La plastic tax è slittata per la settima volta, se ne riparlerà a luglio 2026. Contenuto nel Decreto Superbonus, l’emendamento approvato dal Senato rinvia l’imposta sulla plastica che avrebbe colpito i cosiddetti MACSI, ovvero quei manufatti in plastica usa e getta destinati ad avere funzioni di contenimento, protezione e consegna di merci o di prodotti alimentari. Festeggia l’industria delle plastiche che ritiene l’imposta dannosa per le imprese.

Le motivazioni del rinvio della plastic tax

La plastic tax è una norma istituita dalla Legge di bilancio 2020 per disincentivare fiscalmente la produzione e il consumo di plastica monouso, imponendo un valore di imposta fisso di 0,45 euro per ogni chilo di imballaggio prodotto, venduto o acquistato. Dalla leva fiscale sono esentati gli imballaggi compostabili, quelli adibiti a contenere e proteggere medicinali e le plastiche riciclate. “Per noi è un’imposta sbagliata perché non ha uno scopo specifico”, commenta a Materia Rinnovabile Marco Bergaglio, vicepresidente di Federazione Gomma Plastica. “I fondi non sarebbero destinati alle attività circolari di selezione e raccolta dei materiali, inoltre avrebbe un impatto inflattivo molto significativo vista la pervasività degli imballaggi nell’economia alimentare.”

Secondo le stime dell’associazione Unionplast (Unione nazionale dei trasformatori di plastica) di cui Bergaglio è presidente, la messa in atto della plastic tax costerebbe alle imprese 280 milioni di euro. Un impatto notevole per un settore che registra circa 5.000 aziende, oltre 100.000 addetti e un fatturato complessivo di circa 19 miliardi di euro.

Mentre l’industria chiede una cancellazione della norma oppure una riformulazione completa, dal governo Draghi fino a quello di Giorgia Meloni la plastic tax continua a essere rimandata senza nuove proposte di modifica. L’unica novità rispetto alle proroghe precedenti consiste nel fatto che non si tratta più di un rinvio semestrale ma biennale, destinato a decadere nel luglio 2026. Questo secondo il presidente di Unionplast Marco Bergaglio è una buona notizia per le imprese: “Le continue proroghe di 6 mesi non consentono alle imprese di pianificare gli investimenti con serenità, questo alla lunga può creare problemi alla competitività dell’industria italiana”.

Per gestire il fine vita degli imballaggi oggi le imprese pagano già un contributo ambientale che varia tra i 400 e i 500 euro per tonnellata di plastica. Questi soldi servono ai comuni per effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti, destinati successivamente agli impianti di riciclo.

Marco Bergaglio

La tassa europea sulla plastica per coprire i buchi di bilancio

In Europa esiste un’altra tassa sulla plastica. Viene chiamata plastic levy ed è in vigore dal gennaio 2021. Si tratta di un contributo nazionale basato sulla quantità di rifiuti di imballaggi in plastica non riciclati. Ciascuno paese membro è tenuto a pagare un'aliquota di 0,80 euro per chilogrammo del peso del rifiuto, ma si può scegliere liberamente come e dove imporre la tassa. Mentre alcuni stati stanno pagando il prelievo fiscale, altri hanno introdotto o stanno cercando di introdurre nuove tasse, dazi, oneri, diritti o contributi sui prodotti.

“La plastic levy europea è stata introdotta perché si era creato un buco di bilancio con la Brexit”, aggiunge Bergalio. “L’Europa sta facendo cassa alle spalle di un materiale e secondo noi non è un approccio corretto.” Nel 2022 l’incenerimento o lo smaltimento di imballaggi in plastica non riciclati hanno comportato un esborso di oltre 800 milioni di euro dalle casse statali italiane. Federazione Gomma Plastica crede che con gli obiettivi previsti dal nuovo Regolamento imballaggi europeo (PPWR), approvato definitivamente il 24 aprile, ci siano già tutti gli incentivi necessari per migliorare la circolarità italiana nel settore packaging. Per raggiungerli l’industria italiana chiede a gran voce che anche il riciclo chimico sia riconosciuto tra le tecnologie in grado di valorizzare i rifiuti di plastica.

 

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Immagine di copertina: Giancarlo Giorgetti, ministro dell’economia e delle finanze © Palazzo Chigi