Riprogettare il rapporto tra consumatori, fornitori e istituzioni, rendendo l’energia più semplice e restituendo ai cittadini il controllo sulle proprie scelte. Si possono riassumere così i dieci punti del Manifesto lanciato da Octopus Energy, compagnia energetica presente in 27 paesi che a poco meno di tre anni dal suo ingresso nel mercato italiano ha superato la soglia delle 400.000 utenze. “L'idea del Manifesto risale a quando abbiamo avviato Octopus, nel giugno del 2022. Tuttavia, per realizzarlo secondo i principi che guidano la nostra visione, abbiamo impiegato più di due anni, durante i quali ci siamo concentrati sul nostro lavoro principale: ascoltare i clienti. Siamo andati direttamente da loro, raccogliendo quelli che, dal loro punto di vista – e non dal nostro come società di vendita – erano i problemi più rilevanti”, spiega a Materia Rinnovabile Giorgio Tomassetti, CEO di Octopus Energy Italia. Lo abbiamo intervistato per approfondire le dieci proposte, tra cui la trasparenza dei costi in bolletta, l'eliminazione delle pratiche commerciali ingannevoli, la gratuità delle procedure digitali fino alla possibilità di accedere a fonti rinnovabili con maggiore flessibilità (e facilità).

Giorgio Tomassetti

Tomassetti, partiamo dalla promozione della flessibilità energetica. Perché avete inserito questo punto?

Il mercato dell'energia rimane ancora troppo statico e il consumatore finale non trae alcun vantaggio dalla dinamicità che caratterizza la produzione. Da un lato, il sistema marginale impone il prezzo in base alla fonte di produzione più costosa, mentre dall'altro sappiamo che le rinnovabili sono già operative e potrebbero esserlo ancora di più. Questo si traduce in momenti della giornata in cui ci troviamo con un eccesso di offerta o, al contrario, con una domanda non soddisfatta. È un po’ come accade nei saldi stagionali: quando un commerciante deve liberarsi della merce in eccesso, il prezzo scende. Lo stesso principio dovrebbe applicarsi all'energia. Tuttavia, la curva dei prezzi all'ingrosso non viene né valorizzata né trasferita in modo chiaro e comprensibile al consumatore finale.

Le stesse rinnovabili, pur essendo mediamente meno costose rispetto a fonti come il gas, sono intermittenti…

Sì, e se non si comprende come gestirne la variabilità, si rischia di percepirle come un continuo saliscendi imprevedibile. C'è ancora molto lavoro da fare. Oggi la flessibilità è spesso considerata un esperimento e, soprattutto a livello domestico, non viene presa sul serio, quando invece è una soluzione concreta e praticabile. Lo abbiamo dimostrato in autunno con iniziative come gli Energy Break, quando abbiamo chiesto ai nostri utenti di ridurre i consumi durante alcune fasce orarie particolarmente critiche, quando la rete era sotto stress a causa di una domanda eccessiva. Riducendo il proprio consumo, i clienti non solo abbassavano la propria spesa energetica, ma ricevevano anche un incentivo se riuscivano a superare il 20% di riduzione. In solo due ore di Energy Break, il risparmio economico complessivo accumulato dai 25.000 partecipanti è stato di oltre 70.000 euro. Allo stesso tempo, però, contribuivano a stabilizzare la rete, diminuendo il picco. In un mercato ancora più evoluto, il gestore della rete potrebbe spingersi a pagare per questo servizio, riconoscendo il valore del contributo degli utenti. In pratica, non solo si ottimizzano i consumi, ma si può anche guadagnare diventando consumatori più consapevoli e attivi.

Rimanendo sempre sulla flessibilità, nel Manifesto proponete di “superare” il prezzo unico nazionale (PUN), il prezzo di riferimento all'ingrosso dell'energia elettrica. Quale sarebbe l’alternativa?

Oggi il sistema energetico è statico e dominato dalla “regola della media”. Il prezzo zonale rappresenta invece una soluzione naturale, basata sulla domanda e l'offerta di mercato, per ridurre il costo dell’energia. L'Italia è già suddivisa in zone di mercato, ma l’accesso ai vantaggi del prezzo zonale per i consumatori sarebbe una misura semplice e immediata. Questo approccio non richiede incentivi statali: chi installa più rinnovabili gode automaticamente di un prezzo inferiore, trasformando l’investimento in un volano economico vantaggioso sia per chi realizza l’impianto, sia per chi ospita l'infrastruttura. Attualmente, il sistema energetico si fonda invece su programmi di incentivazione per le rinnovabili, spesso complessi e articolati. Tuttavia, la legge della domanda e dell'offerta dimostra che, se qualcosa costa meno, le persone lo utilizzano. Per questo crediamo sia arrivato il momento di permettere ai consumatori di beneficiare direttamente di un'energia meno costosa. Il prezzo zonale consente proprio questo: nelle aree con maggiore produzione rinnovabile, come la Sicilia, il costo dell’energia si abbassa sensibilmente, fino a sfiorare lo zero in alcune fasce orarie.

Quegli stessi incentivi sulle rinnovabili sono una delle voci che definite “costi strani” in bolletta, un altro fenomeno a cui dedicate attenzione.

Il sistema attuale di incentivazione delle rinnovabili è inefficiente. Lo stato raccoglie fondi attraverso i cosiddetti oneri di sistema in bolletta, facendo pagare di più tutti gli italiani per finanziare energie che, in realtà, potrebbero già costare meno. Questo processo comporta una dispersione di risorse: per ogni euro versato, solo una frazione arriva effettivamente al sostegno delle rinnovabili, mentre il resto si perde nei passaggi burocratici. Sarebbe molto più efficace lasciare che il mercato funzioni autonomamente, permettendo alle fonti rinnovabili di affermarsi grazie al loro costo competitivo.

