La Direttiva CSRD si focalizza in maniera fortemente dettagliata sulla questione climatica, il cui standard di rendicontazione è il più complesso tra quelli pubblicati dall’EFRAG. Il riscaldamento globale è il principale fenomeno di inquinamento della nostra epoca: per questa ragione, a esso è stato riservato uno standard autonomo, l’ESRS E1.
Lo standard ESRS E2, invece, si riferisce a ogni altro fenomeno di inquinamento. Questa separazione fa capire il peso e l’importanza del tema clima, ma non deve portare alla conclusione che le altre forme di inquinamento a cui l’E2 fa riferimento siano trascurabili. Si parla, infatti, di tutti i casi di inquinamento atmosferico, dell’acqua e del suolo, oltre che alla generazione di microplastiche a specifici focus rispetto alle caratteristiche dei prodotti chimici utilizzati dall’azienda chiamata a rendicontare. Tutte tematiche strettamente connesse tanto alla salute delle persone quanto a quella degli ecosistemi.
Come funziona lo standard ESRS E2
Come vengono trattati questi contenuti tra loro molto eterogenei? Per prima cosa, come per tutti gli altri standard di rendicontazione (non solo ambientali), la Direttiva CSRD chiede di individuare sia gli impatti generati dall’azienda (per es. l’emissione di particolato nell’aria), sia i rischi e le opportunità identificate dalla stessa azienda e provenienti da fattori esterni (per es. l’evoluzione della normativa di settore: si pensi al REACH o alla Direttiva UE sulle emissioni delle attività industriali e degli allevamenti). Impatti, rischi e opportunità devono essere valutati lungo l’intera catena del valore dell’azienda.
Come individuare e gestire i temi rilevanti connessi all’inquinamento ai fini della rendicontazione? Per quanto attiene alla loro identificazione, la presenza di autorizzazioni ambientali che richiedono il controllo dei limiti di emissione di alcuni inquinanti rappresenta un fortissimo indizio rispetto alla rilevanza in termini di impatto. Inoltre, per realtà che hanno rilevanti sistemi di logistica, non affrontare l’aspetto legato alle emissioni dovute ai trasporti sarebbe difficilmente giustificabile.
Una volta svolto questo passaggio, lo standard E2 domanda, per quanto concerne le metriche, di quantificare in termini di peso le emissioni degli inquinanti rilevanti. Si tratta di un punto importante: lo standard non chiede esplicitamente di comunicare se sono stati rispettati i limiti normativi per gli inquinanti selezionati come rilevanti (anche perché, per quelli relativi alla logistica non è presente questo parametro, e ciò avrebbe creato un elemento di disallineamento). Per quale ragione è stato scelto, invece, il parametro del peso? Perché esso può esprimere in maniera efficace l’andamento della performance di un’azienda rispetto all’emissione di un singolo inquinante, andando oltre il rispetto della compliance. Inoltre, per quanto non richiesto dallo standard, questa impostazione pone le basi per identificare specifici KPI con i quali migliorare la lettura e la gestione dei processi responsabili di forme di inquinamento.
I prodotti chimici
Una sezione consistente dello standard E2 si concentra sui prodotti chimici. In particolare, viene richiesto di riportare in termini di peso il totale delle sostanze estremamente preoccupanti (in base a quanto stabilito dal Regolamento REACH) e preoccupanti (con riferimento alle indicazioni di pericolo del Regolamento CLP). Di nuovo, non si tratta solamente di scattare una fotografia rispetto alla maturità dell’azienda nella scelta dei prodotti chimici con minori impatti sull’ambiente e sulla salute: il lavoro annuale di rendicontazione permetterà di valorizzare gli sforzi delle aziende volti alla riduzione delle quantità di queste sostanze utilizzate nelle lavorazioni, a garanzia dell’allineamento con la Strategia UE per la chimica sostenibile.
Come gli altri standard di rendicontazione, anche l’ESRS E2 chiede di comunicare la presenza di politiche, azioni e obiettivi specifici, in questo caso su tutte le forme di inquinamento ritenute rilevanti dall’impresa, e il loro livello di estensione nella catena del valore aziendale. Anche in questo caso, come in tutti gli altri ambiti di rendicontazione sotto il cappello della CSRD, ciò che è richiesto non è la completa dotazione di piani dettagliati e politiche specifiche, ma la trasparenza nel comunicare la presenza o l’assenza dei contenuti identificati dallo standard, con la possibilità di giustificare eventuali mancanze (perché uno specifico aspetto non è direttamente controllabile dall’azienda, perché si trova molto lontano in ottica di catena del valore, ecc).
Lo standard E2 rimane quindi un riferimento per poter pianificare azioni incisive volte alla riduzione delle forme di inquinamento causate dall’impresa, senza alcuna forma di obbligatorietà, bensì nei termini di opportunità, considerando il fatto che le richieste degli standard della CSRD rappresentano la grammatica con la quale le imprese europee parleranno di sostenibilità nei prossimi anni.
Immagine: Envato