“Avremo una footprint globale unica, con tre continenti e sei Paesi che uniranno il mondo per celebrare questo bellissimo gioco.” Queste sono state le parole che il presidente della FIFA Gianni Infantino ha pronunciato per annunciare i Paesi che organizzeranno la Coppa del mondo di calcio del 2030. Un mondiale atipico, che sarà ospitato prevalentemente dal trio Spagna, Marocco e Portogallo ma che prevede tre partite inaugurali in Sud America per celebrare il centenario del torneo.

Per i movimenti ambientalisti e alcuni esperti di eventi sostenibili l’impronta globale citata da Infantino ha subito riportato alla mente la carbon footprint (impronta carbonica) che durante lo scorso mondiale in Qatar aveva scatenato furiose polemiche, soprattutto dopo l’annuncio di un evento a impatto climatico zero.

Perché la Coppa del mondo in sei Paesi

Già dai prossimi Mondiali, che si svolgeranno tra Stati Uniti, Canada e Messico nel 2026, il numero delle squadre partecipanti passerà da 32 a 48, così come aumenteranno le partite (più di 100). Una novità confermata anche per la coppa del 2030, dove le tre gare inaugurali da disputare in Uruguay, Paraguay e Argentina verranno anticipate di una decina di giorni prima del (vero) inizio del torneo in Marocco, Portogallo e Spagna. In questo lasso di tempo i calciatori che hanno giocato le partite iniziale avranno il tempo di viaggiare, riposarsi e adattarsi al cambio di stagione.

“Si tratta di una situazione unica in cui FIFA ha voluto celebrare i 100 anni della storia dei Mondiali di calcio e dare un riconoscimento ai tre Paesi sudamericani – ha spiegato a Materia Rinnovabile un portavoce della FIFA. “I Paesi vicini sono geograficamente molto vicini e ospiteranno tre match in cui i tifosi di Argentina, Uruguay e Paraguay potranno vedere la loro nazionale senza doversi spostare.”

Ovviamente poi le 6 squadre delle partite inaugurali dovranno attraversare l’atlantico dove raggiungeranno i 42 team restanti. “Tutti i 104 match si giocheranno in stadi già esistenti – ci tiene ad aggiungere la nostra fonte ‒ questo ci permetterà di costruire da zero nuovi impianti e risparmiare emissioni.”

Utile precisazione, dal momento che in occasione dell’ultimo Mondiale in Qatar la FIFA fece costruire 8 stadi nuovi di zecca, che hanno contribuito a buona parte delle 3,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica generate durante l’intero torneo.

Le critiche dal mondo ambientalista

Dopo l’annuncio sono arrivate puntuali le critiche da parte di diversi gruppi ambientalisti legati allo sport. LeFrank Huisingh, fondatore di Fossil Free Football, gruppo che mira a eliminare l'uso dei combustibili fossili nel calcio, ha dichiarato che si tratterebbe di una decisione "oltraggiosa ma non sorprendente". L’ecologa sportiva Madeleine Orr dell’Università di Toronto ha detto che la scelta non è allineata ai piani della FIFA di ridurre del 50% le emissioni di carbonio entro il 2030.

"Il grosso problema è che aumentando il numero delle partite l'evento cresce e di conseguenza aumenta l’impronta carbonica", ha aggiunto Orr, la cui ricerca esamina gli impatti dei cambiamenti climatici sul settore sportivo. La problematica sollevata dalla professoressa fa eco a un dibattito più ampio che ruota attorno al concetto di Green Growth (crescita verde), tanto criticata dal pensiero economico ecologista, ma che spesso viene citata come unica soluzione per rendere sostenibile dal punto di vista finanziario l’industria, in questo caso degli eventi.

Solo nel 2022 la FIFA ha realizzato profitti per 5,7 miliardi di dollari, denaro che dovrebbe venire in parte utilizzato per progetti di carbon offsetting (3,6 milioni di crediti per compensare Qatar 2022). Ma viste le cifre, il fatto che la federazione abbia deciso di ampliare il numero di partite e suddividere i costi di gestione in diversi Paesi solo per risparmiare, sembra un’ipotesi quanto mai inverosimile. Come accade spesso, politica e profitti hanno la priorità rispetto alle valutazioni ambientali.

Il carbon footprint dell’evento crescerà, anche se…

Un piano sostenibilità per il Mondiale 2030 uscirà solo nel 2028. Un assaggio di come FIFA si approccerà a un evento spalmato su più Paesi lo avremo tra pochi mesi, con la presentazione del sustainability plan del Mondiale del 2026 in Nord America e Messico.

“Organizzare un mondiale in Paesi diversi comporta più persone in movimento, più staff in movimento, più merci in movimento, a questo consegue un inesorabile aumento dell’impronta carbonica – spiega a Materia Rinnovabile Pierluigi Zacheo, membro dell’organizzazione Sport and Sustainability International ed esperto di sostenibilità degli eventi sporti – tuttavia entro il 2030 ci potrebbero essere tecnologie e soluzioni come il sustainable aviation fuel [carburante liquido attualmente utilizzato nell'aviazione commerciale che riduce le emissioni di CO₂ fino all'80%, ndr] che a lungo termine potrebbero ridurre l’impatto ambientale dei trasporti via nave e aereo.”

Per gli Europei di Francia 2016 la UEFA aveva messo a disposizione un’app di nome Fanzone che forniva a tutti le opzioni di trasporto più sostenibili e che, a fine evento, permetteva ai fan di calcolare la propria impronta carbonica.

L’incognita gestione rifiuti

Oltre alle difficolta di replicare questo modus operandi in un evento a tre Paesi per via di criticità legate alla protezione dei dati della privacy, a preoccupare Zacheo è anche la complessità nell’ottemperare alla regolamentazione di ogni singolo Paese in materia di gestione rifiuti.

“I flussi di gestione rifiuti in Paraguay potrebbero essere diversi da quelli portoghesi e marocchini. Sarà molto complesso per la FIFA gestirli a seconda del Paese ospitante e ottenere buone performance di riciclo”, spiega Zacheo a Materia Rinnovabile.

Dal Qatar gli organizzatori del Mondiale hanno fatto sapere che oltre 2.000 tonnellate di rifiuti sono state riciclate o compostate, raggiungendo un target di riciclo dell’80%. Non sappiamo ancora nello specifico quali linee guida e criteri saranno adottate nelle prossime manifestazioni FIFA. Esportare buone pratiche in diverse location pronte a organizzare eventi simili può essere un’opportunità, ma andarlo a fare in 6 Paesi e in 3 continenti diversi non sarà affatto semplice.

 

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