Gli oneri di sistema sappiamo però essere tra i costi previsti dal regolatore. C’è poi tutta una categoria di costi aggiuntivi creati dai fornitori.

È un vero far west. Abbiamo rilevato oltre 200 voci fittizie sul mercato italiano, come la "tutela del mare" fino a sigle incomprensibili. Il regolatore deve intervenire: o consente questi costi, imponendo trasparenza già nelle offerte pubblicitarie, o ne vieta l'applicazione. Il cliente deve sapere esattamente cosa sta pagando.

Sempre rispetto alla trasparenza, uno degli altri punti strategici riguarda lo stop alle pratiche commerciali ingannevoli. Un panorama variegato, ma voi ne avete individuata una in particolare.

Sì, quella che chiamiamo “Illudi e deludi”. Questo accade nel mercato energetico, dove le offerte iniziali sono spesso competitive, ma una volta acquisito il cliente le tariffe aumentano non per il costo all’ingrosso, ma per garantire margini più alti ai fornitori. È come andare in pizzeria: la prima volta paghi una Margherita 8 euro e torni soddisfatto, ma la volta successiva, da cliente abituale, il prezzo sale a 12 euro, mentre un nuovo cliente paga ancora 8. Questo meccanismo penalizza chi non cambia continuamente fornitore o si rassegna ad aumenti ingiustificati. In Italia, il mercato energetico non è realmente competitivo, con un operatore dominante che detiene oltre il 50% delle quote. In paesi come il Regno Unito, il problema è stato affrontato stabilendo un tetto massimo mensile o imponendo maggiore trasparenza. Una misura efficace sarebbe obbligare i fornitori a pubblicare i margini delle tariffe di acquisizione e di portafoglio, rendendo evidente il divario e stimolando una concorrenza più leale. Il mercato può restare libero, ma l’utente deve essere consapevole e non trovarsi di fronte a tariffe nascoste.

Veniamo ai tagli alla burocrazia. Dove si può intervenire?

Ci sono ostacoli burocratici che rallentano processi ormai superati dalla tecnologia. In Italia un esempio concreto è il cambio di fornitore, che può richiedere fino a due mesi, quando il sistema informativo integrato, che gestisce questi passaggi, è perfettamente in grado di completare la procedura in 24 ore senza alcun problema. Tuttavia, l'ARERA impone un tempo di due mesi, nonostante l'Unione Europea abbia già segnalato all'Italia che si tratta di una pratica inaccettabile. L'unico vantaggio di questa lentezza va ai fornitori storici. Se il passaggio avvenisse in 24 ore, le compagnie tradizionali subirebbero un'emorragia di clienti molto più evidente e veloce, cosa che chiaramente non è gradita.

In un contesto di caro bollette e crisi energetica, questi ritardi possono avere conseguenze?

Immagina, ad esempio, di trovarti con un fornitore che applica tariffe elevate per il gas. In Italia, oggi, non hai alternative: devi affrontare tutto l'inverno con quei costi, perché tra la richiesta di cambio e l'effettivo passaggio, si arriva ad aprile. Questo non è solo un disservizio, ma un vero e proprio danno economico per le famiglie. In generale le procedure digitali legate alla pubblica amministrazione non dovrebbero comportare costi per gli utenti. Un ulteriore esempio è la voltura della bolletta del gas, che oggi costa tra 50 e 100 euro, con la maggior parte della somma destinata ai distributori di rete, nonostante la pratica si riduca a un semplice click. Di fatto, è una tassa occulta che grava su chi cambia casa o deve aggiornare l’intestazione.

Il concetto di trasparenza che proponete si spinge fino ai siti di comparazione delle offerte. Cosa si potrebbe migliorare?

In Italia, l'uso dei comparatori è ancora limitato, con solo il 15% degli utenti che li utilizza abitualmente, rispetto al 50% in altri paesi. Questo rallentamento è dovuto a un ritardo tecnologico dei comparatori e alla mancanza di regolamentazione specifica. Mancano standard minimi, e ogni piattaforma opera in modo indipendente. Ogni comparatore utilizza algoritmi propri, ma non sempre con la giusta trasparenza sul loro funzionamento. Chiaramente non tutti operano allo stesso modo ma, visto che sono spesso finanziati dai fornitori, questo può creare ipotesi di conflitto di interessi.

Usciamo dal Manifesto per un commento su The Collective, la piattaforma che Octopus Energy ha lanciato a febbraio in Regno Unito per aprire ai vostri clienti la possibilità di investire direttamente in progetti di energia rinnovabile. State pensando a iniziative simili anche in Italia?

The Collective si distingue per il suo approccio professionale e strutturato. Non si tratta di una raccolta fondi informale, un “crowdfunding tra conoscenti”, ma di un vero e proprio investimento regolato dalla Financial Conduct Authority (FCA). Certo, come in tutti gli investimenti, il capitale è a rischio, ma il funzionamento è semplice: le persone possono acquistare una quota di un impianto rinnovabile e ricevere un ritorno economico proporzionale alla produzione dell'impianto stesso. Questo modello rappresenta un'opportunità interessante, poiché le energie rinnovabili generano valore e offrono rendimenti competitivi. Ciò che rende questo progetto particolarmente valido è il rigore con cui è stato realizzato, rispettando tutte le normative e le garanzie necessarie. L'obiettivo ora è esportare l'iniziativa in altri paesi, ma per farlo è indispensabile mantenere lo stesso livello di trasparenza e affidabilità, un processo che richiede tempo e attenzione. Una semplice campagna di crowdfunding sarebbe certamente più rapida, ma non garantirebbe la stessa solidità e sicurezza per gli investitori.

 

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In copertina: immagine di Octopus Energy