccità.
La finanza contro la desertificazione
È stato ribadito più volte quante risorse economiche servano per ripristinare più di un miliardo di ettari di terreni degradati e costruire strategie di resilienza alla siccità: 2.600 miliardi di dollari di investimenti complessivi entro il 2030. Dunque, i 12,15 miliardi di dollari raccolti attraverso il Partenariato globale per la resilienza alla siccità di Riyadh, per sostenere 80 dei paesi più vulnerabili del mondo nella costruzione della loro resilienza alla siccità, non sembrano essere un risultato sconvolgente. In realtà non ci si aspettava quasi nessun annuncio, e il contributo di 10 miliardi di dollari da parte del solo Gruppo di coordinamento arabo ha sicuramente portato una folata di ottimismo in questo negoziato.
Attraverso il MASE l'Italia ha mobilitato 11 milioni di euro per il ripristino del suolo nel Sahel, parte dell'iniziativa Great Green Wall. Il progetto, implementato dall'International Union for Conservation of Nature (IUCN), mira a rafforzare e ad allargare i risultati ottenuti con la prima fase in Burkina Faso, Niger e Ghana, includendo ora anche due nuovi paesi target della regione africana: Benin e Senegal. L'inviato speciale per il cambiamento climatico del governo italiano, Francesco Corvaro, ha sottolineato “l’importanza dell’impegno a fianco delle comunità locali, con un progetto che nasce dall’ascolto dei bisogni e delle esperienze delle popolazioni coinvolte e valorizza i risultati già ottenuti negli anni per creare opportunità di sviluppo sostenibile, adattamento al cambiamento climatico e reddito diffuso”.
Gli Stati Uniti e diversi paesi e organizzazioni partner hanno annunciato investimenti complessivi per quasi 70 milioni di dollari per portare avanti la Vision for Adapted Crops and Soils (VACS). L'iniziativa mira a costruire sistemi alimentari resilienti basati su colture diverse, nutrienti e adattate al clima, coltivate in terreni sani.
L'Arabia Saudita ha annunciato cinque nuovi progetti per un valore di 60 milioni di dollari per incrementare gli sforzi a favore del clima e dell'ambiente nell'ambito della Saudi Green Initiative. La presidenza della COP16 dell'UNCCD ha inoltre annunciato il lancio di un'iniziativa internazionale di monitoraggio delle tempeste di sabbia e polvere. Questo sforzo, parte di un sistema regionale di allerta precoce, mira a integrare gli sforzi esistenti supervisionati dall'Organizzazione meteorologica mondiale.
L'Osservatorio internazionale sulla resilienza alla siccità (IDRO), il cui prototipo è stato lanciato alla COP16, sarà la prima piattaforma globale guidata dall'intelligenza artificiale per aiutare i paesi a valutare e migliorare la loro capacità di far fronte a siccità più severe. Questo strumento innovativo è un'iniziativa dell'International Drought Resilience Alliance (IDRA).
Arabia Saudita, la desertificazione è un business
L’acqua è alla base dell’ambizioso progetto Saudi Vision 2030. E COP16 è stata sicuramente un’occasione per il governo saudita di poter incontrare investitori e colossi delle water technology che hanno partecipato ai numerosi side event a Riyadh. Il governo saudita attualmente sta cercando investitori privati per sostenere progetti di depurazione, riuso, desalinizzazione, a casa e all’estero, movimentando ingenti risorse e stringendo alleanze importanti, come quella con la Francia, sancita durante il One Water Summit del 3 dicembre, un evento a porte chiuse che ha visto la partecipazione del presidente Emmanuel Macron e di numerosi diplomatici da tutto il mondo.
Nelle sue osservazioni conclusive, il presidente della COP16 Desertificazione, il ministro saudita dell'ambiente, dell'acqua e dell'agricoltura Abdulrahman Alfadley, ha approfittato del podio per accreditare l’Arabia Saudita nel novero delle nazioni virtuose. "L'aver ospitato questa importante conferenza riflette il costante impegno del Regno nei confronti delle questioni ambientali e dello sviluppo sostenibile. Riafferma la sua dedizione a lavorare con tutte le parti per preservare gli ecosistemi, rafforzare la cooperazione internazionale per combattere la desertificazione e il degrado del territorio e affrontare la siccità”. Affermazioni che però non riflettono il ruolo negativo assunto all’interno dei negoziati per il clima. Un buon punto d’inizio sarebbe quello di fermare le emissioni alla base di uno dei principali fattori della desertificazione, il cambiamento climatico.
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