Lunedì 3 giugno si sono concluse le attività organizzate dall’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo (UNISG) per celebrare il proprio ventesimo anniversario. Nel piccolo borgo alle porte di Bra, i sei giorni di festeggiamenti hanno rinnovato la centralità di cibo e sistemi alimentari come elemento chiave per la costruzione di un futuro più sostenibile e giusto. Tra convegni, presentazioni dell’offerta didattica, workshop e mercati di produttori, il ventennale si è svolto infatti come un dialogo trasversale capace di unire docenti, alunni, esperti e appassionati oltre la tavola, toccando cultura, innovazione e sostenibilità. Senza dimenticare però il fortissimo legame tra cibo e educazione.
Durante i festeggiamenti, il 30 maggio il presidente di UNISG, Carlo Petrini, ha rivolto alle più importanti realtà della produzione agroalimentare italiana un richiamo affinché diffondano la potenzialità culturale e politica che ha il settore alimentare: Col cibo si educa, col cibo si cambia. Con questo appello UNISG e Slow Food Italia esortano il governo a inserire l’educazione alimentare tra le materie di studio delle scuole di ogni ordine e grado.
L’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo
Fondata nel 2004 e promossa dall’associazione Slow Food, con la collaborazione delle regioni Piemonte ed Emilia-Romagna, l'Università di scienze gastronomiche di Pollenzo rappresenta ancora oggi un vero e proprio unicum a livello mondiale. È infatti la prima e, tutt’ora, l’unica università interamente dedicata allo studio del cibo dal punto di vista delle scienze gastronomiche. Ed è proprio a Pollenzo che le scienze gastronomiche hanno ottenuto dignità accademica. Nel 2017 infatti il MIUR ha definito due nuove classi di laurea in scienze gastronomiche basandosi sul modello UNISG. In soli vent’anni, l’università di Pollenzo ha formato oltre 3.800 gastronomi, provenienti da 101 paesi diversi.
“La sfida dei prossimi anni sarà quella di superare le divisioni e di lavorare sulla condivisione e la cooperazione”, ha dichiarato Carlo Petrini. Fondatore di Slow Food e presidente dell’Università di scienze gastronomiche, Petrini ha parlato in occasione dell’apertura dei festeggiamenti davanti a una platea di 800 persone: rappresentanti di oltre 300 realtà dell’industria alimentare italiana, delle principali istituzioni del territorio e 12 rettori di atenei piemontesi e del resto della penisola. “Se non andiamo oltre la logica della competitività, se non consideriamo il settore alimentare come un bene comune, non saremo in grado di affrontare questo lungo periodo di transizione. Il cambio di paradigma necessario nei nostri comportamenti è all’ordine del giorno: o intraprendiamo questa strada in maniera armonica con la natura e tra di noi, o la situazione diventerà irreparabile.”
L’appello per l’educazione alimentare
Sono già oltre 12.000 i firmatari dell’appello per l’educazione alimentare, promosso da Slow Food insieme a UNISG, alle Comunità Laudato si’, all’Università degli studi di Torino, l’Università del Piemonte Orientale e il Politecnico di Torino. “La logica che deve guidare il sistema alimentare non può essere che ‘bio’ in senso etimologico, cioè imperniata sulla vita”, ha sottolineato Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia. “Nessuno sviluppo degno di questo nome, infatti, oggi può essere disgiunto da un approccio che lo renda prima di ogni cosa sostenibile, durevole, armonico. In antitesi al cibo come ‘commodity’: prodotto per essere venduto, invece che per nutrire il corpo e lo spirito; prodotto per i mercati finanziari e soggetto a speculazioni; cibo che viene sprecato, a livello globale, per un terzo della produzione complessiva: ecco che l’educazione alimentare ci insegna la cultura del necessario per contrastare lo spreco.”
“E che dire dei recenti dati italiani secondo cui due milioni di persone sotto i 16 anni soffrono di disturbi alimentari?”, conclude Nappini. “È urgente ricostruire un corretto rapporto col cibo e con la terra che lo produce. In quest’ottica credo che l’educazione alimentare nella scuola debba essere un progetto collettivo, un luogo in cui sperimentare nuove forme di apprendimento. Un futuro che tenga insieme dati tecnici e saperi tradizionali, visione globale e valorizzazione delle diversità territoriali, lucida analisi e intelligenza affettiva, ricerca scientifica e bellezza.”
Anche Maurizio Martina, direttore generale aggiunto della FAO, sostiene l’appello per l’educazione alimentare. In un videomessaggio, ha sottolineato che “attraverso l’educazione alimentare si può sviluppare un percorso di formazione non solo al cibo ma alla cittadinanza. Conoscere i popoli attraverso il cibo vuol dire conoscerne virtù e fragilità, e in una situazione geopolitica e ambientale così complicata, pensare di investire sul cibo come strumento di educazione alla cittadinanza è un atto rivoluzionario.”
Immagini: Università di scienze gastronomiche di Pollenzo