Durante i suoi cinque anni da commissaria per l’energia a Bruxelles, Kadri Simson ha dovuto affrontare uno dei periodi più complessi e decisivi della storia energetica europea, cimentandosi nell’impresa di tagliare le forniture di gas russo, traghettare le riforme del Green Deal nonostante la policrisi, rendere resiliente il mercato energetico senza trascurare gli obiettivi di decarbonizzazione. Tra passato, presente e futuro, Kadri Simson racconta a Materia Rinnovabile l’eredità di un mandato storico che ora volge al termine.

Commissaria, qual è il suo bilancio personale di questo intenso mandato?

Il Green Deal era già una priorità politica per questa Commissione, ma le circostanze hanno fatto sì che gli ultimi cinque anni siano stati ancora più significativi nel portare avanti la transizione verso l’energia pulita. Durante questo mandato abbiamo assistito a un cambiamento di paradigma nella politica energetica dell’UE, in particolare per il modo in cui abbiamo tagliato i legami con la Russia e non siamo più dipendenti dal gas russo. Allo stesso tempo, abbiamo messo l’UE sulla buona strada per raggiungere la neutralità climatica, mentre affrontavamo la peggiore crisi energetica degli ultimi decenni. Stiamo assistendo a una massiccia diffusione delle energie rinnovabili, che stanno già prendendo il posto del gas nella produzione di elettricità. Inoltre, abbiamo revisionato i nostri mercati dell’elettricità e del gas per garantire una transizione pulita. L’anno scorso abbiamo istituito la prima forma di acquisto congiunto di energia, a cui seguirà un’iniziativa analoga per l’idrogeno. E intanto la Commissione ha sostenuto, e continua a sostenere, l’Ucraina fornendo assistenza al suo settore energetico, che ha dovuto affrontare un implacabile sabotaggio da parte della Russia.

Gli obiettivi climatici europei del pacchetto Fit for 55 contengono diverse riforme energetiche, dall’efficienza all’incremento delle rinnovabili. Per la Commissione europea, gli attuali Piani nazionali per l’energia e il clima (PNIEC) non sono sufficienti per ridurre le emissioni di gas serra del 57% entro il 2030. Se ne riparlerà a giugno. Perché gli stati membri faticano a tenere il passo?

Nel complesso, la nostra valutazione delle bozze dei piani è piuttosto positiva e gli stati membri si stanno muovendo nella giusta direzione. Abbiamo progettato un processo collaborativo in cui esaminiamo le bozze dei piani degli stati membri in modo che possano rivederli per colmare eventuali lacune. In alcune aree ci sarebbe bisogno di maggiore ambizione e chiarezza da parte degli stati, quando presenteranno i loro piani nazionali definitivi a giugno. Servirebbe una maggiore ambizione in particolare per quanto riguarda la quota di rinnovabili e l’efficienza energetica. Inoltre, la sicurezza energetica viene affrontata in modo molto diverso nelle bozze. Solo alcuni stati membri forniscono piani dettagliati per un accesso diversificato al gas o alle fonti energetiche a basse emissioni di carbonio. In futuro, il lato della domanda del settore elettrico e lo stoccaggio dell’energia non saranno sufficientemente coperti, nonostante la crescente importanza della flessibilità. Per quanto riguarda la povertà energetica, la stragrande maggioranza degli stati membri deve ancora stabilire obiettivi chiari e un metodo per la definizione e la valutazione delle famiglie vulnerabili.

Il Piano REPowerEU è stato pensato come una risposta alla crisi energetica causata dall’invasione russa. La parola chiave è diversificazione. L’Europa ha finalmente imparato la lezione?

Se c’è una lezione che la crisi energetica provocata dalla Russia ci ha insegnato, è quella di non dipendere eccessivamente da un unico fornitore di energia. Questo è il motivo per cui ci siamo impegnati molto nella diversificazione dell’approvvigionamento di gas, accelerando al tempo stesso la diffusione delle energie rinnovabili a livello nazionale e riducendo il consumo di energia. L’affidarsi a una serie di partner sicuri ha costituito una parte fondamentale del nostro piano di diversificazione rispetto alla Russia e di incremento della nostra sicurezza energetica. Ma ancora non basta: dobbiamo impegnarci di più per la diffusione delle energie rinnovabili, accelerare le procedure di autorizzazione e aumentare le capacità produttive in Europa.

