Il conto alla rovescia è partito: anche le piccole e medie imprese dovranno applicare il reporting di sostenibilità, così come fanno già le grandi aziende da tempo, e mettere a punto una vera e propria rendicontazione in grado di far comprendere al mercato, all’opinione pubblica e agli stakeholder l’impatto dell’attività aziendale sulle questioni di sostenibilità sociale, economica e ambientale, e in che modo questi aspetti ESG interessano l'andamento dell'impresa, i suoi risultati, i rischi che incontra e la sua operatività. Stiamo parlando della Direttiva europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), approvata nel 2022 dall’Unione Europea, e recepita formalmente lo scorso 30 agosto dal nostro governo nella legislazione italiana con un decreto legislativo.
Si tratta da (quasi) ogni punto di vista di una ottima notizia per chi crede nella possibilità di rendere più compatibile con gli aspetti ambientali, sociali e di governance (i famosi criteri ESG) l’azione delle aziende. Ma anche se sono previsti vari passaggi di gradualità per la piena entrata in vigore e applicazione di questa normativa, non c’è dubbio che per le tante aziende che non sono organizzate aumenti il timore di non riuscire a gestire le novità.
A quali aziende si applica la Direttiva CSRD
L’estensione dell’applicazione della Direttiva CSRD riguarda le PMI quotate in borsa, con più di 11 dipendenti (fino a 250), un patrimonio tra i 450.000 e i 25 milioni di euro, e ricavi netti delle vendite e delle prestazioni tra 900.000 e 50 milioni di euro. Parliamo di migliaia di aziende – molte delle quali non hanno mai finora neanche preso in considerazione l’argomento – che dovranno preparare (internamente, o attraverso consulenze esterne) un bilancio di sostenibilità fatto con tutti i crismi e non “tirato via”, rispettoso degli standard europei ESRS, European Sustainability Reporting Standards. E comprendere e sviluppare il non semplice concetto della doppia materialità, cioè l’analisi e la valutazione di come le questioni ESG influenzano le performance finanziarie di un’azienda (materialità finanziaria) e come le attività aziendali impattino su questioni sociali e ambientali (materialità esterna).
Non c’è dubbio che acquisire fino in fondo questi aspetti renderà le imprese più forti, più solide dal punto di vista finanziario, e anche più produttive, oltre che attente all’ambiente e al sociale. Ma non di meno è chiaro che non sarà una passeggiata per tanti imprenditori. Come detto, la novità verrà applicata con una certa gradualità. Dal primo gennaio 2025 l’obbligo riguarderà le aziende con più di 250 dipendenti, fatturato di 50 milioni, stato patrimoniale di 25 milioni (almeno due dei tre criteri). Dal primo gennaio 2026 toccherà alle PMI e alle altre imprese quotate, ma anche alle piccole aziende che sono fornitori di aziende tenute alla rendicontazione di sostenibilità, e fanno parte della loro filiera.
“È stato stimato che la CSRD porterà il numero di imprese obbligate a rendicontare la sostenibilità dalle attuali 208 a circa 7.000, tra quotate e non – chiarisce Anna Doro, coordinatrice Comitato Tecnico Sostenibilità, società benefit e B corp di Assonext, l’associazione italiana delle PMI quotate – Per le PMI quotate che già pubblicano un bilancio di sostenibilità volontario, si tratterà di introdurre le principali novità della Direttiva, ovvero tassonomia, doppia materialità ed ESRS, mentre per le altre sarà invece un salto quantico”.
Ad esempio, ad oggi solo il 25% delle società quotate all’Euronext Growth Milan ha pubblicato almeno un bilancio di sostenibilità, anche se alcune di esse inizieranno a redigerlo con riferimento al 2023, afferma Doro. Anche le PMI non soggette all’obbligo verranno coinvolte quali fornitori o clienti delle grandi imprese obbligate dalla CSRD a fornire i dati ESG della propria catena del valore. La sfida principale per le PMI sarà quella di adottare un sistema di raccolta e misurazione dei dati affidabile e che consenta il controllo delle prestazioni ESG. Secondo Doro, “la CSRD impone alle aziende piccole-medie un cambio di rotta, un impegno di risorse umane, intellettuali ed economico-finanziarie, ma è anche l’occasione per introdurre in azienda quei cambiamenti organizzativi in materia di strategia di lungo periodo, governance e gestione aziendale che non potranno che rafforzarle e farle crescere, specie nel nostro Paese”.
