Dal 2015, le transazioni cashless, cioè senza uso di contante, in Italia sono triplicate, passando da 174 miliardi di euro a 471 miliardi nel 2025. Acquistare beni o servizi con pagamenti elettronici, come carte di debito o credito, è un’abitudine sempre più diffusa, tanto che oggi le transazioni cashless valgono il 40% dei consumi delle famiglie, contro il 17% del 2015.
Inoltre, per la prima volta in dieci anni, l’Italia è uscita dal cluster delle 30 peggiori economie secondo il Cash Intensity Index, un modello che analizza l’incidenza del contante nelle principali economie globali. In questa classifica, l’Italia è oggi al 31° posto, con un miglioramento di 3 posizioni rispetto a 2024 (in cui era 28°).
A dirlo è il report Verso un’Italia cashless: il bilancio di 10 anni e cosa resta da fare per cittadini, imprese ed esercenti, prodotto dall’osservatorio della Community Cashless Society di TEHA Group, che l’ha presentato durante la 10° edizione del Forum della Community svoltosi il 3 aprile a Cernobbio, sul lago di Como.
Questi dati riflettono un cambiamento graduale e progressivo delle abitudini di cittadini, esercenti e aziende italiane, che si traduce in una forte crescita della filiera industriale dei pagamenti senza contante, che nel 2023 ha generato 16,8 miliardi di euro di fatturato (+104,9% vs. 2014), con oltre 34.400 occupati (+20,8% vs. 2014).
I benefici dei pagamenti cashless
Secondo il monitoraggio presentato al forum, gli strumenti di pagamento cashless rivestono un ruolo sempre più centrale per il business e la società, consentendo di movimentare denaro in modo tracciabile e sicuro. Tra i vantaggi dei pagamenti elettronici, vi è la maggiore sicurezza delle transazioni, la riduzione dei costi del contante, l’emersione dell’economia sommersa e lo stimolo ai consumi e al commercio.
Un altro beneficio è quello ambientale: secondo i dati di TEHA Group, una transazione senza contanti risulta il 72,4% meno inquinante di una in contanti. Pertanto, dal 2015 al 2023 i pagamenti cashless hanno permesso in Italia il risparmio di oltre 250 milioni di kg di CO2. L’impatto ambientale del contante è dovuto soprattutto ai trasporti, che corrispondono a circa l’84% delle emissioni totali.
In Italia, però, permane ancora un forte attaccamento al contante, con conseguenze anche sull’impatto ambientale: il paese si trova infatti al secondo posto in Europa, dopo la Germania, per le emissioni totali di CO2 generate dai pagamenti in contante, con oltre 160,8 mila tonnellate di CO2, circa 2,7 kg per abitante (dati del 2024).
Per ridurre ulteriormente l’impatto ambientale delle attività inerenti ai pagamenti, la Community ha proposto anche di dematerializzare lo scontrino cartaceo. Questo verrebbe sostituito da un documento commerciale in formato totalmente digitale, a partire dai pagamenti con carta, per poi essere esteso ai commercianti con volume d’affari inferiore ai 400.000 euro. Gli scontrini digitali in Italia esistono già, tuttavia per ottenerli è spesso necessario fornire dati personali e scaricare specifiche app. Va anche ricordato che la carta termica degli scontrini non è riciclabile.
Le criticità del panorama italiano
Nonostante i miglioramenti, l’attuale livello di Cash Intensity Index italiano rimane più alto dell’1,6% rispetto alla media europea. Inoltre, ai tassi di crescita italiani ed europei attuali, l’Italia si allineerebbe al valore europeo di transazioni pro capite con carte di pagamento solo nel 2038.
Per di più, in Italia l’economia sommersa riveste ancora un forte peso, pari a 201,6 miliardi di euro nel 2022, secondo un’elaborazione di TEHA Group su dati ISTAT. Critici anche i dati sul VAT gap, cioè la differenza tra i tributi che dovrebbero affluire alle casse dello stato e quelli effettivamente pagati. Infatti, il VAT gap italiano è il più alto d’Europa, pari a 16,3 miliardi di euro, il 18,3% del totale UE.
In copertina: immagine Envato