Lo abbiamo imparato anche durante la crisi del Covid: le catene di approvvigionamento devono essere più resilienti ai rischi legati all’instabilità geopolitica o a crisi di vario tipo. La sicurezza energetica non riguarda solo l’approvvigionamento di gas, ma anche una politica comune di stoccaggio del gas, accordi di solidarietà tra i paesi membri, migliori interconnessioni in tutta l’UE per garantire che l’energia arrivi dove è più necessaria e una maggiore disponibilità di energie rinnovabili sviluppate internamente, aumentando al contempo l’efficienza energetica. Sotto il mio mandato abbiamo lavorato su tutti questi fronti, rafforzando la legislazione esistente o proponendo nuove iniziative. Ora, dopo la peggiore crisi energetica degli ultimi decenni, possiamo tranquillamente affermare che l’UE si trova in una posizione di gran lunga migliore in termini di sicurezza energetica. Sulla buona strada per un sistema energetico sostenibile e con prezzi tornati a livelli accessibili.

Il gas è considerato dalla Commissione una fonte energetica transitoria. Quanto manca alle rinnovabili per soddisfare la domanda di elettricità europea? L'ambizione di triplicare la capacità installata delle rinnovabili entro il 2030 riuscirà a decarbonizzare i consumi?

Abbiamo obiettivi importanti per quanto riguarda le energie rinnovabili: puntiamo al 42,5% di energia rinnovabile nel nostro mix entro il 2030, con l'ambizione di raggiungere il 45%. Per raggiungere questi target abbiamo introdotto procedure di autorizzazione più rapide e semplici, concordando anche sulle regole che andranno a riformare la struttura del mercato dell'elettricità. Ciò contribuirà a integrare le fonti rinnovabili nel sistema elettrico e a rendere più flessibili le soluzioni di stoccaggio e di risposta alla domanda energetica. Riteniamo che i risultati ottenuti siano convincenti. La quota complessiva delle rinnovabili nel 2022 ha raggiunto il 23%, contro il 20% del 2019. La crescita più significativa è avvenuta nel settore elettrico, dove nel 2022 è stata raggiunta una quota del 41%, quasi 4 punti percentuali in più rispetto all'anno precedente.

Agli stati membri chiediamo un'attuazione rapida e ambiziosa delle norme. Per questo motivo a inizio anno abbiamo presentato il nostro Climate Target Plan al 2040, ovvero un aggiornamento del quadro della politica climatica ed energetica per il 2040. Prevediamo un obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni di gas serra, ciò richiederà una quantità molto più elevata di energie rinnovabili. È importante che gli stati membri attuino le norme concordate, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno che l’industria fornisca soluzioni per sfruttare appieno l'energia che possiamo ricavare dall'acqua, dal vento, dal sole, dalla biomassa e dall'energia geotermica.  

Che ruolo avrà l’energia nucleare nel raggiungimento della neutralità climatica europea?

C'è un rinnovato interesse per l’energia nucleare in molte parti del mondo e in Europa, anche in stati membri che in precedenza non l’avevano mai utilizzata. La Commissione ha da tempo riconosciuto il ruolo del nucleare come fonte energetica a basse emissioni, pur riconoscendo che la decisione sul suo utilizzo rimane a discrezione di ciascuno stato membro, in conformità con i trattati dell'UE. Per raggiungere i nostri obiettivi di decarbonizzazione dobbiamo sfruttare appieno il potenziale del nucleare negli stati membri dell'UE che desiderano utilizzarlo. Durante il recente Nuclear Energy Summit di Bruxelles sono intervenuta a un incontro dedicato agli Small Modular Reactors (SMR), sottolineando come possano integrare le tecnologie nucleari convenzionali e contribuire a ridurre le emissioni di carbonio di almeno il 90% entro il 2040. Gli SMR hanno il potenziale per affrontare tutte le sfide attuali: decarbonizzazione, sicurezza dell'approvvigionamento energetico e autonomia energetica europea. Ed è proprio questo potenziale che viene attualmente esplorato. Ma, in ultima analisi, la realizzazione della promessa dei piccoli reattori nucleari dipende dall'impegno dei fornitori a sviluppare progetti in grado di garantire la sicurezza degli impianti e costruire catene di approvvigionamento solide insieme a partenariati globali affidabili.