I dubbi di Confartigianato
Non tutti plaudono però alla novità. Come afferma Marco Granelli, presidente di Confartigianato, “apprezziamo ogni tentativo di coinvolgimento delle micro, piccole e medie imprese, che certamente non vogliono restare fuori dal percorso di sostenibilità e che condividono gli obiettivi e le motivazioni che ne stanno alla base. Ma, proprio per questo, è necessaria la massima coerenza e proporzionalità delle azioni e delle misure che impattano su aziende di piccole dimensioni”. Per l’associazione degli artigiani quello dell’Unione Europea è un approccio “pensato per una grande impresa, e appare poco realistico applicarlo a un’azienda di piccole o piccolissime dimensioni”. L’obiettivo di Confartigianato è quello di “scongiurare il rischio di trasferire sulle PMI norme pensate per imprese con caratteristiche totalmente diverse”. Di qui la richiesta di un modello regolamentare “che spinga il sistema produttivo verso l’innovazione, tenendo conto delle caratteristiche delle imprese e prevedendo sostegno agli investimenti per la transizione e aiuti a un consolidamento strutturale”. E che soprattutto, dice il numero uno di Confartigianato, “deve essere affiancato da strumenti che accompagnino le imprese, soprattutto quelle più piccole, per esempio adottando il Next Generation EU come schema generale di sostegno alle politiche industriali, mettendo in campo risorse che favoriscano gli investimenti di adattamento delle imprese”.
Chi offre consulenze e strumenti per gestire gli obblighi CSRD
Come è comprensibile immaginare, per molti imprenditori la novità rappresenta un problema non di poco conto. Una minoranza consistente delle PMI già si erano preparate, tutte le altre si dovranno attivare per capire come funziona la rendicontazione, che tipo di standard di riferimento devono seguire, che tipo di dati devono rendicontare. Vero è che già ci sono imprese che invece annunciano la possibilità di fornire a chi non si è organizzato gli strumenti indispensabili per affrontare la direttiva CSRD. È il caso di Circularity, una startup innovativa e società benefit che offre servizi di consulenza tecnico-strategica alle imprese sui temi della sostenibilità. Come spiega la CEO di Circularity, Camilla Colucci, “ci occupiamo direttamente di supportare le nostre aziende clienti non solo a rispettare le nuove normative entrate in vigore, ma anche a portare avanti i progetti a medio e lungo termine, per continuare a migliorare i propri standard e le proprie performance di sostenibilità. In questa prima fase ci proponiamo come ESG manager delle nostre aziende clienti, per supportarle nella redazione e non solo nella rendicontazione di tutti i dati, ma anche nella stesura del report di sostenibilità. Ovviamente per un’azienda tipica del nostro Paese, dove il tessuto industriale è formato praticamente da piccole e medie imprese, non è semplice: spesso non hanno competenze in materia e per capire cosa fare e come farlo devono mettere da parte il business”. Insomma, i consulenti dovranno supportare le imprese a capire come muoversi prima, con l'obiettivo successivo di permettere loro di internalizzare le competenze, e tendenzialmente risolvere il problema in autonomia. E per questo motivo Circularity ha messo a punto uno strumento digitale, l’ESG Reporting Tool, che ha l'obiettivo di digitalizzare tutta la fase di raccolta dati.
Andrea Zuanetti è co-fondatore di Up2You, una giovane società che studia soluzioni per permettere alle aziende di ridurre il proprio impatto ambientale. Per Zuanetti, “le difficoltà nella redazione di un bilancio di sostenibilità secondo la CSRD sono molteplici: dalla raccolta di dati complessi e diversificati, alla necessità di integrare queste informazioni in modo coerente con le nuove norme sugli standard di rendicontazione (ESRS). Noi consigliamo, anche a chi non deve redigere il bilancio da subito, di iniziare fin da ora a lavorare sulla raccolta e l’organizzazione dei dati. Prepararsi con anticipo offre l'opportunità di gestire con maggiore serenità la transizione e di sfruttare al meglio i benefici derivanti da una rendicontazione sostenibile, senza farsi trovare impreparati all'ultimo momento”.
