Nonostante la loro nota pericolosità, da anni l’industria chimica europea esercita forti pressioni per continuare a esportare pesticidi pericolosi in paesi extracomunitari. È quanto denuncia l’organizzazione Corporate Europe Observatory nel report Deadly Exports, che analizza nel dettaglio come il lobbismo dei giganti della chimica − tra cui Basf, Bayer, Corteva, FMC, Sumitomo e Syngenta − stia ostacolando lo stop all’export di pesticidi tossici già vietati in Europa. Intanto le aziende europee sono libere di vendere agrofarmaci pericolosi al resto del mondo e il divieto è ancora lontanissimo.

I pesticidi pericolosi esportati dagli stati europei 

I pesticidi vengono definiti come prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive, antidoti agronomici o sinergizzanti e sono utilizzati per “proteggere” le piante da organismi nocivi. Tuttavia è ormai ben noto che alcuni di questi prodotti siano nocivi per l’essere umano e l’ambiente, contribuiscano a contaminare il suolo e l’acqua, e distruggono la biodiversità. Per citare degli esempi: l’atrazina è un erbicida riconosciuto come interferente endocrino per gli animali; i neonicotinoidi sono insetticidi "ammazza api"; il dicloropropene è un antiparassitario cancerogeno per l'uomo. Questi sono solo alcuni dei più comuni pesticidi banditi nell’Unione Europea però che continuano a essere esportati in paesi dove le norme ambientali sono meno rigide.

Nel 2018, il Belgio ha venduto pesticidi tossici in Giappone, Ucraina, Honduras, Marocco e Cile. La Francia in Argentina, Brasile e Stati Uniti. La Germania in Vietnam, Perù e Sud Africa, mentre l’Italia li ha venduti in Cile e in Vietnam. Il report scende nei dettagli rivelando che Syngenta ha esportato il paraquat, un’erbicida velenoso che induce il morbo di Parkinson e provoca danni al DNA, causando una serie di complicazioni acute come la sindrome da distress respiratorio, insufficienza renale, epatotossicità e fibrosi polmonare. L’azienda Bayer ha commercializzato invece acetoclor e etossisulfuron, mentre BASF esportava Finopril e Tepraloxydim. Tutti pesticidi che in Europa sono etichettati come pericolosi. Secondo il Pesticide Action Network, nel 2022 sono state esportate oltre 81.000 tonnellate di 41 tipi di pesticidi vietati in Europa.

“Aziende europee come Bayer e BASF stanno esportando prodotti che sono già stati vietati in UE perché mettono in pericolo la salute delle persone, contaminano l'acqua, il suolo e distruggono la biodiversità”, ha dichiarato João Camargo, CEO del Corporate Europe Observatory. “Eppure continuano a sfruttare le scappatoie e i regimi di libero scambio.”

La lobby dell’industria chimica blocca lo stop all’export di pesticidi vietati

Nel 2020, dopo l’annuncio della chemicals strategy for sustainability, la Commissione europea aveva considerato l’idea di porre un freno all'esportazione di sostanze chimiche pericolose vietate nell'UE, tra cui i pesticidi. Poi non se ne fece più nulla. La campagna di comunicazione dell’associazione internazionale CropLife, che mirava a bloccare ogni proposta di regolamento più stringente, fu un successo. A riaprire una finestra di discussione non bastò neanche l’appello di 300 organizzazioni non profit della società civile.

Negli ultimi anni le argomentazioni usate dall’industria per rigettare il divieto sono state numerose: dalle ricadute sui posti di lavori alle perdite economiche degli agricoltori dei paesi terzi, fino alla proposta di rimandare alla Convenzione di Rotterdam ogni decisione. Nel report Corporate Europe Observatory prova a smontarne una per una, ma il debunking forse più eclatante risale al 2018, quando l’azienda francese Phyteis stimò che in Francia un ipotetico divieto avrebbe minacciato 2.700 posti di lavoro diretti e 1.000 indiretti. Accusata dalle associazioni francesi di “gonfiare” i risultati, la società non riuscì a giustificarsi, guadagnandosi una messa in mora dal Senato. Secondo le stime del Pesticide Action Network, il ban avrebbe portato alla perdita di soli 25 posti di lavoro nella Phyteis.

A livello europeo, considerando che nel 2019 l’export di pesticidi vietati non superava il 2% del volume totale, le conseguenze non sarebbero state negative come l’industria ha sempre rivendicato. Eppure queste valutazioni di impatto influenzano i decisori politici a Bruxelles. Non è un caso, infatti, che il divieto non sia stato inserito nella proposta di regolamento sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi della Commissione europea. Lanciata nel 2022, la proposta di legge prevedeva il target vincolante di ridurre del 50% l'uso e il rischio di pesticidi chimici entro il 2030. Il 23 novembre del 2024 il Parlamento europeo ha completamente respinto il testo in prima lettura. Un evento piuttosto raro a Strasburgo.

 

Immagine di copertina: braccianti indiani spruzzano pesticidi in un campo di soia, Envato