Fare davvero economia circolare. Questo dovrebbe essere il motto di Enel, principale player dell’energia e dell’innovazione dei servizi italiano, che sempre di più dimostra come applicare i principi dell’economia circolare a tutte le sue aree di business può essere premiante sotto molteplici aspetti. Sia finanziari, che ambientali, economici che di posizionamento. Materia Rinnovabile ha incontrato virtualmente Luca Meini, Global Head of Circular Economy e Fernanda Panvini, Head of Circular Economy di Enel Italia per esplorare in profondità le strategie dell’azienda, oggi un case study internazionale, che sta facendo scuola su come si può guidare la transizione alla decarbonizzazione e portare un’azienda “classica”, lineare, ad essere un esempio di impresa genuinamente circolare.
Come si sta rinforzando la visione di Enel nei riguardi dell’economia circolare?
Luca Meini: Enel da cinque anni a questa parte ha una visione dell’economia circolare focalizzata sulla transizione del modello di business. Noi consideriamo l'economia circolare non come sinonimo della gestione dei rifiuti, ma soprattutto come una chiave di ripensamento dell’intero ciclo di vita del prodotto. Questo vuol dire ripensare il design, i materiali, la gestione degli asset e dei prodotti, i modelli di business. Non possiamo però cambiare approccio da soli, ma è necessario che anche le reti di fornitura ci seguano in questa transizione. Per stimolare i fornitori ad essere più circolari, abbiamo quindi introdotto bandi di gara che premiano coloro che hanno avviato il passaggio a un modello di business fondato sulla circolarità.
Stiamo inoltre lavorando per ridisegnare le nostre catene del valore strategico, nel fotovoltaico, nell’eolico, batterie, smart meter, e stiamo implementando anche soluzioni di consulenza verso i clienti, per esempio attraverso Enel X che è la divisione del gruppo che gestisce tutte le offerte diverse dalla Commodity. Il tutto lavorando su un’integrazione ecosistemica.
Quanto pesa il big data nelle strategie circolari di Enel?
Luca Meini: Il big data è di per sé uno strumento, un abilitatore per molte soluzioni dell’economia circolare. La gestione dei big data è significativa per l’estensione della vita utile dei prodotti: per esempio i nostri impianti rinnovabili vengono costantemente monitorati in termini di prestazioni. Una carta d'identità dei materiali e di come sono composti consente di tracciarne la vita e di poterli recuperarli alla fine del loro primo ciclo, così da essere rivalorizzati.
Dal vostro punto di vista che ruolo gioca la finanza nell’attivare questo tipo di processi?
Luca Meini: L’economia circolare è un tema non ancora omogeneo a livello globale e questo rappresenta un ostacolo per il mondo finanziario. Nonostante ciò oggi c’è un mondo in rapido movimento e questa accelerazione porterà a un salto di qualità e a molti benefici. Enel da diverso tempo è attiva nel mondo riguardo al tema della finanza sostenibile: giusto un anno fa abbiamo emesso il primo SDG-linked bond a livello globale, uno strumento di finanziamento innovativo e sostenibile, che ha registrato un notevole successo
Enel ha lanciato recentemente un report sulle circular cities. Vorrei chiederti cosa farà in questa direzione e che ruolo avrà nella trasformazione?
Luca Meini: Le circular cities sono un tema su cui Enel lavora da diversi anni attraverso le sue linee di business: le smart grid, sia ridisegnandone i componenti in ottica circolare sia trasformandole in piattaforme abilitatrici di un ecosistema legato all’economia circolare, la mobilità elettrica, le rinnovabili, le soluzioni di efficienza energetica per gli edifici, i data analytics.
La volontà di ragionare su una visione di città circolari nasce proprio dal desiderio di confrontarci con tutti gli altri settori che compongono una città: in primis con le istituzioni, per elaborare una visione congiunta di come deve essere messa concretamente in pratica questa transizione. È importante avere una visione chiara di dove vuole andare la città, in termini sia di competitività economica, ma anche di sostenibilità ambientale e inclusione sociale. A partire da questa visione, le tecnologie diventano gli abitatori fondamentali in un contesto di governance più aperta e di visione trasversale della città.
Dal vostro punto di vista l’Italia come si sta muovendo verso questa transizione?
