Forniture di gas a rischio, costruttori di auto che interrompono la produzione e costi di trasporto alle stelle. I Missili dei ribelli Houthi contro le navi mercantili nel Mar Rosso stanno ridisegnando le rotte del commercio navale mondiale, con gravi conseguenze sull’import ed export di diversi Paesi.

Come ritorsione contro l’invasione israeliana della Striscia di Gaza, il gruppo armato sciita che controlla buona parte dello Yemen ha colpito con missili balistici oltre 30 navi cargo nelle ultime 6 settimane. I bombardamenti di Stati Uniti e Gran Bretagna contro le postazioni militari usate dai ribelli Houthi in Yemen non hanno alleviato le tensioni.

Dal Mar Rosso e dal Canale di Suez passa la maggior parte delle merci che vengono spedite tra Europa e Asia e tra Asia e America. Ogni anno viaggia su questa rotta il 30% dei container e il 12% delle merci globali, compreso l’8% del grano, il 12% del petrolio e l’8% del gas naturale liquefatto trasportati via mare.

Le compagnie petrolifere sospendono le rotte

Gli attacchi sono iniziati il 19 novembre e, dopo solamente un mese, cargo dal valore di 80 miliardi avevano già deciso di circumnavigare il Capo di Buona Speranza piuttosto che passare dal Golfo di Aden e il pericoloso stretto di Bab el-Mandeb. Allungando il tragitto, a seconda del tipo di mercantile, il viaggio dura 12-15 giorni in più, e da Singapore si devono percorre 5.920 chilometri per giungere l’Europa. Inoltre, viste le tonnellate di carburante in più da bruciare, i prezzi per le imprese sono quasi triplicati: da 1.373 a 5.213 dollari per Shanghai-Genova. Secondo il Kiel Institute for the World Economy, i flussi di container nella rotta del Mar Rosso a gennaio sono addirittura scesi sotto il 70% dei volumi consueti in questo periodo.

Durante il World Economic Forum di Davos il CEO della compagnia petrolifera Shell, Wael Sawanha, ha dichiarato al Wall Street Journal che l’azienda avrebbe sospeso a tempo indeterminato tutte le spedizioni che transitano per il mar Rosso. “Oltre alla merce, in pericolo c’è anche l’equipaggiamento”, ha detto Sawan ricordando un attacco del gruppo yemenita a una nave di Shell a dicembre. Intanto anche British Petroleum e QatarEnergy ‒ che trasporta gas liquefatto ‒ hanno sospeso temporaneamente le tratte.

Le conseguenze della crisi del Mar Rosso sull’Italia

Le tensioni potrebbero minare anche l’import italiano di gas. “La situazione nel Mar Rosso è di massima allerta – avverte il presidente di Federpetroli Michele Marsiglia ai microfoni dell’agenzia di stampa LaPress ‒  Con lo stop delle navi dal Qatar in Italia c’è il rischio di una mancanza di 7,8 miliardi di metri cubi di gas.

Secondo Marsiglia se la situazione nel Canale di Suez dovesse continuare per mesi rischiamo di esaurire gli stoccaggi di gas e avere nuovamente problemi. I prezzi energetici non sono ancora esplosi come accadde dopo l’invasione russa in Ucraina. Eppure, se il conflitto dovesse continuare, non è da escludere una nuova crisi energetica.

Lo stop produttivo di Tesla e Volvo

Ma non ci sono solo le catene di approvvigionamento delle materie prime energetiche a soffrire. Anche le case automobilistiche Tesla e Volvo hanno annunciato la sospensione di parte della produzione a causa della carenza di componenti.

"I conflitti armati nel Mar Rosso e i relativi spostamenti nelle rotte di trasporto tra Europa e Asia attraverso il Capo di Buona Speranza stanno avendo un impatto sulla produzione a Gruenheide", ha dichiarato Tesla facendo riferimento alla sua unica gigafactory di Berlino. La sospensione è programmata tra il 29 gennaio e l’11 febbraio. Le tempistiche di trasporto troppo lunghe disconnettono e creano gap nella catena del valore, tuttavia l’azienda di Eleon Musk non ha specificato quali siano i componenti in questione. Storia simile è quella di Volvo Car, automaker di proprietà della cinese Geely, che sospenderà la produzione del suo stabilimento belga di Ghent per tre giorni a causa di un ritardo nella consegna dei cambi.

Tra i beni che hanno subito rallentamenti nelle spedizioni ci sono anche pannelli solari, batterie per veicoli elettrici, giocattoli e aspirapolvere. Secondo l’agenzia di valutazione del rischio globale Moody’s questa merce rappresenta quasi un quinto di quella che attraversa il Maro Rosso per giungere nei porti statunitensi.

 

Immagine: Ian Simmonds, Unsplash