Secondo il Consiglio dell’Unione Europea “negli ultimi 40 anni i fenomeni meteorologici e climatici estremi hanno causato oltre 487 miliardi di euro di perdite economiche nell'UE”, mentre una recente pubblicazione stima che un aumento di un grado centigrado delle temperature globali porterebbe a una riduzione del 12% del PIL su scala mondiale. Perdite non trascurabili per gli attori del settore finanziario, che ricoprono un ruolo chiave nell’accompagnare la decarbonizzazione. Uno degli strumenti che la finanza ha a disposizione per far fronte a questi rischi e sfide è il così detto stress test climatico, così importante da rientrare nella “tabella di marcia generale per il clima della BCE”.

Lo stress test climatico della BCE

Proprio la Banca centrale europea ha condotto uno stress test nel 2022 al fine di “includere considerazioni sui cambiamenti climatici nella sua strategia di politica monetaria” e migliorare allo stesso tempo la capacità di valutazione del rischio da parte di banche e altri istituti finanziari. I risultati del test hanno mostrato che sia il rischio fisico che quello di transizione hanno un impatto sul profilo di rischio dell’eurosistema e che mettere in atto una “transizione disordinata”, caratterizzata da un adeguamento ritardato e improvviso alle politiche climatiche, porterebbe a rischi da 20 a 30% superiori rispetto uno scenario di transizione ordinata, caratterizzata invece da un adeguamento pronto e graduale.

È emerso anche che “la maggior parte delle banche non dispone di solidi quadri di riferimento per le prove di stress sul rischio climatico”, portando l’ormai ex presidente del Consiglio di vigilanza della BCE, Andrea Enria, a dichiarare: “Le banche dell’area dell’euro devono urgentemente intensificare gli sforzi per misurare e gestire il rischio climatico, colmando le attuali lacune nei dati e adottando buone prassi già presenti nel settore”.

Cos’è uno stress test climatico?

“Uno stress-test climatico è una procedura tecnica per quantificare le perdite potenziali di una banca (o altri investitori) in relazione ai rischi climatici”, spiega a Materia Rinnovabile Stefano Battiston, Lead Author del capitolo Finanza e investimenti del sesto rapporto IPCC. “I rischi climatici includono quelli fisici, come per esempio delle annate di siccità importante (Pianura Padana 2022) o inondazioni (Romagna 2023). Includono anche quelli cosiddetti di transizione, derivanti cioè da aggiustamenti repentini in termini di tecnologie, politiche per il clima e l’energia, o dinamiche di mercato connesse.”

“Lo stress test climatico – continua Battiston − si inserisce nel contesto del risk management o gestione del rischio. In tale contesto, non si mira a fare una predizione delle perdite medie o più probabili nel futuro, ma a calcolare le perdite nel caso si realizzino certi scenari, non necessariamente meno probabili ma plausibili e pericolosi a livello individuale e di sistema. La domanda alla quale il climate stress test permette di rispondere è: a quali scenari un investitore può sopravvivere? Lo stress test climatico è quindi uno strumento chiave per la gestione dei rischi climatici e una leva importante che le autorità finanziarie hanno per supportare una transizione ecologica.”

Stefano Battiston

Non solo rischi fisici e di transizione

Nonostante gli stress test siano già conosciuti e le autorità finanziarie ne incoraggino l’implementazione, secondo Enhanced scenarios for climate stress-tests, recente pubblicazione di cui Battiston è coautore assieme a Irene Monasterolo, sarebbe disponibile una “nuova generazione” di modelli e scenari per gli stress test climatici. Questo approccio sarebbe in grado di catturare il ruolo chiave della “credibilità delle politiche per il clima” e le relative “aspettative degli investitori” permettendo di generare scenari più realistici e un’analisi più solida del rischio finanziario.

Variabili per nulla trascurabili, infatti, come emerge dal paper citato: “Se uno scenario climatico non considera il ruolo della finanza e le aspettative degli investitori, potrebbe portare a una riallocazione del capitale, da attività ad alta intensità carbonica verso quelle a bassa, insufficiente per raggiungere gli obiettivi dello scenario stesso e per evitare gli effetti più estremi del cambiamento climatico”.

Per esempio, “se gli attori finanziari sono convinti che le politiche climatiche sono serie e durature, questo si traduce in pressione sulle imprese (attraverso tassi di interesse, rendimenti richiesti sugli investimenti etc) affinché facciano investimenti in macchinari e tecnologie a minori emissioni. Tuttavia questo meccanismo virtuoso viene meno se, quando un governo annuncia di voler perseguire degli obiettivi di riduzione delle emissioni, non tutti gli investitori prendono sul serio l’annuncio”. Il risultato? “Una mancata reazione degli attori finanziari agli annunci del governo potrebbe addirittura portare a mancare gli obiettivi degli Accordi di Parigi.”

Un rischio che sembra reale in quanto “negli ultimi due anni abbiamo assistito a una crescente resistenza degli investitori alle politiche climatiche e al fatto che alcuni governi hanno rivisto al ribasso le loro ambizioni”, chiarisce l’autore, ribadendo che “la credibilità delle politiche climatiche è cruciale”.

Il ruolo della finanza nella decarbonizzazione: leader o facilitatore?

A oggi “vi è un acceso dibattito sul ruolo della finanza nella decarbonizzazione dell’economia”. Secondo Battiston la “diagnosi più convincente” è quella descritta dal sesto rapporto IPCC nel capitolo Finanza e investimenti. “In sintesi, in tale diagnosi, la decarbonizzazione richiede prima di tutto delle adeguate politiche economiche (fisco, energia, investimenti, R&D, lavoro). Se queste vengono messe in cantiere e sono credibili, la finanza può agire da facilitatore e volàno. Tuttavia sarebbe un’illusione pensare che sviluppi normativi importantissimi come la tassonomia europea o gli stress test climatici possano, da soli, mettere in moto la decarbonizzazione. È la politica economica che deve prendersi la responsabilità della transizione ecologica di fronte ai cittadini”.

 

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Immagine di copertina: Krzysztof Kotkowicz, Unsplash