Più equità e meno CO2 se si tassano beni e servizi “di lusso”. Secondo uno studio pubblicato a fine giugno sulla rivista accademica One Earth, una carbon tax sui consumi domestici - non uniforme tra tutti i settori ma con aliquote adeguate allo scopo dei consumi - potrebbe far evitare, entro il 2050, l’emissione in atmosfera di 100 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente. Un taglio che da solo contribuirebbe al 75% di quanto necessario per i consumi domestici per rientrare in uno scenario in cui la temperatura media globale possa rimanere entro la soglia +2 °C, ossia quanto previsto dall’Accordo di Parigi.
Un’eventuale rimodulazione del tributo, in termini di giustificazione sociale, avrebbe un altro vantaggio. Rispetto a consumi di base come generi alimentari e riscaldamento domestico, infatti, voli aerei, maxi-SUV e altri beni di lusso sono appannaggio delle fasce più privilegiate. Il gettito derivante da aliquote differenziate, a detta dei ricercatori dell’Università di Leeds, potrebbe pertanto sostenere la riqualificazione e l’efficientamento energetico dell’edilizia popolare.
Perché una carbon tax sul lusso
Secondo il World Inequality Report 2022, il 10% più ricco della popolazione produce il 52% del reddito globale. Una distribuzione pressoché identica a livello di emissioni di CO2. Partendo da questo presupposto, il gruppo di ricercatori guidato da Yannick Oswald, ha deciso di indagare un aspetto che i precedenti studi sulle implicazioni distributive della carbon tax sostanzialmente tralasciavano: quali sarebbero, nel caso dei consumi domestici, le conseguenze di aliquote differenziate e non uniformi tra diversi settori economici?
Oggi una carbon tax è in vigore in 27 Paesi, tra cui Argentina, Canada, Cina, Giappone, Kazakistan, Corea del Sud, Messico, Regno Unito e la stessa Unione europea, che oltre l’EU Emission Trading System, sistema internazionale per lo scambio di quote di emissione, dal 2026 implementerà il Carbon Border Adjustment Mechanism.
Vi è però una costante: l’ecotassa si applica indipendentemente dalla tipologia di prodotto o servizio venduto. I ricercatori hanno quindi sviluppato un modello di tassazione sulle emissioni di carbonio distinguendo i prodotti di base da quelli di lusso, attribuendo a quest’ultimi un prezzo più alto e declinando la diversa percezione di lusso negli 88 Stati considerati, rappresentativi di circa il 90% della popolazione mondiale. Il risultato? Tale strumento di politica climatica, dimostra lo studio, potrebbe ridurre le emissioni globali annue delle famiglie del 6% rispetto ad uno scenario privo di tassa sul carbonio, una diminuzione entro il 2050 di 100 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente. In realtà lo stesso risultato è possibile anche nel caso di una carbon tax uniforme, ma con una differenza: mentre su scala internazionale i due modelli (uniforme e lusso) non producono differenze significative nel grado di diseguaglianza nella distribuzione del reddito (coefficiente di Gini), a livello nazionale, nel caso di imposta sul lusso, la sperequazione si può ridurre fino a sei punti percentuali.
Il fattore redistribuzione
In aggiunta, si legge nel paper, all’opposto di scenari in cui la carbon tax è assente o addirittura uniforme, l’ecotassa sul carbonio permetterebbe di ridurre le disuguaglianze, qualora il gettito fiscale venisse utilizzato per il retrofitting delle abitazioni delle famiglie a basso reddito, in particolare per l’efficientamento energetico. Così facendo, in maniera più equa sia all’interno dei confini statali tra diversi censi, sia tra Stati del Nord e Sud globale, la carbon tax “di lusso” colpirebbe quelle fasce di popolazione maggiormente responsabili di consumi ad alte emissioni.
Resta da vedere, in un contesto globale fortemente diversificato, se la carbon tax cambierà veste e da semplice tributo di scopo (ambientale) diventerà ecotassa graduata in base allo scopo – necessario o meno - dei consumi. In ogni caso, come concludono i ricercatori, l’implementazione di una carbon tax sul lusso necessita di molti più dati a disposizione. In particolare, sarà l'integrazione di dati distributivi – aggiornati e di alta qualità - sui consumi delle famiglie nei modelli di economia climatica ad essere punto focale delle future ricerche.
Immagine: Envato Elements