Tra le tecnologie di decarbonizzazione, c'è molto scetticismo nei confronti degli impianti di cattura e stoccaggio del carbonio. Sebbene la Commissione europea la consideri una tecnologia chiave per raggiungere la neutralità climatica, si dice che sia troppo costosa e che rischi di posticipare l'abbandono dei combustibili fossili. Che ne pensa?

La gestione industriale del carbonio si integra con lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili, le soluzioni di efficienza energetica e contribuisce a ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili. Vogliamo rimuovere gli ostacoli al suo sviluppo. Il sistema ETS, Emission Trading System, è attualmente il principale incentivo per la gestione del carbonio, ma non è sufficiente. La Commissione valuterà entro il 2026 se e come la CO2 rimossa dall'atmosfera e stoccata in modo permanente potrà essere coperta dal sistema di scambio delle quote di carbonio. Una delle sfide sarà quella di superare l'attuale differenza tra il prezzo del carbonio e il costo della sua rimozione industriale. Pertanto, nella fase iniziale della diffusione degli impianti sarà necessario un ulteriore sostegno da parte dell’Unione e degli stati membri per accelerare l'apprendimento della tecnologia e ridurre ulteriormente i costi.

L'Inflation Reduction Act (IRA) del presidente Biden ha innescato una competizione con il Net Zero Industry Act sui sussidi alle tecnologie green. Secondo lei, questa gara potrebbe ostacolare il multilateralismo climatico tra i due paesi?

Sono state fatte numerose speculazioni sugli effetti che l’Inflation Reduction Act potrebbe avere sull’industria europea, ma non dovremmo paragonare mele e pere. È vero che la corsa ai sussidi rappresenta un rischio reale per l'accessibilità e l'equità della transizione energetica nel mondo. Ma finora i timori non si sono concretizzati. Non abbiamo visto l'industria europea chiudere i battenti per stabilirsi immediatamente negli Stati Uniti, come alcuni temevano. Semmai, l'IRA ha permesso agli Stati Uniti di attrarre nuovi investimenti, con un vero e proprio boom nella produzione di tecnologie green, in particolare per quanto riguarda le batterie per i veicoli elettrici.  Questo ha riportato gli Stati Uniti nel gruppo di paesi che stanno guidando la transizione energetica a livello globale. Abbiamo bisogno di tutti a bordo e di diversificare le catene del valore.

Il nostro futuro industriale nelle catene di valore della tecnologia pulita non dipenderà dal regime di incentivi degli Stati Uniti. La concorrenza globale è innegabile e gli incentivi ne fanno parte. I nostri punti di forza sono altri: la stabilità e l'innovatività del nostro sistema normativo, il nostro consolidato mercato finanziario e dei capitali, la nostra forza lavoro qualificata. E infine il nostro impegno verso la transizione energetica, che portiamo avanti con una visione chiara di dove vogliamo essere domani, nel 2030, e dopodomani, nel 2040 e nel 2050. Questo fornisce alle aziende del settore un quadro chiaro su ciò di cui abbiamo bisogno in termini di investimenti. Anche i prezzi dell’energia costituiranno una parte importante della nostra competitività: abbiamo completamente rivisto le nostre regole di mercato per garantire convenienza e prevedibilità per gli investitori.

In conclusione, quali sono le criticità più urgenti da affrontare per un mercato dell'energia più sostenibile ed equo per i consumatori?

È importante raggiungere l’indipendenza energetica e continuare a ridurre l’import dei combustibili fossili. Dobbiamo investire in sistemi energetici più puliti e più affidabili come le energie rinnovabili, come tra l’altro è indicato nel nostro piano REPowerEU. Nel complesso, il raggiungimento dei nostri obiettivi climatici sarà vantaggioso anche per i consumatori e per le imprese. I costi dell'inazione sarebbero semplicemente molto più alti di quelli dell'azione. Negli ultimi anni i cittadini di tutta Europa sono stati testimoni degli effetti devastanti del cambiamento climatico. Gli incendi boschivi e le alluvioni più recenti sono stati un campanello d'allarme per tutti noi europei. È arrivato il momento di agire con decisione e investire nella transizione verde.

 

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Immagine: Kadri Simson