Se l’accordo sull’obiettivo finanziario globale raggiunto a COP29 ha lasciato il Sud Globale deluso e infuriato, la finalizzazione dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi è stata invece accolta dalla plenaria con applausi scroscianti. Erano nove anni che si parlava di nuovo meccanismo di crediti di carbonio sotto la supervisione dell'ONU che sostituisse il fallimentare e poco trasparente Clean Development Mechanism.

Il nuovo libro delle regole approvato a Baku prevede standard più rigidi e completi che promettono di garantire maggiore integrità agli investitori e ai paesi. Ma quali saranno i suoi impatti sugli NDC (Nationally Determined Contributions) dal punto di vista finanziario?

Ridurre i costi dell’implementazione degli NDC

Secondo un report della International Emissions Trading Association (IETA), la cooperazione climatica dell’articolo 6 ridurrà i costi di attuazione dei piani climatici nazionali (NDC) dei paesi fino a 250 miliardi di dollari all’anno. O, in termini puramente climatici, faciliterà la rimozione del 50% in più di emissioni a zero costi addizionali.

Il meccanismo di credito sotto l’Accordo di Parigi (PACM), istituito dall’articolo 6.4, sarà aperto a chiunque: anche le aziende potranno acquistare i crediti rilasciati dal Supervisory Body, gruppo di esperti designato a strutturare la metodologia e gli standard del meccanismo. Invece l’approccio degli Internationally Transferred Mitigation Outcomes (ITMO) è bilaterale. Ovvero riguarda progetti di riduzione o rimozione delle emissioni di gas a effetto serra trasferiti tra paesi come meccanismo di cooperazione.

“Questi due meccanismi di mercato consentono di sostituire delle azioni di mitigazione domestiche con l’acquisto di crediti a costi minori”, spiega a Materia Rinnovabile Edoardo Croci, economista ambientale e professore dell’Università Bocconi. “Al momento esiste un mercato del carbonio molto frammentato, fatto da circa 50 mercati tra tassazione e sistemi di emission trading (ETS) che esprimono prezzi molto diversificati.” Secondo Croci l’istituzione del PACM può dare un segnale di prezzo globale del carbonio importante, in futuro attraverso possibili meccanismi di linking, ovvero di convertibilità dei crediti, che potranno integrare i mercati.

Il prezzo del carbonio

Nel 2023 circa il 27% delle emissioni di gas serra è stato coperto da un sistema di tassazione o ETS. Ma, secondo un report della Carbon Pricing Leadership Coalition condotto da economisti del calibro di Joseph Stiglitz and Nicholas Stern, la maggior parte dei sistemi è ancora al di sotto della soglia dei 40-80 dollari per tonnellata di CO2e necessari per rimanere coerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La media di oggi è scesa a 14 dollari per tonnellata di CO2e, dai 17 del 2021. Secondo OECD le cause di questo stallo sono riconducibili alla crisi energetica: aumento dei sussidi fossili, esenzioni fiscali e ritardi o cancellazioni di piani di tassazione del carbonio.

Lo scenario futuro tratteggiato da Croci è la creazione di un sistema più integrato che vede la conversione in un unico prezzo del carbonio e che potrebbe alzare le ambizioni climatiche dei paesi. “Nessuno ha ancora fatto valutazioni sul tema ma, nel momento in cui un piano di mitigazione comporta costi inferiori, un paese può essere incentivato ad aumentare le ambizioni degli NDCs, che comunque rimane un fatto politico”, spiega.

Le criticità

Secondo Tsvetelina Kuzmanova, Senior Project Manager al Cambridge Institute for Sustainability Leadership (CISL) la creazione del meccanismo di credito PACM rappresenta un momento decisivo per la finanza climatica europea e globale, ma le insidie rimangono.  “Avere un organismo di controllo competente che garantisca un sistema di scambio volontario trasparente e integro è essenziale per bloccare fenomeni di greenwashing e di doppio conteggio", commenta a Materia Rinnovabile. “Non penso che possa risolvere l'intero problema finanziario e colmare tutte le lacune. Ma questo framework incoraggerà la partecipazione dei paesi e delle imprese. Ridimensiona positivamente il mercato internazionale del carbonio.”

Tuttavia, nonostante gli strumenti introdotti dall’organismo di vigilanza per mitigare questi rischi, la società civile appare ancora molto scettica sui reali benefici che il mercato del carbonio promette di apportare, soprattutto al Sud Globale. Invece, per quanto riguarda gli approcci non di mercato (Articolo 6.8, che supporta politiche condivise o cooperazione tecnologica, per aiutare i paesi a ridurre le emissioni senza scambi di crediti) c’è ancora molto lavoro da fare. Nonostante la creazione di una piattaforma per registrare gli approcci non di mercato (NMA), i paesi in via di sviluppo ancora si chiedono come gli NMA possano realmente supportare l’implementazione degli NDC.

 

Immagine: Envato