Giuffrè Francis Lefebvre, azienda che offre servizi editoriali tradizionali e digitali per il settore legale, fiscale e del lavoro ha preparato anche una guida cartacea. Come dice l’amministratore delegato, Stefano Garisto, il gruppo, insieme con GRI (Global Reporting Initiative) e Pascal Durand, Membro del Parlamento europeo e relatore ufficiale della Direttiva, ha progettato la guida CSRD Essentials, che sarà pubblicata sul sito di Giuffrè Francis Lefebvre all’inizio di ottobre.
Come si stanno preparando le aziende italiane
Per Cristina Lupattelli, coordinatrice del Comitato Sostenibilità per il noto gruppo alimentare Colussi, “il cambio di approccio rispetto all’attuale rendicontazione di sostenibilità è radicale. È del 2019 il nostro primo bilancio di sostenibilità, ma con questa nuova direttiva il lavoro da fare è ancora più sfidante poiché introduce requisiti più rigorosi e richiede un impegno significativo anche in termini di investimenti per allinearsi alle nuove normative e soddisfare le crescenti aspettative di stakeholder e società civile, ma siamo certi che rappresenterà un’importante leva strategica di differenziazione non solo in termini di innovazione ma anche in tema di responsabilità sociale, economica e ambientale”.
Davide Trapani, presidente di Edileco, società cooperativa specializzata in costruzioni e ristrutturazioni ecocompatibili fondata nel 2005 in Valle d’Aosta, dice che “alcune piccole e medie imprese hanno già oggi degli asset che le rendono virtuose in termini di sostenibilità. In Edileco, ad esempio, abbiamo scelto di redigere volontariamente il nostro bilancio di sostenibilità, anche se non era richiesto dalla normativa. Credo sia importante che anche per le PMI diventi obbligatorio rendicontare questi aspetti della vita aziendale, sia per dare voce alle esperienze virtuose, sia per poter intraprendere delle scelte sempre più sostenibili. Tuttavia, adottare gli stessi standard di rendicontazione delle grandi imprese potrebbe non essere il metodo più adatto: è necessario che si considerino le specificità delle PMI, individuando dei parametri che possano incorporare questa specificità”.
“In SproutWorld non consideriamo il reporting solo come un compito che richiede risorse, ma anche un vantaggio competitivo e cosi credo sarà per le PMI, almeno quelle piu lungimiranti”, afferma Michael Stausholm, fondatore di SproutWorld, la scale-up che ha inventato le prime matite piantabili al mondo che rinascono in piante, fiori ed erbe aromatiche. “Se un'azienda lavora in modo strategico sul fronte dati, tecnologia, dipendenti, sostenibilità e relazioni con i clienti, garantisce di poter fornire esattamente i prodotti e i servizi che i clienti si aspettano ora, e in futuro. La rendicontazione quindi non dovrebbe essere un problema”. “Si va nella direzione di creare una sorta di ‘garanzia green’ che le aziende potranno far valere con in consumatori ma anche con gli stakeholder – dice Emanuele Colli, amministratore delegato de iLMeteo.it, primo provider italiano per le previsioni del tempo – è un passo avanti importante che ci porta anche a riflettere su come l’attenzione alla sostenibilità significhi anche attenzione nei confronti dei cambiamenti climatici. La sostenibilità, infatti, rappresenta un approccio complessivo per affrontarne e mitigarne le cause e gli effetti. Infine, ci auguriamo solo che gli aspetti burocratici siano leggeri, così come prospettato”.
"L'introduzione della direttiva CSRD è un passo fondamentale verso la trasparenza e la responsabilità aziendale. Come startup che promuove menù digitali, siamo pienamente consapevoli dell'importanza di ridurre l'impatto ambientale. Il nostro impegno è fornire soluzioni sostenibili che aiutino le imprese, in particolare quelle del settore della ristorazione, a fare la loro parte nella transizione ecologica. Crediamo che l'integrazione di pratiche sostenibili sia non solo un dovere, ma anche un'opportunità strategica per il futuro". Alessio Marzo, founder di Leggimenù, la startup che offre un menù digitale gratuito utilizzato da quasi 30.000 ristoranti italiani. "In un contesto sempre più attento all'impatto e alla preservazione del nostro ecosistema trovo corretta la progressiva estensione della rendicontazione di sostenibilità ad un maggior numero di imprese. Di fatto le imprese svolgono una funzione sociale oltre che generare profitto: credo sia corretto che venga posta un’attenzione crescente a questa funzione sociale e al modo in cui si esplica materialmente". Marco Tilesi, CEO e founder di Century21 Italia, branch italiana del colosso americano leader nel real estate.
