Dopo un 2024 in cui i prezzi globali dei prodotti agricoli è sceso del 2,1%, le previsioni per l’anno appena iniziato sembrano confermare una ulteriore caduta dei prezzi. Potrebbe essere una buona notizia per i consumatori, o forse una pessima per i paesi produttori delle principali commodities agricole, a cominciare da quelli più poveri o legati a produzioni monocolturali indirizzate all’esportazione. Detto questo, sul futuro del cibo destinato a nutrire l’umanità pesano alcune incognite naturali e geopolitiche.
In primis il cambiamento climatico, naturalmente, con possibili conseguenze globali impreviste e imprevedibili. Ma, secondo gli esperti, il punto principale di incertezza nasce dall’imminente inizio della presidenza di Donald Trump. Il nuovo inquilino della Casa Bianca − che in questi giorni spara ad alzo zero dichiarazioni esplosive, come quelle sull’annessione agli USA del Canada e della Groenlandia − ha già proposto o minacciato il ricorso a dazi generalizzati sui beni importati negli Stati Uniti. Una o più guerre commerciali, con la Cina o con l’Unione Europea o con chiunque gli passi per la mente, potrebbero influire drammaticamente sui flussi globali e sui prezzi delle materie prime alimentari.
L’indice dei prezzi alimentari di dicembre della FAO
Ma partiamo dalla fotografia della situazione dell’anno che si è appena concluso, come viene descritta a livello planetario dalla FAO, la Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite. Per il 2024, l’indice dei prezzi alimentari FAO FFPI ha registrato un valore medio di 122 punti, con un calo del 2,1% rispetto al valore del 2023. Una discesa dovuta al forte calo delle quotazioni per i cereali e per gli zuccheri, che è stato in parte compensato dall’aumento dei prezzi (trainati dalla domanda) per alcuni prodotti, come gli oli vegetali, i latticini e le carni. Nel mese di dicembre, va detto, l’indice si è attestato a 127 punti, ben 33,2 al di sotto del picco massimo toccato nel marzo del 2022 (con un calo del 20,7%), ma anche quasi il 7% in più rispetto al dicembre del 2023, e registrando il primo aumento dopo 36 mesi di discesa.
Guardando ai singoli settori, per i cereali l’indice FFPI ha registrato una media di 113,5 punti, segnando una forte discesa del 13,3% rispetto al 2023. I prezzi del grano sono rimasti stabili, con un equilibrio tra la bassa domanda internazionale e l’aumento dell’offerta stagionale in Argentina e Australia, compensato dalle condizioni sfavorevoli per le colture invernali in Russia. I prezzi del mais hanno registrato un leggero rialzo, sostenuti da una maggiore domanda e da scorte limitate negli Stati Uniti. Anche i prezzi del riso sono calati dell’1,2%, con una riduzione delle quotazioni di riso Indica e profumato dovuta al rallentamento della domanda.
In discesa del 13,2% i prezzi medi dello zucchero nel 2024, a causa della produzione record in Brasile e al rafforzamento del dollaro rispetto al real. Come detto, in crescita del 9,4% i prezzi medi degli oli vegetali: in ribasso i prezzi di soia, colza e olio di girasole, compensati solo in parte dall’aumento del 2% dell’olio di palma. Più 2,7% annuo per le carni: i prezzi della carne bovina e ovina sono aumentati, sostenuti da una forte domanda e da limitazioni produttive stagionali, mentre quelli della carne suina e avicola sono diminuiti. Più 4,7% per i latticini nel 2024, grazie soprattutto alla domanda globale di burro.
Banca Mondiale: 2025 anno di ribassi
Secondo il recente Commodity Markets Outlook della Banca Mondiale, il 2025 sarà un anno di ribassi per i prodotti agricoli: -4% nel 2025 e stabilizzazione nel 2026. Dopo il -21% del 2024, calerà ancora il prezzo del frumento, così come quello del mais, che quest’anno ha fatto registrare un -26%. Per il prezzo del riso si prevede un calo dell’11%, dopo il +8% di quest’anno, per via dell’aumento della produzione mondiale. Salirà anche la produzione di soia, con un’ulteriore riduzione del prezzo del 6%. Costeranno meno i coloniali, dopo che nel 2024 sono stati registrati aumenti fino al 58%. In generale, il calo dei prezzi delle materie prime alimentari dovrebbe migliorare l’accessibilità economica del cibo nei mercati emergenti e nei paesi in via di sviluppo.
Certo è che le previsioni potrebbero essere drasticamente smentite. Abbiamo già citato i rischi climatici ma, come ha spiegato alla agenzia di stampa internazionale Bloomberg l’economista della FAO Monika Tothova, “ci sono molte incertezze, e la futura direzione delle politiche è una di queste”. E la Banca Mondiale avverte che la relazione fra i prezzi globali delle materie prime e l’insicurezza alimentare è sempre più complicata da crisi locali legate a conflitti, disastri naturali e shock economici.
L’incognita Donald Trump sul prezzo del cibo
Il fattore di incertezza più forte ha un nome e un cognome: quello di Donald Trump. Non c’è il minimo dubbio che rialzi delle tariffe e dei dazi, per non parlare di guerre commerciali, possono avere un effetto quasi immediato sui prodotti alimentari a livello globale. Lo dicono chiaramente due economisti di Rabobank, Carlos Mera e Oran van Dort, nel rapporto che la banca nederlandese ha pubblicato lo scorso dicembre. “Le politiche della nuova amministrazione statunitense e le risposte di altre potenze, in particolare Cina ed Europa, influenzeranno le prospettive per il 2025”, si legge nel report. “Considerando lo scenario di una guerra commerciale, i margini di agricoltori e trasformatori alimentari saranno sotto pressione in momenti diversi, a seconda dei paesi e delle materie prime.”
Incognite derivano anche dalle possibili decisioni o proposte di decisione del nuovo segretario alla Sanità, il novax Robert F. Kennedy Jr., che a suo tempo ha annunciato di voler agire contro “Big Food”, contro gli oli di semi, lo sciroppo di mais e i coloranti artificiali, e quelle del futuro segretario all’Agricoltura, Brooke Rollins, che è il capo dell’America First Policy Institute e regolamenterà i sussidi agli agricoltori e i programmi alimentari federali. Problemi possono nascere anche dall’Unione Europea, come è il caso dell’accordo commerciale con il blocco del Mercosur, con l’ostilità dei produttori europei a dare più accesso ai prodotti che vengono dall’America Latina.
E infine, non c’è dubbio che altre tensioni specifiche riguardino le incerte prospettive sulle disponibilità di cacao e caffè. I prezzi del cacao sono quasi triplicati a causa di problemi climatici (siccità, piogge e persino uragani) nei raccolti in alcuni paesi produttori chiave in Africa, mentre i chicchi di caffè arabica premium sono aumentati del 70% per le preoccupazioni sul raccolto in Brasile, raggiungendo entrambi livelli record. Sia per il caffè che per il cacao gli aumenti dei prezzi non si sono ancora completamente scaricati sui prezzi sugli scaffali dei supermercati.
Immagine: Envato