A due giorni di distanza dalla nomina di Roberta Metsola a presidente del Parlamento europeo, giovedì 18 luglio 2024 l’emiciclo dovrà votare per la fiducia alla presidente della Commissione europea uscente Ursula von der Leyen, promotrice del Green Deal europeo. Von der Leyen avrà bisogno di una maggioranza semplice di 361 preferenze (sono 720 i seggi in questa legislatura). Mentre sembra garantito il sostegno dei deputati del Partito popolare europeo (PPE), dei Socialisti e democratici (S&D) e di Renew – a scanso di franchi tiratori, visto il voto segreto – per mettere al sicuro la nomina sarà fondamentale il sostegno dei Verdi europei (o in alternativa dei conservatori di ECR, guidati da Giorgia Meloni, che chiede altrettante garanzie).

A poco ore dal voto che deciderà la guida dell’esecutivo UE, ne abbiamo parlato con l’europarlamentare dei Greens/EFA Cristina Guarda, capolista dell'Alleanza Verdi-Sinistra italiana nel collegio nord-orientale durante le scorse elezioni. Guarda (34 anni) è imprenditrice agricola e negli ultimi nove anni ha lavorato come consigliera della Regione Veneto rappresentando Europa Verde. Al centro delle sue battaglie ecologiste la lotta all’avvelenamento da PFAS, agricoltura e prevenzione sanitaria. Guarda si definisce “da sempre attiva nel dialogo interculturale e interreligioso, nel volontariato per la salvaguardia delle persone più emarginate e degli animali, per la promozione della pace, dell’ecologia integrale e dell’etica d’impresa”.

Parliamo subito dell’elefante nella stanza: a quali condizioni i Verdi europei sosterranno domani il nuovo mandato di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione UE?

Una parte dei Verdi ha già deciso come si posizionerà domani. Noi, nella delegazione italiana insieme ad altri, preferiamo prima leggere il documento che verrà pubblicato domani mattina alle otto. Solo allora avremo chiarezza sui nuovi obiettivi del Green Deal, che Ursula von der Leyen ci ha promesso nelle sue dichiarazioni. Ci aspettiamo una forte presa di coscienza riguardo al fattore tempo, spesso ignorato. Non abbiamo più tempo per agire, e gli obiettivi per il 2030 non sono adeguati nemmeno all'Accordo di Parigi. Vogliamo almeno un adeguamento a tali accordi e inoltre un allineamento con ciò che la scienza oggi ci indica come prioritario, sia in termini di obiettivi che di finanziamenti strategici. Questi sono aspetti fondamentali e strutturali per noi per capire se lavoreremo seriamente sulla transizione verde, sulla difesa della popolazione, del comparto economico e della sicurezza dei cittadini europei in relazione alla crisi climatica. Il secondo punto fondamentale su cui ci baseremo nell'analisi del documento domani è la chiarezza sui diritti umani. Abbiamo necessità di certezza che la maggioranza lavorerà senza se e senza ma per la difesa dei diritti dei cittadini europei e non solo.

Quale dovrà essere il ruolo del nuovo esecutivo rispetto a questo secondo punto?

Pensiamo alla questione palestinese: oggi abbiamo ribadito la nostra posizione a favore di politiche che promuovano la diplomazia per la pace, invece di concentrarsi esclusivamente sulla fornitura di armi. Siamo anche preoccupati per i diritti fondamentali. In Italia, abbiamo a che fare con un governo che sta limitando la libertà di stampa e mettendo a rischio la libertà di opinione dei cittadini e di chi non condivide le idee della maggioranza al governo. Non possiamo accettare alleanze con soggetti politici che violano questi diritti fondamentali.

Il cosiddetto “cordone sanitario” delle forze centriste ed europeiste continua a escludere dalla leadership del Parlamento europeo i deputati della destra radicale. Tra i 14 vicepresidenti eletti il 17 luglio, figurano solo due esponenti dei Conservatori e riformisti europei, inclusa Antonella Sberna di Fratelli d'Italia. Non vi è stato supporto invece per esponenti appartenenti al gruppo Europa delle Nazioni sovrane né i Patrioti per l'Europa – a cui ha aderito la Lega – pur essendo il terzo gruppo più numeroso dell'Europarlamento. “Noi consideriamo questo ‘cordone sanitario’ una follia, un cordone sanitario si fa quando si deve isolare un virus”, ha commentato l’eurodeputata leghista Ceccardi subito dopo il voto di ieri. Che ne pensa?

Non vorrei passasse l’idea che questo serva semplicemente per arginare una parte politica. Il cordone sanitario serve per difendere questioni sostanziali come la lotta alla crisi climatica e la difesa dei diritti umani e fondamentali, indipendentemente dal partito politico, governo o maggioranza che minacci le libertà e i diritti dei cittadini dentro e fuori l'Europa. È importante non normalizzare la violazione dei diritti umani, come sta accadendo in Italia, dove le questioni, come quella palestinese, rischiano di passare in secondo piano rispetto alle priorità di un singolo governo. L'obiettivo non è semplicemente escludere un partito o un altro, ma difendere gli obiettivi politici democratici e proteggere i cittadini dall'impatto devastante dell'aumento delle temperature sulla nostra vita. Tra pochi anni non avremo più le risorse naturali per continuare a vivere come ora. Questa è la battaglia sostanziale che dobbiamo affrontare.

La corsa agli armamenti non rischia di distogliere risorse alle politiche per il clima?

Abbiamo bisogno di ricordare che, negli ultimi cinque anni, l'Europa non ha investito quasi 400 miliardi per il Green Deal, la transizione energetica, l'evoluzione della strategia industriale e la strategia di adattamento e mitigazione per contrastare la crisi climatica. È importante discutere anche di questi numeri, non solo di quelli necessari per la difesa. Alcune fazioni politiche e aree geografiche europee stanno cercando di utilizzare i fondi non solo per contrastare la crisi climatica, ma anche per lo sviluppo dei territori. Penso ai fondi di coesione, che rischiano di essere spostati per aumentare le spese militari e di difesa.

Ha chiesto di far parte della Commissione per lo sviluppo regionale (REGI) proprio per affrontare queste questioni?

L’ho scelta per la mia esperienza di nove anni in Consiglio regionale, lavorando a stretto contatto con i cittadini delle aree marginali del Veneto e del Nord-Est. Ho notato come i fondi di coesione siano spesso usati per grandi opere non concertate con i cittadini, che invece necessitano di servizi sociali adeguati, specialmente in zone come il bellunese, l'Altopiano dei Sette Comuni [di Asiago] e la Lessinia. In risposta alla mancanza di servizi essenziali per giovani famiglie e persone anziane, mi sono sentita responsabile di intervenire negli affari regionali in Veneto. Ho proposto strategie economiche per sviluppare filiere adeguate, offrendo speranza e opportunità di lavoro. Ho difeso priorità come la sanità pubblica, i servizi sociali e il trasporto locale, cercando di promuovere attività cooperative e garantire lo sviluppo in quei territori.

Tornando allo sviluppo dei territori, la neoeletta vicepresidente del Parlamento UE Pina Picierno (S&D) durante un punto stampa qui a Strasburgo ha proposto di istituire un ufficio di rappresentanza del Parlamento europeo nel Mezzogiorno. A oggi vi sono rappresentanze solo a Roma e a Milano. Cosa ne pensa?

Credo che sia importante garantire l'accessibilità alle nostre istituzioni da parte di tutti i cittadini in maniera uguale. Facilitare la partecipazione per noi è sostanziale, quindi sicuramente valuteremo con grande attenzione questo tipo di iniziativa.

 

Immagini: Cristina Guarda