La stagione estiva dell’anno 2024 sarà ricordata per l’attivismo di numerose organizzazioni a difesa del mare, dei bagnanti e per le variegate e creative disobbedienze civili sulle spiagge italiane. Nel corso dei mesi sono stati numerosi gli attivisti che hanno organizzato delle “presa della battigia”, con ombrelloni, sdraio e una grande carica di forza di volontà, al fine di diffondere e far conoscere che le concessioni balneari sono scadute e gli ombrelloni a pagamento dei lidi sono illegittimi.

Gli italiani potrebbero stenderci liberamente i propri asciugamani e nessuno potrebbe dir loro nulla, né chiedere un pagamento dei servizi da spiaggia né allontanare le persone dai lidi. Quella a cui stiamo assistendo è una battaglia di civiltà e per l’affermazione della cultura giuridica e del diritto, in quanto le concessioni balneari prorogate sono di fatto da considerarsi scadute.

La confusione nasce dalla proroga delle concessioni decisa dal governo Meloni, che però è considerata illegittima da tre sentenze del Consiglio di stato. Uno scontro istituzionale tra il governo italiano da un lato e il Consiglio di stato e la Commissione europea dall’altro, col rischio concreto di procedura di infrazione. L’antitrust inoltre ha già iniziato a inviare le prime diffide ai comuni a causa delle proroghe.

Concessioni balneari scadute, cosa succede e perché

Le concessioni balneari sono scadute, ma il governo Meloni ha ugualmente prorogato queste licenze. Le spiagge fanno parte del demanio e sono quindi un bene pubblico. Sulle coste italiane le spiagge libere sono sempre meno e in alcune regioni, come Liguria e Campania, la percentuale di occupazione degli stabilimenti supera il 70%, mentre in alcuni comuni si va oltre il 90%. I dati sono confermati anche dal Rapporto Spiagge 2024, elaborato da Legambiente. Le sentenze del Consiglio di stato confermano che il mancato avvio delle gare si pone in contrasto con le norme giuridiche della comunità europea e che le proroghe delle concessioni demaniali marittime sono illegittime.

In violazione alle norme comunitarie, le proroghe del governo italiano sono arrivate senza gare, ma solo per chi possiede una “proroga tecnica”, una licenza ancora presentabile. L’attuale funzionamento delle concessioni balneari va contro le norme europee, e le procedure giuridiche comunitarie impongono l’indizione di procedure di gara trasparenti, pubbliche e che consentano la massima e partecipazione di tutti gli operatori economici.

La problematica giuridica italiana maggiore risiede nell’annoso problema della scadenza delle concessioni a causa del “diritto di insistenza” inserito nel 1992, ovvero il rinnovo automatico ogni sei anni a meno che il proprietario di una concessione non vi faccia esplicita rinuncia. Tale atteggiamento ha di fatto impedito e bloccato l’emergere di un ricambio economico nel settore balneare, trasformando i lidi e le spiagge italiane in aziende a conduzione e a trasmissione familiare. Un processo tutto italiano avvenuto senza effettuare nuovi bandi proprio per il diritto di insistenza del 1992.

Le istituzioni comunitarie si sono accorte di questa grave violazione nei confronti dei cittadini, che non è legata esclusivamente alle concessioni balneari, e nel 2006 hanno provato a risolvere la problematica attraverso la Direttiva Bolkestein, realizzata per favorire il libero commercio, il diritto alla concorrenza e la protezione dei consumatori proprio sul tema delle aste pubbliche, dei bandi e della trasparenza delle concessioni. Il Parlamento italiano è andato avanti a proroghe per le concessioni balneari e anche quest’ultimo esecutivo ha tentato di procrastinare ancora, ma sia il Consiglio di stato che l’Unione Europea hanno bocciato le proposte sul tavolo: le concessioni sono scadute e il settore deve aprirsi al mercato attraverso gare pubbliche e nuove liberalizzazioni.

Le priorità per i consumatori e l’attivismo per le spiagge

L’informazione mediatica delle ultime settimane ha diffuso le richieste degli attivisti dell’Associazione Mare Libero che hanno organizzato molti presidi sulle spiagge italiane con modalità estremamente creative e non violente. Comitati locali e associazioni, oltre a esponenti legati alla galassia del Partito Radicale, hanno seguito il loro esempio, iniziando a protestare secondo tali modalità. Recentemente l’Associazione Mare Libero ha incassato un importante riconoscimento giuridico dal TAR per una causa contro il Comune di Napoli, che aveva introdotto un sistema di prenotazione a numero chiuso per l’accesso alle spiagge comunali Donn’Anna e delle Monache, sulla costa di Posillipo. I giudici hanno stabilito che il comune deve rivedere le regole e garantire l’accesso a tutte le persone.

Dopo la decisione del Consiglio di stato, inoltre, Federcontribuenti e l’Unione nazionale consumatori hanno subito denunciato l’atteggiamento dei gestori dei lidi, evidenziando anche un aumento dei costi sul prezzo dei servizi offerti. Il danno e la beffa. Le associazioni rimarcano che i rialzi ci sono già stati in questi anni di concessioni bloccate e di continue proroghe, con aumenti stratosferici. Una truffa continua a danno dei cittadini.

Se la concessione è scaduta e non prorogata, cosa che andrebbe accertata spiaggia per spiaggia, il gestore non potrebbe più stare lì e quindi la spiaggia dovrebbe tornare libera in attesa della nuova gara. La situazione è complessa e c’è uno scontro in atto, soprattutto sul piano giuridico. Sostanzialmente ritroviamo da una parte le istituzioni europee, l’Antitrust e il Consiglio di stato che considerano le licenze scadute e dall’altra il Governo e i Comuni che le ritengono prorogate. “Non consigliamo al consumatore di farsi giustizia da sé, andando con ombrellone e sedia sdraio in uno stabilimento aperto, senza pagare”, avvertono gli esperti dell’Unione nazionale consumatori. “Due torti non fanno una ragione. Se voleste intraprendere una battaglia politica dovreste prima verificare le delibere comunali per accertare se la gara è stata nel frattempo avviata, perché allora la proroga sarebbe valida.”

 

Immagine: Jeremy Stewardson, Unsplash