Anche utilizzando il nuovo indice di circolarità introdotto dalla Commissione europea, l’economia circolare italiana continua a primeggiare tra i paesi europei. Ma al di là delle classifiche, i dati del Sesto rapporto sull’economia circolare in Italia realizzato dal Circular Economy Network (CEN) e da ENEA rilevano un crescente consumo di materia che, per un paese povero di materie prime come l’Italia, significa maggiore dipendenza dall’estero.

Per la prima volta il report di CEN, presentato all’Acquario romano, nella capitale, ha adottato nuovi indicatori per calcolare le performance di circolarità delle cinque maggiori economie dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia). Come l’anno scorso, e non era scontato, l’Italia resta prima con 45 punti di rating. Un risultato figlio soprattutto della percentuale totale di rifiuti riciclati che ha sfiorato il 72%, 8 punti percentuali in più della media europea (64%).

Ma questo primato, secondo Edo Ronchi, presidente del CEN, non può essere un punto d’arrivo. “Investire sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese”, ha dichiarato Ronchi durante la presentazione del rapporto. “Ancora di più per un paese povero di materie prime, caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni.”

Il consumo di materiali cresce e la circolarità non tiene il passo

Il consumo dei materiali in Italia nel 2022 ha raggiunto le 12,8 tonnellate per ogni abitante, per un totale di 810 milioni di tonnellate. Dal report emerge come sia contenuto rispetto alla media europea, ma in crescita dell’8,5% rispetto al 2018. “L’aumento significativo di consumo di risorse necessita di un cambio di paradigma nel modello economico e negli stili di vita che punti sul grande potenziale dell’economia circolare”, ha commentato Claudia Brunori, direttrice del dipartimento Sostenibilità, circolarità e adattamento al cambiamento climatico dei sistemi produttivi e territoriali di ENEA. Il trend è preoccupante e ricalca quello globale, come ricorda Edo Ronchi. Secondo l’ultimo Global Resource Outlook sviluppato dall’International Resource Panel per il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), dal 1970 a oggi la crescita del consumo di risorse è passata da 30 a 106 miliardi di tonnellate, ovvero da 23 a 39 chilogrammi di materiali utilizzati in media per persona ogni giorno. “Purtroppo il tasso di circolarità non riesce a reggere l’aumento del consumo di materiali e quindi in percentuale peggiora, dal 9% del 2019 al 7,2% del 2022”, ha puntualizzato Ronchi.

Per i rifiuti urbani c’è ampio margine di miglioramento

Tra le buone notizie diminuisce la produzione italiana dei rifiuti urbani del 2,1% rispetto al 2018, ma cresce lo spreco alimentare: 140 kg di cibo pro capite. Ad aumentare vistosamente è anche la produzione di rifiuti da imballaggi: +5,8 % rispetto al 2017. Solo la Spagna fa peggio, registrando +13%.

Il report sottolinea come la plastic tax, introdotta dal 2021, rappresenti un ottimo incentivo per sviluppare la filiera del riciclo della plastica. Tuttavia, in Italia l’incenerimento o lo smaltimento di imballaggi in plastica non riciclati hanno comportato nel 2022 un esborso di oltre 800 milioni di euro dalle casse statali. Nel corso degli ultimi cinque anni, la produzione pro capite di rifiuti di imballaggio in plastica è cresciuta del +2,3%, toccando i 38 kg per abitante. Nonostante sia incrementato, il tasso di riciclo non supera il 47%, poco distante dall’obiettivo UE del 50%.

Secondo i dati ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), il tasso di riciclo dei rifiuti urbani complessivo di tutti i materiali si attesta a 49,2%, sostanzialmente in linea con il target fissato dalla Direttiva quadro sui rifiuti al 2020. Una percentuale ancora lontana però dal 55% previsto entro 2025. Allineata con gli obiettivi a lungo termine è invece la Germania che registra uno straordinario 69%.

Rifiuti RAEE: bene il riciclo, male la raccolta

Tra le categorie merceologiche più strategiche il report dedica ampio spazio ai RAEE, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Sebbene l’Italia torni in testa alla classifica europea per il riciclo di RAEE (nel 2021 pari all’87,1%), il tasso di raccolta rispetto all’immesso al consumo rimane ancora fermo al 33,8%, lontano anni luce dal target europeo del 65% che doveva essere raggiunto entro il 2019.

Il sistema di raccolta italiano di telefoni cellulari, tablet, televisori, computer ed altri vari elettrodomestici continua a soffrire la presenza di una zona grigia, fatta di circuiti di gestione non ufficiali. Spinti soprattutto dal caro-materie prime (come ferro, rame e alluminio, i cui valori sono cresciuti rispettivamente del 49%, del 48% e del 42% tra il 2020 e il 2023), i soggetti non autorizzati alla raccolta estraggono dai RAEE le materie più facili senza curarsi dell’impatto ambientale del trattamento. Nel 2023 i tassi di raccolta dei RAEE gestiti dal consorzio Erion WEEE sono calati del 6%.  Quasi 3 milioni di grandi elettrodomestici, tra cui frigoriferi, condizionatori e lavatrici, ogni anno escono dalle case degli italiani e “scompaiono”.

Le PMI protagoniste della transizione circolare

Tra i focus di questo anno ci sono anche le piccole e medie imprese, colonna portante del sistema produttivo italiano. Con un’indagine realizzata tra dicembre 2023 e gennaio 2024 è stato chiesto a 800 piccoli imprenditori un pensiero sulla transizione circolare. Il 65% del campione di PMI intervistate ha dichiarato di mettere in atto pratiche di economia circolare: oltre il doppio rispetto a quanto rilevato nel 2021. Gli interventi realizzati più spesso riguardano l’uso di materiali riciclati (68,2%), la riduzione degli imballaggi (64%), interventi per la durabilità e la riparabilità del prodotto (53,2%).

Rispetto ai principali vantaggi dell’adozione di misure di economia circolare, il 70,4% delle imprese indica la maggiore sostenibilità ambientale, la riduzione dei costi di produzione (61%), la maggiore efficienza (35,6%) e l’impulso all’innovazione (34,2%). L’indagine conferma che le piccole imprese possono svolgere un ruolo di primo piano nella transizione verso un’economia circolare. Ma è necessario che le politiche pubbliche siano maggiormente orientate in questa direzione.

 

Immagine: Envato