A Torino fa freddo, ma l’atmosfera è calda. Alle porte del capoluogo piemontese, nella Reggia di Venaria Reale, si sono aperti questa mattina, lunedì 29 aprile, i lavori del G7 Clima Ambiente ed Energia. Il summit è uno dei più attesi e difficili fra quelli nel calendario del Gruppo dei Sette, quest’anno a presidenza italiana. Ed è anche quello che più accende gli animi e le proteste del mondo dell’attivismo, che già da alcuni giorni sta facendo sentire la sua voce con vari blitz e manifestazioni nel centro di Torino e a Venaria.

“Abbiamo una grande responsabilità verso i nostri cittadini, verso i Paesi più vulnerabili e verso il pianeta. La comunità internazionale attende un nostro messaggio", ha solennemente dichiarato questa mattina il Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, aprendo i lavori nelle sale della Reggia. Ma fuori dalla “zona rossa”, al di là del cordone di protezione della polizia, in corteo per le strade o incatenati ai portoni delle banche, gli fanno eco gli attivisti: “Sette governi decidono, e intanto il mondo brucia”.

Torino in fermento per il G7

Meloni, Biden, Macron, Scholz, Sunak, Trudeau, Kishida. In un piovoso pomeriggio domenicale, le gigantografie dei premier delle prime sette economie mondiali bruciano in un grande falò, allestito ai margini del centro storico di Venaria (blindato per motivi di sicurezza) dagli attivisti di Fridays for Future ed Extinction Rebellion. Intanto a Stupinigi, in un altro degli splendidi castelli sabaudi che circondano Torino, i ministri del G7, riuniti per la cerimonia inaugurale, posano per la foto di gruppo ufficiale.

Da giorni Torino si prepara ad accogliere il summit delle più grandi potenze economiche mondiali, chiamate a decidere su politiche climatiche ed energetiche che dovrebbero assicurare il raggiungimento al 2030 dei target di riduzione delle emissioni in linea con le raccomandazioni della scienza. Obiettivi che però appaiono ancora troppo lontani, come dimostra il documento pubblicato pochi giorni fa dal think-tank Climate Analytics. I Sette Grandi – Italia, Francia, Germania, Regno Unito, USA, Canada e Giappone – dovrebbero infatti raggiungere a fine decennio una riduzione di almeno il 58% delle emissioni rispetto al 2019, per stare al passo con l’Accordo di Parigi. Al momento, tuttavia, le ambizioni dei Paesi del G7 si fermano al 40-42% mentre, se si guarda alla realtà delle politiche finora messe in atto, secondo Climate Analytics si riuscirà a raggiungere solo una riduzione del 19-33%.

Insomma, di questo passo le potenze del G7 arriveranno a malapena a metà del compito che gli viene richiesto per contrastare la crisi climatica. Politiche insufficienti e poco ambiziose, greenwashing e false promesse sugli aiuti ai Paesi più vulnerabili sono dunque le accuse gridate in questi giorni dagli attivisti. “Di fronte alle false soluzioni che i governi delle potenze mondiali propongono alla crisi climatica, diciamo loro che la via di uscita è la giustizia climatica, la difesa della sovranità energetica dei popoli e la costruzione di reti di solidarietà tra i Paesi”, hanno dichiarato i manifestanti che domenica bruciavano le foto dei capi di governo.

Mentre sabato pomeriggio, seduti in cerchio e incatenati fra loro nell’atrio del grattacielo di Intesa Sanpaolo, gli attivisti di Extinction Rebellion hanno messo in scena il Re nudo, ovvero la personificazione delle “menzogne dei governi e delle grandi banche” che, come Intesa Sanpaolo, “finanziano l’espansione delle multinazionali dell’oil&gas”.

Attiviste e attivisti di Extinction Rebellion all'interno del grattacielo Intesa Sanpaolo, sabato 27 aprile

Cosa c’è sul tavolo del G7

Accompagnati dalle proteste, ma blindati nel silenzio della Reggia di Venaria affacciata su un grande parco naturale, oggi e domani i ministri dell’ambiente e dell’energia delle sette potenze si confrontano dunque su una serie di decisioni cruciali per le politiche climatiche globali.

Oltre a loro, partecipano al summit anche i rappresentanti della Commissione europea, degli Emirati Arabi Uniti (in quanto presidenza della COP28), dell’Azerbaijan (che presiederà la COP29), del Brasile (presidenza di turno del G20), e, nel quadro del focus sull'Africa, la Mauritania quale presidenza di turno dell'Unione Africana, il Kenya, l'Algeria e la African Development Bank.

Sul tavolo non c’è solo il clima. Per la sessione dedicata all’ambiente, si parlerà infatti di protezione della biodiversità, di contrasto al degrado del suolo e alla desertificazione, e di uso sostenibile ed efficiente delle risorse, con un particolare focus sull’economia circolare delle materie prime critiche indispensabili per la transizione energetica.

Per quanto riguarda l’energia, tema caldo della discussione sono soprattutto le tecnologie per raggiungere gli ambiziosi obiettivi usciti dalla COP28: triplicare la capacità di produzione rinnovabile globale e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. Domani pomeriggio si vedrà, nel comunicato finale, quali risultati saranno stati raggiunti.

 

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Immagini: Giorgia Marino