Fernanda Panvini: L’Italia può essere considerata il nostro laboratorio, dove sperimentiamo le tecnologie più innovative. Qui abbiamo una rete di partnership molto interessanti con cui collaboriamo: dalle istituzioni alle associazioni, al mondo economico. Collaboriamo infatti con altre 17 imprese leader di eccellenza italiana che provengono da settori diversi, dall’energia al turismo, dalla ristorazione al settore moda e lusso, dalla bioeconomia ai trasporti, solo per citarne alcuni, ed insieme a loro portiamo avanti il progetto chiamato Alleanza per l'economia circolare. Ci stiamo anche curando di sviluppare dei progetti di filiera, e progetti inclusivi proprio per aumentare la consapevolezza sia in termini di formazione e di divulgazione, unitamente ad attività di advocacy nell’avanzare proposte per un concreto sviluppo dell’economia circolare, per sburocratizzare e ridurre i vincoli amministrativi eccessivamente gravosi in Italia. L'economia circolare, infatti, va affrontata con una visione a 360 gradi, per cui la soluzione non si trova in ambiti delimitati e chiusi all’interno di un impianto normativo stratificato in compartimenti, ma va inserita all’interno di una visione multisettoriale. Ci vogliono nuovi modelli di business partecipati che aumentino la competitività e allo stesso tempo stimolino l’innovazione.
Ci sono gruppi di lavoro che avete già attivato in tale ambito?
Fernanda Panvini: In questo ambito ci sono diversi progetti che stiamo portando avanti in partnership con altre aziende diverse. Per esempio insieme a Cassa Depositi e Prestiti stiamo ragionando su una riqualificazione degli spazi per gli uffici e dei nuovi luoghi del vivere che vanno a condizionare il welfare delle persone. Ci sono progetti di filiera legati al riciclo delle pale eoliche, filiera che ancora non ha trovato una collocazione di mercato, dato che ancora non c'è un codice Cer per le pale in vetroresina, così che vengono classificate come plastica e non possono neanche essere smaltite.
Riguardo alle circular cities c’è qualche progetto avviato in Italia?
Fernanda Panvini: Enel X sviluppa propri prodotti e servizi che hanno vocazione specifica all’interno della circular economy. Porto come esempio il lampione smart: per renderlo un prodotto circolare consideriamo in primis tutti i materiali in ingresso, cioè quanto alluminio è presente, quanto ferro, quanto vetro e cosi via; se questi sono materiali riciclati e se possono essere smaltiti a fine vita. Questo lampione però viene studiato non solo come prodotto, ma anche come servizio: noi ci occupiamo infatti della gestione complessiva del suo ciclo di vita, che comprende anche lo smaltimento. Il palo inoltre non è pensato solo come fonte di luce, ma su di esso possono venire installate telecamere per la videosorveglianza e dispositivi per la ricarica elettrica. In pratica offriamo un servizio integrato alla municipalità.
Inoltre agiamo anche da abilitatore sia per le imprese che vogliono avere una roadmap chiara su questo percorso sia per le pubbliche amministrazioni che, grazie alla nostra consulenza, possono rivedere e ripensare le strutture e i piani che già sono state implementati.
Qual è stata la crescita di questi servizi dal punto di vista economico o numerico?
Luca Meini: I benefici economici associati all'economia circolare, di fatto, si possono ricondurre ad alcune macro famiglie, tra cui i nuovi ricavi legati a una diversa gestione dell'asset materiale, che possono essere nuovi ricavi effettivi o costi evitati, ed anche i benefici legati ai nuovi servizi e ai nuovi modelli di business. Un altro tema che non incide direttamente sul conto economico ma incide poi sulle performance, è quello legato al de-risking, ovvero riducendo la dipendenza da catene logistiche troppo articolate o da paesi di fornitura estremamente distanti, si riducono i rischi e aumenta la sicurezza. L'altro aspetto è legato ai benefici che dà l'innovazione, intesa proprio come ripensamento delle dinamiche in senso ampio, non solo legate alle tecnologie ma anche alla finanza. Ecco questi sono fondamentalmente i principali driver di valore.
Qualche esempio di città in Italia che stanno già facendo questo percorso?
Fernanda Panvini: Ad oggi stiamo lavorando soprattutto con le pubbliche amministrazioni di comuni piccoli e medi che stanno ripensando il modo in cui consumano energia, gli spazi urbani, le reti di mobilità e che vorrebbero aprirsi ad una gestione maggiormente fondata sulla circolarità. Per farti un esempio, un prodotto/servizio che noi offriamo è Juice box, le colonne di ricarica per le auto elettriche, pensata per essere utilizzata da più soggetti e da più veicoli. Inoltre questo prodotto/servizio non solo riutilizza le plastiche provenienti da altri smantellamenti, ma è proprio pensato e costruito seguendo una logica di eco-design, in quanto una volta finita la sua vita utile viene riconvertito ad arredo urbano. Stiamo quindi proponendo una logica totalmente diversa dai precedenti modelli di consumo, una logica che integra a 360 gradi tutti i settori e che può contare su una rete di fornitura che sostiene questo approccio e che ha le competenza adatte per svilupparlo.
Nell'immagine: il Parco eolico Moldova Noua di Enel, in Romania