Una delle introduzioni indubbiamente più rilevanti determinate dalla CSRD, la direttiva europea che rende obbligatoria la rendicontazione degli impatti ESG per le aziende europee di grandi dimensioni e per le PMI quotate, è l’attenzione rivolta alle tematiche di biodiversità, per le quali è stato predisposto uno standard di rendicontazione tematico (lo European Sustainability Reporting Standard E-4, rilasciato, come gli altri ESRS, dall’EFRAG). Non si tratta di una novità assoluta, poiché anche gli standard precedentemente utilizzati per la rendicontazione di sostenibilità (i GRI) comprendevano quest’area di impatto. Tuttavia, in ambito CSRD le richieste diventano certamente più strutturate e anche domandate in forma di metrica.
Perché la biodiversità è importante per un’azienda? E soprattutto, perché non si tratta di una questione astrattamente ideologica? Perché difendere gli equilibri degli ecosistemi significa preservare le condizioni in cui le comunità umane possono vivere in sicurezza. Tra esse, avere la garanzia che il tasso di consumo di risorse non superi i limiti planetari, per rendere realmente sostenibile il modello di sviluppo. Ciò ricordato, vediamo cosa chiede la CSRD alle aziende in materia di biodiversità.
Direttiva CSRD e biodiversità, le richieste alle aziende
Come per le altre aree di impatto ambientale, la richiesta è quella di presentare la propria strategia, gli impatti, i rischi, le opportunità e le loro modalità di gestione, le azioni e gli obiettivi (queste ultime due voci supportati da metriche ad hoc) rispetto alla biodiversità. Tutto sull’orizzonte della catena del valore aziendale (aspetto fondamentale nella CSRD) e sempre con la metodologia della doppia materialità (nella quale si considerano sia gli effetti generati da un’azienda sui suoi stakeholder, che quelli provenienti dall’esterno e subìti).
Se per altre tematiche ambientali c’è più abitudine a considerare questi aspetti, quando si parla di biodiversità ci sono molte novità da tenere in considerazione. Per esempio, all’azienda è chiesto di descrivere la resilienza del proprio modello aziendale in relazione alla biodiversità, ovvero quanto esso sia dipendente dai servizi ecosistemici e in che modo la variazione di questi ultimi potrebbe negativamente impattare la continuità del business (ragionando, si ricorda, sempre nell’ottica della catena del valore).
Inoltre, l’impresa è chiamata a mappare i siti delle attività proprie per valutare se alcuni di essi incidono negativamente sulle aree sensibili sotto il profilo della biodiversità e se a valle di questa mappatura è emersa la necessità di attuare misure di mitigazione della biodiversità. Se giunge alla conclusione di impattare direttamente su fattori legati alla biodiversità, l'impresa comunica le metriche che permettono di quantificare gli effetti sulla biodiversità. Tale quantificazione è, naturalmente, molto più complessa del calcolo delle tonnellate di CO2 emesse o dei m3 di acqua consumata.
Le grandezze indicate dalla CSRD riguardano: la qualità degli ecosistemi rispetto a uno stato di riferimento predeterminato; i cambiamenti nella configurazione spaziale del paesaggio (per esempio, la frammentazione degli habitat); i cambiamenti nella connessione strutturale degli ecosistemi (per esempio, la permeabilità dell'habitat in base alle caratteristiche fisiche e alla disposizione dei diversi habitat); la connessione funzionale (per esempio, il grado di influenza su quanto i geni o gli individui si muovono attraverso la terra e le acque).
La biodiversità non è solo rendicontazione
Non si tratta, in tutta evidenza, di valutazioni semplici: il ricorso a tool specifici pare obbligato, laddove un’azienda stabilisca di avere impatti significativi sulla biodiversità. E i contenuti descritti in questo articolo rappresentano solo in parte le richieste di disclosure della CSRD rispetto alla biodiversità.
Ma a questo punto va ricordata qual è la finalità della CSRD, ovvero chiedere alle aziende trasparenza rispetto alla gestione dei propri impatti e gradualità nell’attività di reporting. Non a caso, nei primi due anni in cui redigono una dichiarazione sulla sostenibilità, le imprese che alla data di chiusura del bilancio non superano il numero medio di 750 impiegati durante l'esercizio finanziario non sono obbligate a riportare informazioni rispetto alle tematiche di biodiversità che le interessano.
Non si dimentichi, inoltre, che le metriche sono riferite agli impatti propri, mentre le valutazioni nella catena del valore rimangono a livello qualitativo. Ciò non significa che tali informative non siano comunque rilevanti: si pensi a elementi del Green Deal come il Deforestation Act o la Nature Restoration Law, che agiscono sul tema della biodiversità e richiedono alle imprese iniziative specifiche (peraltro, armonizzate rispetto alle richieste della CSRD). La biodiversità non è solo un tema di rendicontazione, ma anche di azione, spinta da una legislazione specifica e consapevole che la salute degli ecosistemi è un fattore necessario per la continuità (in sicurezza) delle attività umane.
Immagine: Unsplash