“La nuova direttiva CSRD è sicuramente un’opportunità positiva, anche se per certi aspetti la sua applicazione potrebbe risultare piuttosto complicata per le PMI”, commenta Ali Benkouhail, fondatore di Human Maple, la startup che ha sviluppato un sistema di raccolta e riciclo dei filtri delle sigarette e delle e-cig in imbottitura. “Sicuramente migliorerà le performance a livello ambientale, ma è inevitabile che dall’altro aumenti il prezzo delle forniture e di conseguenza dei prodotti/servizi in commercio. Per questo sarà importante ragionare in termini di supply chain ‘corta’ ovvero privilegiando realtà quanto più possibile del proprio territorio che hanno sposato concretamente i principi della direttiva valorizzando la loro proposta di valore, che va oltre il prezzo”.
Plaude alla novità Gerard Albertengo, CEO e Founder di Jojob, società che ha messo a punto un innovativo servizio di carpooling per pendolari. "La CSRD - dichiara - rappresenta un importante passo in avanti verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale del settore privato. Il merito della nuova direttiva è quello di ampliare la platea delle aziende coinvolte affinché la consapevolezza sul tema possa diffondersi e affinché sempre più aziende, anche quelle più piccole, avviino un processo di responsabilizzazione e di riduzione del proprio impatto”.
Sulla stessa linea c’è Gloria Mazzoni, presidente di Airbank, azienda leader in Italia nel settore dell'anti-inquinamento e della sicurezza ambientale. “Accogliamo con favore il recepimento della CSRD da parte dell’Italia, un passo cruciale verso la trasparenza e la sostenibilità aziendale. In Airbank, da sempre siamo impegnati a promuovere la responsabilità ambientale e quest’anno abbiamo aggiunto un ulteriore tassello, grazie a un Piano Strategico e alla redazione del primo Bilancio di Sostenibilità”.
Sabrina Passione, CFO del gruppo Grendi, attivo nel settore della logistica e dei trasporti e dal 2021 società benefit, dichiara che ”ci stiamo allenando per introdurre il nuovo modello di rendicontazione extracontabile introdotto con la direttiva CSRD. Come ogni operatore logistico sappiamo quanto sia complesso ridurre le emissioni di gas climalteranti, e sappiamo anche quanto siano crescenti i rischi del cambiamento climatico sulla nostra operatività. È un esercizio non banale che richiede l'introduzione di nuove competenze rispetto alla tassonomia UE per la riclassificazione dei costi operativi e degli investimenti fatti e previsti. Stiamo verificando anche la necessità di supporto esterno e la presenza di eventuali piattaforme cloud per la raccolta e strutturazione dei dati necessari a sviluppare l'analisi dei rischi e delle opportunità collegati con le tematiche di impatto. Per un gruppo di logistica integrata come Grendi è un esercizio oneroso in termini di tempo ed energie che richiederà anche una grande collaborazione con i propri partner e fornitori da cui acquistiamo servizi e prodotti”.
E per Giancarlo Losito, Product & Operations Director di SENEC Italia, azienda che fa parte del gruppo tedesco EnBW e offre prodotti e servizi per la produzione e la gestione dell'energia solare e l’accumulo, “l’adozione di questa direttiva comporterà nuove responsabilità per le aziende, e questo naturalmente causa qualche preoccupazione, legata anche al timore che l’adempimento possa rivelarsi soltanto formale e comporti solo incombenze e nessun vantaggio reale. D’altra parte, la spinta verso la sostenibilità e la responsabilità sociale delle imprese che questa direttiva e la sua adozione in Italia decretano, non può che essere una cosa positiva nel contesto economico, dal momento che indurrà il consumatore a valutare sempre più anche questi aspetti nelle sue scelte di acquisto e gli fornirà degli indicatori chiari sui quali basare le sue valutazioni”.
Immagine: Envato Elements