Il 2023 ha fatto registrare, per la prima volta, una riduzione del flusso globale dei fondi sostenibili, di 2,5 miliardi di dollari, con l’unica eccezione del contesto europeo, che ha mantenuto flussi netti positivi. Seppur in calo rispetto al trimestre precedente, ha infatti attratto 3,3 miliardi di dollari nel quarto trimestre 2023.

Alla base di questi cambiamenti c’è il contesto economico e geopolitico internazionale, che he generato timori di recessione e aumento della pressione inflazionistica e dei tassi d’interesse. Le normative incerte e frammentarie contribuiscono a limitare gli investimenti, che però sono cruciali.

Se è vero infatti, come ha dichiarato a fine febbraio Mario Draghi, che per la transizione ecologica all’Europa serviranno 500 miliardi di euro l’anno, è anche vero che questi soldi devono arrivare non solo dagli Stati ma anche dai privati. Per questo è fondamentale capire come ingaggiare tali fondi. Per trovare possibili soluzioni, fare il punto di una situazione tanto complessa e capire le differenze tra i contesti europeo e statunitense, O-Fire, l’Osservatorio su Finanza d’Impatto e sue Ricadute Economiche, ha presentato il secondo report annuale: ESG Disclosure Obligations, sustainable funds and renewable energy sources in the midst of the ecological transition.

L’Osservatorio sulla finanza sostenibile è stato lanciato due anni fa dall’Università di Milano-Bicocca insieme a Banca Generali Spa e Aifi-Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt.

L’esigenza di una nuova normativa

Mentre negli Stati Uniti si guarda quasi con sospetto la troppa regolamentazione del settore, l’Europa si sta muovendo rapidamente verso un rinnovamento del quadro normativo per la sostenibilità. La recente pubblicazione dell’Atto delegato per l’Ambiente e l'introduzione della Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese (CSRD) segnano passi decisivi. E con l'obbligo per quasi 50.000 aziende di aderire agli European Sustainability Reporting Standards, l'UE punta a una maggiore trasparenza e responsabilità sociale d'impresa.

“Ai mercati la confusione non piace”, spiega Lucia Visconti Parisio, coordinatrice scientifica dell’Osservatorio O-Fire. “Ora la regolamentazione continua a cambiare, con numerosi adempimenti e stratificazione delle normative. Ma la visione europea può essere vincente perché dà certezza e quindi fiducia a consumatori e investitori. Inoltre, stiamo lavorando sui diversi rating ESG per capire quali sono i fattori sottostanti comuni. Avere le stesse imprese valutate in maniera diversa da diversi provider non è infatti positivo. Riallineare questa situazione aiuterà il mercato.” Tenendo presente anche, aggiunge Desirée Scarabelli, Sales Director and ESG Specialist di Pictet Italia, che “bisogna valutare il tipo di aziende che si sta considerando: la grande multinazionale non può riportare come la piccola impresa famigliare”.

La tassonomia europea è quindi ancora in fase di evoluzione, ma saranno necessarie nuove integrazioni e modifiche per favorire gli investimenti necessari a rendere l’Unione Europea a zero emissioni nel 2050. “Non c’è dubbio che la via giusta sia la decarbonizzazione”, spiega Susanna Dorigoni del comitato di O-Fire, che si è occupata di illustrare la parte più normativa del report. “Ma al momento c’è contraddizione tra realtà dei fatti e richiesta normativa. Il mercato oggi non è pronto ad assorbire obiettivi molto ambiziosi.”

Gli investitori però sembrano interessati, come spiega Elena Leonardi, responsabile sostenibilità di Banca Generali: “Già nel luglio 2021, quando la normativa ancora non lo imponeva, avevamo introdotto nel questionario MIFID domande sulla sostenibilità. Oggi possiamo dire che oltre il 60% dei nostri clienti esprime una preferenza spiccata per prodotti sostenibili”.

Finanza sostenibile e transizione energetica

Il report pone in evidenza anche l'importanza cruciale degli investimenti nelle fonti di energia rinnovabile per la transizione energetica e il conseguimento degli obiettivi di finanza sostenibile. Innanzitutto, spiega, Desirée Scarabelli, bisogna ridimensionare e contestualizzare il deflusso dei fondi sostenibili, visto che “l’84% degli investimenti sostenibili è concentrato in Europa e solo l’11% negli Stati Uniti”.

Negli USA, inoltre, proprio l’assenza di una regolamentazione incisiva aumenta il rischio di greenwashing, “allontanando la fiducia degli investitori, ma anche la politica sta remando contro la transizione. Con l’ipotesi di un ritorno dei Repubblicani alla Casa Bianca, anche aziende che avevano fatto grandi passi avanti, come JPMorgan, si stanno tirando indietro”. In Europa, invece, c’è un interesse diretto “perché non siamo produttori di energia, quindi la necessità della transizione sta nella nostra sopravvivenza. Soprattutto alla luce di quanto successo negli ultimi due anni, l’Europa deve diventare indipendente dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico”.

Dello stesso parere è Massimo Fracaro, capo della redazione economia del Corriere della sera e moderatore della tavola rotonda. “Stiamo andando verso un mondo a due velocità: da una parte l’Europa, in cui gli investitori credono nell’ESG, dall’altra gli Stati Uniti, in cui la battaglia ESG è stata un po’ troppo politicizzata. La presenza delle elezioni influisce sul raffreddamento delle ambizioni, ma la transizione non è un optional bensì un’assoluta necessità.”

Adattamento al cambiamento climatico: una priorità urgente

Anche le sfide legate all'impatto del cambiamento climatico sulla produzione energetica potrebbero ridefinire gli equilibri globali di domanda e offerta e influenzare gli investimenti nel settore ESG. La necessità di adattarsi ai cambiamenti climatici richiede un impegno finanziario considerevole e ben ponderato, attualmente sostenuto solo in minima parte dagli investimenti globali. L'allocazione di risorse verso interventi specifici come la prevenzione delle catastrofi naturali e la sicurezza alimentare resta fondamentale per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.

Gli eventi contrari non vanno comunque a compromettere le previsioni nel lungo periodo”, conclude Elena Bargossi, Senior Sales Manager di Schroders. “Le prospettive per transizione energetica e cambiamento climatico del 2024 sono migliori del 2023. Le forza trainanti della transizione energetica, cioè competitività economica, domanda dei consumatori, contesto politico, continuano a trainare la validità del tema della transizione energetica che rappresenta sempre e comunque il futuro dell’energia.”

Nella foto da sinistra: Desirée Scarabelli, Elena Leonardi, Lucia Visconti Parisio, Elena Bargossi, Massimo Fracaro e Susanna Dorigoni

 

Immagine: J Lee, Unsplash