Nonostante l'inflazione, le tensioni geopolitiche e un clima macroeconomico quantomai incerto, sembra che le aziende italiane non stiano rallentando nella corsa verso la sostenibilità. O almeno questo è quello che emerge da un recente studio di Deloitte, il CxO Sustainability Report 2024, secondo cui l'80% del top management in Italia ha incrementato gli investimenti in sostenibilità nell'ultimo anno, dimostrando un impegno crescente verso l'ambiente.

L'indagine, che ha coinvolto oltre 2.100 persone in ruoli di alto livello dirigenziale in 27 paesi, evidenzia come la sostenibilità sia ormai diventata un elemento cruciale nelle strategie aziendali, fondamentale per garantire la competitività dei modelli di business sul mercato, anziché un semplice obbligo regolatorio. Si è espresso su questo punto Stefano Pareglio, presidente di Deloitte Climate & Sustainability: “Non c'è alcun segnale di rallentamento nell'impegno delle aziende per la sostenibilità”, commenta sottolineando uno dei dati più rilevanti contenuti nello studio e che riguarda l’Italia: l'84% dei manager italiani è convinto che l'economia mondiale possa prosperare senza rinunciare al rispetto degli obiettivi climatici, mentre addirittura il 93% di loro è fiducioso che la riduzione delle emissioni di gas serra possa coesistere con il successo aziendale.

Aumentano gli investimenti green

Il cambiamento climatico emerge come una delle principali preoccupazioni per il 44% dei CxO italiani, superando altri problemi urgenti come l'innovazione e l'incertezza geopolitica. Questo focus sulla sostenibilità si riflette in un aumento significativo degli investimenti green: l'80% dei dirigenti ha aumentato i fondi destinati a iniziative ecologiche, con un incremento notevole per il 15% di loro.

Le previsioni per i prossimi anni sono altrettanto incisive. Il 69% dei manager italiani prevede un impatto elevato o molto elevato del cambiamento climatico sulle proprie aziende nei prossimi tre anni. Tra le principali conseguenze, si evidenziano il cambiamento dei modelli di consumo e l'innalzamento dei costi delle risorse. Tuttavia, nonostante le sfide, l'87% dei top manager italiani rimane ottimista riguardo alla capacità di evitare i danni più gravi del cambiamento climatico a livello globale.

Più consapevolezza in tema ESG

Le pressioni sugli investimenti green non derivano solo dalle normative, ma anche da una crescente attenzione da parte degli stakeholder. Il 71% dei manager italiani rileva un aumento della pressione da parte di investitori e azionisti, un dato che è superiore alla media globale. Altri gruppi influenti comprendono clienti, membri dei CdA e la società civile, tutti maggiormente impegnati nel monitoraggio delle azioni climatiche delle aziende.

Anche i benefici derivanti dalle iniziative di sostenibilità sono evidenti: le aziende italiane stanno registrando risparmi sui costi, una maggiore soddisfazione dei clienti, nuove opportunità di business, innovazione e una supply chain più resiliente. Inoltre, si prevede che nei prossimi cinque anni i margini operativi e la reputazione del marchio continueranno a migliorare grazie a queste pratiche.

Tra le azioni più comuni adottate per raggiungere gli obiettivi climatici ci sono l'efficienza energetica, l'uso di fonti rinnovabili e l'impiego di materiali sostenibili. Tuttavia, il 27% dei manager italiani segnala difficoltà nella misurazione dell'impatto ambientale e il 20% indica che le priorità aziendali a breve termine ostacolano l'implementazione di soluzioni più ambiziose.

A conferma della crescente consapevolezza delle imprese italiane sui temi legati al cambiamento climatico e ai fattori ESG, Deloitte aveva già presentato a maggio la seconda edizione del rapporto L’attuazione delle raccomandazioni TCFD nelle società quotate italiane. Questo studio aveva svelato che il 41% delle società quotate italiane si è dotata di almeno un membro del CdA con competenze specifiche in materia di ESG, cambiamento climatico e sostenibilità, il che rappresenta un notevole incremento rispetto al 18% del 2023. Inoltre, il report aveva messo in luce che quasi una società italiana su quattro (il 23%, +7% rispetto all'anno precedente) ha affermato di aver stabilito obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni di gas serra in linea con i Science Based Targets, nonché un obiettivo di neutralità carbonica.

Il rischio greenwashing

Se questi dati sembrano raccontare la storia di impegni sempre più solidi e strutturati delle imprese italiane verso un modello di sostenibilità integrata e misurabile, con notevoli passi avanti sul piano strategico e operativo, non si può sottovalutare il rischio greenwashing, che è sempre dietro l’angolo. Ce lo ricorda un’inchiesta condotta da Domani e Voxeurop, che ha messo in luce la problematicità dei cosiddetti sustainability-linked bonds, le obbligazioni legate alla sostenibilità.

Si tratta di investimenti che dovrebbero essere utilizzati per finanziare progetti ambientali ma che, data l'assenza di regolamentazione, consenteno alle aziende di non rispettare gli impegni dichiarati. Per quel che ci riguarda, l’inchiesta ha rivelato che, secondo i dati del London Stock Exchange Group, tra il 2021 e il 2023 multinazionali del settore oil&gas hanno raccolto circa 9 miliardi di euro attraverso questi strumenti, senza garanzie concrete sull'uso dei fondi per il raggiungimento degli obiettivi climatici stabiliti. Di questi 9 miliardi, l’italiana Eni ha emesso da sola 4,7 miliardi di questi bond. Più della metà.

Un quadro inquietante, quello emerso, e che sottolinea l'importanza di un'attenzione continua e di normative più rigorose per garantire che gli investimenti green non si limitino a mere dichiarazioni di intenti, ma contribuiscono effettivamente a un futuro più equo e sostenibile, anche sul piano economico. Insomma: sebbene sia giusto prendere atto che dei segnali positivi ci sono, non bisogna abbassare la guardia ma continuare a mantenere un occhio critico sugli sviluppi della sostenibilità aziendale.

 

Immagine: Envato