Il continente africano rafforza la propria posizione negoziale all’interno del processo delineato dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Mercoledì 6 settembre si è concluso il primo vertice pan-africano sul clima, Africa Climate Summit, approvando la Dichiarazione di Nairobi, una roadmap per lo sviluppo dell’africa come potenza verde con il supporto della finanza climatica delle nazioni industrializzate.
La Dichiarazione di Nairobi
"Marciamo avanti con la dichiarazione di Nairobi", ha dichiarato il presidente keniota William Ruto, concludendo la conferenza di tre giorni. "Questa dichiarazione servirà come base per la posizione comune dell'Africa nel processo globale di cambiamento climatico", si legge nella versione finale del documento.
L’accordo, non comune tra i paesi africani spesso in disaccordo tra loro, sostanzia una nuova narrativa politica ed economica africana, che unita potrebbe generare un nuovo protagonismo nel continente già nei prossimi eventi internazionali, dal G20 di Nuova Delhi che inizia il 9 settembre e l’assemblea generale ONU di metà mese alla COP28 sul clima che si terrà a Dubai dal 30 Novembre. Ma i capi di Stato guardano soprattutto alla finanza climatica, le risorse allocate da stati e privati per lo sforzo di mitigazione delle emissioni.
Richieste, finanziamenti e tassazioni
La dichiarazione infatti fa riferimento alla richiesta di “una nuova architettura finanziaria che risponda alle esigenze dell’Africa, compresa la ristrutturazione e la riduzione del debito”, mentre con i tassi d’interesse sempre più alti e le garanzie sempre più ridotte il momento per gli investimenti green sembra perdere trazioni.
La richiesta che ha avuto maggiore eco sui media, oltre allo sforzo di riforma delle banche di sviluppo multilaterali, è stata quella di creare “un regime globale di tassazione del carbonio, compresa una tassa sul carbonio sul commercio di combustibili fossili, sui trasporti marittimi e sull'aviazione, che potrebbe anche essere aumentata da una tassa globale sulle transazioni finanziarie”.
Intanto sono arrivati i primi impegni: il presidente Ruto ha affermato che i governi internazionali, le banche di sviluppo, gli investitori privati e i filantropi hanno impegnato complessivamente 23 miliardi di dollari in progetti ecologici nel corso dei tre giorni, comprese centinaia di milioni per “un’importante iniziativa sui mercati del carbonio”.
I ruoli di Emirati Arabi Uniti ed Europa all’Africa Climate Summit
A fare la parte del leone gli Emirati Arabi Uniti, host del prossimo summit sul clima, che per rafforzare la propria diplomazia (e cercare di portare a casa un negoziato di successo a Dubai), hanno investito 4,5 miliardi di dollari per realizzare impianti da 15 GW di energia rinnovabile nel continente africano. Non poco se si pensa che l’obiettivo della Dichiarazione di Nairobi per l’Africa è di arrivare a 300 GW installati dagli attuali 56.
Altri impegni sono arrivati dalla Commissione Europea e da vari soggetti privati come Masdar, PowerGen, Leapfrog, Cross Boundary e Husk Power. Il Kenya ha firmato una strategia sull’idrogeno verde del Kenya con l’Unione Europea che “accelererà la produzione verde e creerà migliaia di nuovi posti di lavoro ad alto valore, oltre ad attrarre grandi investimenti privati”, afferma Ruto. Non basta: “Si è verificato un notevole aumento dei finanziamenti per l'adattamento”, continua il presidente kenyota.
Immagine: ACS Twenty Twenty Three, dal sito dell’Africa Climate Summit
La questione del debito
Sul debito la pressione è tutta ora sul meeting della World Bank e delle MDBs e sulle banche centrali. Per i paesi africani i tassi di interesse sui prestiti legati alla transizione verde devono essere ridotti del 50% entro il 2025. Nella Dichiarazione di Nairobi si legge ancora: “La riforma della finanza multilaterale è necessaria ma non sufficiente per fornire la portata dei finanziamenti per il clima di cui il mondo ha bisogno per raggiungere la riduzione delle emissioni del 45% entro il 2030, richiesta per rispettare l’Accordo di Parigi, senza la quale mantenere il riscaldamento globale all’1,5% sarà impossibile.
[…] Si noti inoltre che l’entità dei finanziamenti necessari per sbloccare la crescita climatica positiva dell’Africa va oltre la capacità di indebitamento dei bilanci nazionali, o al premio di rischio che l’Africa sta attualmente pagando per il capitale privato”.
Le criticità
Poche le richieste di finanziamenti direttamente rivolti agli aiuti bi- e multilaterali della cooperazione, mentre non sono mancate durante il summit critiche, anche ampie al sistema dei carbon credits, considerati spesso non in linea con le necessità dei paesi africani. “La dichiarazione offre una chiara posizione dell’Africa e dà indicazioni definite ai paesi sviluppati”, afferma Federico Tassan Viol, del think tank ECCO.
“Non sono mancate le critiche dalla società civile africana che ha denunciato come la presidenza kenyota abbia preparato la draft del documento in concertazione più con i Paesi industrializzati che con la politica e la società civile africane.” Nei prossimi tre mesi avremo la misura di quanto questa dichiarazione avrà realmente impatto e come influenzerà la diplomazia climatica.
*Giorgio Kaldor ha collaborato
Immagine copertina: Antony Trivet, Pexels