Dall’inizio dell’anno in Italia il prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso è arrivato a circa 100 euro per megawattora. In Spagna si viaggia sui 50 euro, in Germania sui 69 euro. Il caro elettricità italiano supera quello di tutte le grandi economie europee. Ma quali sono i fattori che determinano il prezzo dell’elettricità e che portano i cittadini italiani a dover pagare bollette più salate?

Come viene stabilito il prezzo dell’elettricità

Le ragioni vanno ricercate nel fatto che sul mercato all’ingrosso (la Borsa elettrica) il prezzo dell’elettricità viene determinato con il sistema del “prezzo marginale”, ovvero viene fissato al livello del costo variabile dell’impianto di generazione più costoso necessario per soddisfare la domanda. Nel mercato italiano questo costo corrisponde quasi sempre alle centrali a gas, che nel 2023 hanno generato il 45% dell’elettricità consumata a livello nazionale.

Una volta determinato il prezzo, tutti i produttori selezionati vendono l’elettricità allo stesso prezzo, indipendentemente dall’offerta proposta e dal tipo di fonte energetica. “Mentre i produttori di rinnovabili vendono l’elettricità a prezzi molto contenuti (costo marginale basso), le centrali a gas hanno costi marginali molto più alti, pari almeno al costo della materia prima, e il gas è quasi sempre la fonte programmabile necessaria a soddisfare la domanda nazionale”, spiega a Materia Rinnovabile Livio De Chicchis, della Sezione analisi e scenari del sistema energetico ed economico di ENEA. 

A calcolare il fabbisogno di elettricità italiano ogni giorno ci pensa Terna, gestore della rete di trasmissione elettrica nazionale che in base alla domanda, all'offerta e alle capacità di trasmissione locali supervisiona la distribuzione dell'elettricità in 7 macroaree chiamate bidding zones, ovvero Nord, Centro-Nord, Centro Sud, Sud, Calabria, Sicilia e Sardegna.

La riforma del mercato dell’elettricità per stabilizzare i prezzi

Anche nei primi 6 mesi del 2024, la tecnologia marginale dominante, ovvero quella che ha fissato il prezzo dell’elettricità nel 60% delle ore, sono le centrali a gas. “Anche se in un determinato momento della giornata producono solo il 10% del totale del fabbisogno, gli impianti a gas settano il prezzo il minimo entro il quale i produttori riescono a stare dentro i costi”, spiega Materia Rinnovabile Giovanni Sgravatti, analista di energia e clima al think tank Bruegel.  

Questo meccanismo da un lato avvantaggia i generatori di rinnovabili che si intascano gli extraprofitti, (differenza tra l’offerta iniziale e il costo marginale), dall’altro soffre la volatilità dei prezzi dell’energia fossile. “Questo schema finalizzato a stabilizzare il mercato dell’elettricità ha funzionato bene fino alla grande crisi del 2009. Poi qualcosa si è incrinato”, dice De Chicchis. “La decarbonizzazione e l’avvento delle rinnovabili hanno sbilanciato il meccanismo.” A maggio il Consiglio europeo, per ridurre la dipendenza dai prezzi volatili dell’energia fossile, ha approvato la riforma del mercato energetico comunitario che ambisce a tutelare i produttori e consumatori riducendo l’imprevedibilità del mercato. 

Uno degli strumenti per farlo sono i contratti bidirezionali per differenza (CFD). Schemi pensati per tutelare i produttori con una remunerazione minima e che promuovono la ridistribuzione degli extraprofitti, da investire per esempio nella riduzione dei costi dell’elettricità per l’utente finale oppure per sviluppare le reti di distribuzione. Nelle aree in cui i contratti bidirezionali per differenza non sono rilevanti, la riforma promuove i cosiddetti accordi di acquisto di energia (PPA). Contratti a lungo termini tra clienti e investitori che hanno anche l'effetto di creare stabilità e supportare gli investimenti nelle rinnovabili. 

La crescita delle rinnovabili

Nonostante il netto calo della produzione semestrale termoelettrica (-10%), il gas rimane la commodity che ancora influenza di più la formazione del prezzo dell’energia elettrica. L’indice di marginalità delle fonti rinnovabili − che hanno coperto il 44% del fabbisogno nazionale − invece rimane basso. A eccezione dell’idroelettrico, che, essendo una fonte programmabile, fornisce invece un contributo importante in termini di fissazione del prezzo (18% medio tra le varie bidding zones).

Oltre il 95% del gas italiano proviene dalle importazioni. Secondo quanto scrive l’opinionista Gavin Maguire su Reuters,  una tale dipendenza porta le aziende elettriche italiane alla mercé dei mercati internazionali del gas. “La sostituzione del gas proveniente dalla Russia ha fatto aumentare i prezzi complessivi della commodity e il gas naturale liquefatto acquistato dall'Italia è notevolmente più costoso del gas fornito tramite gasdotto.” Secondo Maguire, buona parte dei maggiori costi di importazioni del gas sono stati scaricati sui prezzi dell’elettricità all’ingrosso. Ma non è l’unica ragione per cui gli italiani pagano bollette più care.

“Il prezzo dell’elettricità all’ingrosso rappresenta però solo un terzo del prezzo totale della bolletta che paghiamo”, dice Sgravatti. “Il resto sono tasse e costi di network, ovvero di trasmissione e distribuzione dell’elettricità, che in Italia sono piuttosto alti.” Tuttavia, mai si è consumata così tanta elettricità rinnovabile in Italia. Come dimostra il caso spagnolo, decarbonizzare l’energia elettrica riduce il prezzo marginale e quindi le bollette. Secondo un’analisi di De Chicchis, in Spagna le ore con un’offerta di 10 euro a megawattora sono arrivate a mille in un anno. Qui le tecnologie “marginali” dominanti sono le rinnovabili.

 

Immagine di copertina: Envato