Negli ultimi anni gli scienziati stanno trovando PFAS ovunque, dai ghiacci dell’Artico fino ai campioni di sangue umano. Acronimo inglese per sostanze alchilate perfluorurate e polifluorurate (Per and Poly-Fluorinated Alkylated Substances), i PFAS costituiscono un'ampia famiglia di composti chimici utilizzati in una grande varietà di applicazioni industriali e prodotti di largo consumo. Sfortunatamente, alcuni di questi composti si dimostrano estremamente resistenti. I PFAS, ribattezzati come “inquinanti eterni”, possono infatti percorrere lunghe distanze nell'ambiente e nella catena alimentare senza subire alcuna degradazione, con sempre più evidenti rischi per la salute umana.
Per discutere del problema, ma soprattutto per cercare soluzioni, IES Group ed Erica Srl hanno organizzato una sessione tematica dedicata ai PFAS nell’ambito di Waste Management Europe Conference 2024. La sessione, prevista per il 10 aprile, si aprirà con un discorso introduttivo sulla natura dei PFAS, ponendo l'accento sull'importanza che il tema riveste per le imprese. Seguiranno approfondimenti sugli effetti dei PFAS sulla salute, le questioni legislative, le prospettive dei produttori e, in particolare, le tecnologie disponibili per il trattamento di queste sostanze.
“L’importanza di affrontare i materiali di scarto complessi e impegnativi non è mai stata così grande e nel 2024 siamo lieti di tornare a Bergamo per mettere insieme alcune delle menti più acute del mondo per aiutarci a superare questi grandi problemi”, afferma Gavin Sutcliffe, conference manager di IES Group. “I rifiuti di plastica e l’inquinamento da PFAS rappresentano una priorità assoluta da sradicare per i Governi internazionali a causa del danno che chiaramente arrecano non solo ai sistemi ecologici ma anche alla salute umana.”
Che cosa sono i PFAS e dove si trovano
I PFAS sono composti chimici prodotti dall’uomo e pertanto non presenti naturalmente nell’ambiente. I PFAS vengono utilizzati nell'industria e nei prodotti di consumo sin dagli anni Quaranta grazie alle loro proprietà. Queste sostanze permettono infatti di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi (come nel caso di piatti di carta, padelle antiaderenti e imballaggi alimentari), ma anche di aumentare la resistenza alle alte temperature di tessuti, tappeti, pellami, dispositivi elettronici.
Ma quanti sono e dove sono i siti più contaminati in Europa? I dati emergono da un’inchiesta pubblicata a inizio 2023, denominata Forever pollution project, realizzata grazie alla collaborazione di giornalisti provenienti da 14 Stati europei, Italia inclusa, che ha coinvolto in particolare le redazioni di Le Monde e The Guardian. In Europa ci sono più di 17.000 siti contaminati (cioè con livelli di PFAS pari o superiori a 10 nanogrammi per litro), tutti campionati attraverso rilevazioni in acqua, suolo o organismi viventi da scienziati e agenzie ambientali tra il 2003 e il 2023. Le aree interessate salgono però a 21.000 se si considerano anche quelle “sospette” di contaminazione, cioè non ancora analizzate.
I PFAS nella catena alimentare: verso un approccio One Health
Virtualmente non degradabili, oltre alla tendenza ad accumularsi nell’ambiente i PFAS sono inquinanti emergenti che possono persistere negli organismi viventi, compreso l’uomo. Del resto, una volta che i PFAS raggiungono l’acqua possono facilmente risalire la catena alimentare attraverso il cibo, quindi fauna e vegetali, fino al nostro flusso sanguigno.
“La tossicità di tanti PFAS non è ancora nota e servirebbero più dati. Tuttavia nel 2020 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha valutando i quattro PFAS più noti e più frequentemente misurati negli alimenti, riscontrando effetti tossici anche a dosi molto basse, ad esempio sulla immunità, nonché una presenza diffusa negli alimenti consumati in Europa, soprattutto pesce, uova, acqua potabile”, spiega a Materia Rinnovabile Alberto Mantovani, presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio PFAS - Fosan ETS, sottolineando come la riduzione dei rischi sanitari da PFAS richieda la visione integrata e transdisciplinare dell’approccio One Health.
“La valutazione di EFSA ha indicato la necessità di ridurre l’assunzione di PFAS con gli alimenti; in risposta a ciò la Commissione Europea ha fissato dei limiti massimi residuali in diversi alimenti di origine animale. I PFAS, pertanto, sono un problema che coinvolge competenze e sensibilità disparate, dalla chimica industriale all’ecologia all’agricoltura e alla zootecnia, sino all’epidemiologia umana e veterinaria e alla legislazione alimentare”, conclude Mantovani.
La risposta dell’Unione Europea e la necessità di dialogo
I PFAS potrebbero essere banditi in tutta l’Unione Europea a partire dal 2026. Il piano è stato avanzato da cinque Stati membri dell'UE ‒ Danimarca, Germania, Norvegia, Olanda e Svezia ‒ e presentato all'Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA). L'azione proposta è motivata da studi che indicano il ruolo nocivo dei PFAS sulla salute umana. L'obiettivo è di spingere le industrie a trovare alternative ai PFAS, con un'implementazione prevista intorno al 2026 o 2027. Questo implicherebbe la sostituzione di circa 10.000 composti chimici attualmente in uso. Senza un intervento, si stima che 4,4 milioni di tonnellate di PFAS potrebbero contaminare l'ambiente nei prossimi trent'anni.
“Sono due i principali obiettivi di questa transizione. Il primo punto fondamentale è l’apertura al dialogo. Ed è esattamente quello che sta succedendo con il convegno a Waste Management Europe 2024. Sarà un confronto che vedrà anche la rappresentanza dei produttori di PFAS, un primo passo importantissimo”, spiega a Materia Rinnovabile Isabella Stilo, CEO di Erica Srl. Attiva nella gestione e trattamento dei rifiuti industriali dal 1990, Erica dal 2017 si occupa di ricerca e sviluppo, oltre ad aver conseguito 3 brevetti per la tecnologia PFAS Remover, specifica per l’abbattimento di questi inquinanti nel percolato di discarica.
“Il secondo obiettivo di questa transizione è la condivisione delle informazioni lungo la filiera. Se già dalle schede relative ai prodotti si partisse nel definire meglio quantità e composizione di queste sostanze, sarebbe sicuramente di grande aiuto. Sono moltissime le matrici in cui si riscontrano i PFAS, ponendo il tema non solo a monte, per esempio nel packaging, ma anche a valle come nel percolato di discarica. Però bisogna arrivare a identificare queste matrici per poterle tenere sotto controllo.”
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