Nel giro di un mese, tra dicembre e i primi giorni di gennaio, sei delle maggiori banche statunitensi hanno deciso di ritirarsi dalla Net Zero Banking Alliance (NZBA), iniziativa delle Nazioni Unite che ha l’obiettivo di allineare il settore bancario all’Accordo di Parigi. La scelta sembra motivata dal timore di critiche da parte della futura amministrazione Trump, che si insedierà alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio e che disporrà della maggioranza sia alla Camera che al Senato.

A inizio dicembre, Citigroup, Bank of America, Wells Fargo e Goldman Sachs hanno abbandonato l’Allenza, seguite a gennaio da Morgan Stanley e JP Morgan, la più grande banca del paese. Attualmente solo tre banche statunitensi rimangono parte della NZBA, ovvero Amalgamated Bank, Areti Bank e Climate First Bank, più piccole e meno influenti rispetto alle loro controparti che hanno lasciato l'alleanza.

Come funziona la Net Zero Banking Alliance

La Net Zero Banking Alliance è un'iniziativa internazionale lanciata nell'aprile 2021 sotto la guida dello United Nations Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI). Ha lo scopo di riunire banche di tutto il mondo impegnate ad allineare i propri portafogli di prestiti e investimenti con l'obiettivo di raggiungere emissioni nette di gas serra pari a zero entro il 2050. Un’iniziativa che al momento, dopo l’esodo americano, conta 144 banche che provengono da 44 paesi con un patrimonio complessivo di 61.000 miliardi di dollari.

Al momento dell’adesione all’NZBA, le banche e i loro CEO firmano impegni per allineare i portafogli di prestiti e investimenti al net-zero entro il 2050. Entro 18 mesi dalla firma, devono stabilire obiettivi per il 2030 e per il 2050, con target intermedi ogni 5 anni, pubblicando annualmente le emissioni e i progressi verso una strategia di transizione, inclusi obiettivi settoriali e politiche climatiche. I primi obiettivi della banca, ad esempio, dovrebbero focalizzarsi su settori con la maggiore intensità di emissioni nei loro portafogli, ovvero dove la banca può avere un impatto più significativo. Inoltre, l'acquisto di crediti di carbonio per raggiungere il net-zero dovrebbe essere limitato alla rimozione della CO2eq per compensare le emissioni residue, nei casi in cui esistano poche alternative tecnologiche o finanziarie per eliminarle.

Donald Trump e la finanza climatica USA

Nonostante nessuna delle banche abbia dato spiegazioni sul motivo della loro fuoriuscita dall’alleanza climatica, molti analisti attribuiscono questa dipartita all’imminente insediamento alla Casa Bianca di Donald J. Trump, che sarà il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti d’America. 

Secondo Paddy McCully, Senior Analyst di Reclaim Finance, un'organizzazione non governativa che si occupa di ricerca e campagne sulla finanza climatica, “il repentino esodo di queste grandi banche statunitensi è un codardo tentativo di evitare critiche da parte di Trump e dei suoi compari negazionisti del cambiamento climatico”.  L'uscita delle banche non implica necessariamente una revisione dei loro impegni climatici. Un portavoce di Morgan Stanley ha infatti dichiarato a ESG Today che, nonostante il ritiro dalla coalizione, l'impegno della banca per il net-zero rimane invariato.

La crociata contro gli ESG non è però una novità in America. Già nell’autunno del 2022, alcune banche americane avevano minacciato di abbandonare la NZBA e la Glasgow Financial Alliance for Net Zero, un'iniziativa lanciata durante la COP26 di Glasgow per accelerare la transizione verso un'economia globale a zero emissioni. In quell’occasione, 14 procuratori generali degli Stati Uniti, tutti appartenenti al partito repubblicano, avevano avviato un'indagine per esaminare gli impegni climatici delle banche firmatarie della NZBA, accusandole di limitare l'accesso ai finanziamenti per le compagnie petrolifere a causa delle loro pratiche ambientali, sociali e di governance (ESG).

Inoltre, la Net Zero Banking Alliance non è l'unica ad affrontare gli attacchi della destra americana. Nel novembre 2024, BlackRock, Vanguard e State Street, tra le principali società di investimento statunitensi, sono state citate in giudizio da undici stati governati dai Repubblicani, tra cui Texas, Iowa, Alabama e Nebraska. Le accuse riguardavano la violazione delle leggi antitrust, visto il sostegno delle società a iniziative climatiche, che, secondo quanto sostenuto, avevano determinato una riduzione della produzione di carbone e un aumento dei prezzi dell'energia per i consumatori.

Nella giornata di ieri, 9 gennaio 2025, BlackRock, che gestisce circa 11.500 miliardi di dollari in attività, ha annunciato la propria uscita dalla Net Zero Asset Managers Initiative, iniziativa partner della coalizione UNFCCC Race to Zero, che riunisce gestori patrimoniali impegnati a sostenere l'obiettivo di zero emissioni nette di gas serra entro il 2050, promuovendo investimenti in linea con tale traguardo.

Il ruolo dell’Europa

Secondo McCully, la decisione delle banche americane di abbandonare l'Alleanza potrebbe rivelarsi, paradossalmente, un'opportunità per alzare l'asticella degli impegni climatici. "Le banche europee e quelle degli altri paesi non devono usare l'uscita delle banche statunitensi come pretesto per indebolire i propri impegni climatici”, spiega. “Al contrario, hanno l'opportunità unica di spingere l'NZBA a rafforzare le sue raccomandazioni, adottando posizioni chiare e decisive contro l'espansione dei combustibili fossili."

Al momento, la maggior parte delle banche della coalizione è di provenienza europea. "Rafforzando i propri impegni, le banche dell'NZBA possono dimostrare di non aver semplicemente approfittato dell'ostruzionismo degli Stati Uniti per mantenere la posizione debole dell’NZBA”, conclude McCully. “Inoltre, altri importanti finanziatori dei combustibili fossili, come le banche canadesi e giapponesi, non devono sostituire gli Stati Uniti come ostacoli a un'azione più decisa all'interno dell'Alleanza."

 

Immagine: Envato