L’Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l’ambiente (ENEA) è impegnato in una serie di progetti di ricerca nei settori dell’agricoltura e dell’alimentazione che puntano al riutilizzo degli scarti agroalimentari, alla riduzione degli sprechi di cibo, al contrasto delle frodi e al dimezzamento dell’uso di pesticidi.

Alimenti da forno con scarti agroalimentari

Nuovi prodotti da forno a elevato valore aggiunto realizzati con l’utilizzo di proteine e molecole benefiche ricavate da scarti dell’industria agroalimentare: è l’obiettivo del progetto PROVIDE, che conta su un finanziamento di circa 1 milione di euro e vede la partecipazione di un consorzio di sei partner internazionali, tra cui ENEA.

I ricercatori coinvolti in PROVIDE (Protein and biomolecules sources for nutritional security and biodiversity of bakery products in a circular food system) sono al lavoro su nuovi ingredienti provenienti da scarti lattiero-caseari, settore che conta su una produzione annua tra i 180 e i 190 milioni di tonnellate, semi oleaginosi e residui di fermentazione della birra, la cui produzione annua supera i 40 milioni di tonnellate.

Come afferma Claudia Zoani, ricercatrice ENEA, "a oggi abbiamo concluso due attività strategiche per il progetto, ossia l'identificazione e l’estrazione delle molecole e le attività dei focus group nei diversi Paesi finalizzate a valutare l’accettabilità dei nuovi prodotti da parte dei consumatori. Sono ora in corso le prove di panificazione e la caratterizzazione dei nuovi prodotti da forno in termini di qualità e sicurezza alimentare”.

Frutta e verdure fresche più a lungo col rivestimento biobased

Accanto alla produzione di alimenti da scarti agroalimentari, l’Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l’ambiente, insieme all’Università degli studi di Salerno (Dipartimento di ingegneria industriale), è impegnato nello sviluppo di un nuovo rivestimento antimuffa a basso costo da applicare direttamente su frutta e verdura per mantenerne inalterate qualità e proprietà nutrizionali fino a dieci giorni.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nanomaterials, si è concentrata su uno speciale film protettivo trasparente, commestibile, inodore e insapore, fatto di nanocompositi naturali a base di pectina, addensante naturale estratto dalla buccia di mele, e di olio di semi di pompelmo, dalle proprietà antimicrobiche, che viene incapsulato in nanotubi di silicato di alluminio. Per testare questo biorivestimento alimentare, il gruppo di ricerca ha scelto un frutto particolarmente deperibile, come la fragola. I risultati ottenuti in termini di conservazione del prodotto sono stati molto incoraggianti, soprattutto nel caso del film protettivo che conteneva la maggiore concentrazione di olio di semi di pompelmo.

Un laser portatile contro le frodi alimentari

Si chiama FoodSensor ed è un dispositivo laser portatile messo a punto da ENEA per segnalare eventuali frodi alimentari in meno di cinque minuti grazie a un’interfaccia user friendly con un sistema a semaforo con luce verde, gialla e rossa. L’efficacia di FoodSensor è stata testata sullo zafferano, una spezia molto pregiata che spesso viene frodata con l’aggiunta di tartrazina, un colorante giallo sintetico utilizzato dall’industria alimentare, oppure con la curcuma per il suo caratteristico colore.

“Quello delle erbe e delle spezie è un importante segmento del mercato alimentare che ha un giro d’affari valutato in circa 4 miliardi di dollari. E lo zafferano è il quarto alimento, in ordine di grandezza, a essere bersaglio di frode, dopo l’olio di oliva, il latte e il miele”, spiega Luca Fiorani, ricercatore ENEA del Laboratorio Diagnostiche e Metrologia presso il Centro Ricerche di Frascati, che prosegue: “Si tratta di un sistema sicuro, semplice da usare anche da personale non esperto e trasportabile con una valigetta a mano. Per rilevare eventuali sofisticazioni basta inserire nel dispositivo un piccolo campione dell’alimento senza pretrattamento né reagenti chimici”.

Per i test di laboratorio i ricercatori ENEA hanno realizzato diverse miscele contenenti tartrazina e curcuma in percentuale decrescente ‒ dal 20% al 2% ‒ rispetto al contenuto di zafferano. L’obiettivo era quello di verificare la capacità e la sensibilità del dispositivo laser di rilevare tracce via via sempre più piccole di sostanze estranee allo zafferano.

Oltre allo zafferano, sono stati condotti esperimenti anche su altri prodotti agroalimentari, come il latte, l’olio d’oliva, il riso, i succhi di frutta e l’origano, che hanno permesso a ricercatori ENEA di mettere a punto anche speciali database contenenti i cosiddetti spettri di assorbimento, ossia la particolare “luce” che ogni componente o contaminante alimentare assorbe quando viene colpito dal raggio laser (e che lo identifica).

La tracciabilità delle olive per la produzione di olio extravergine

Il nuovo laser è stato testato anche all’interno di un’altra ricerca ENEA, questa volta dedicata alla tracciabilità geografica dell’olio extra vergine di oliva. In particolare, FoodSensor ha permesso di analizzare alcuni campioni di foglie di olivo e i risultati hanno confermato i raggruppamenti dei campioni per territorio di provenienza, ottenuti dall’analisi degli elementi contenuti nelle olive.

Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista open source Foods, è stato condotto su trentasette campioni di olive e di foglie da undici specie di ulivo concentrandosi sull’analisi degli elementi chimici presenti. I campioni di olive (drupe) e di foglie di ulivo sono stati raccolti in due diverse aree di produzione nel Lazio: presso il Centro Ricerche ENEA Casaccia e nel comune di Allumiere, dove sono stati selezionati cinque diversi uliveti in base alle cultivar e ai siti di produzione.

“Combinando insieme le più moderne tecnologie di analisi, siamo riusciti a identificare la firma geochimica del suolo trasferita alle olive. Questo apre alla possibilità di individuare, in modo sempre più veloce e accurato, l’origine geografica dei prodotti olivicoli e di scovare eventuali frodi soprattutto tra le DOP che devono garantire caratteristiche di qualità, autenticità e tipicità strettamente legate al territorio di produzione”, spiega Claudia Zoani, ricercatrice della Divisione Biotecnologie e Agroindustria.

E aggiunge: “La tecnologia alla base di FoodSensor si chiama spettroscopia laser fotoacustica. Tecnicamente, si spara sul campione un fascio laser a infrarosso. Il campione a sua volta si riscalda, si espande e genera un’onda di pressione, una sorta di eco che viene ascoltata come suono attraverso un microfono. In questo modo è possibile analizzare qualsiasi sostanza, senza che le sue molecole vengano alterate, e ottenere immediatamente i risultati per capire se si è di fronte a una frode alimentare”.

Nello specifico, i risultati dell’analisi elementale hanno dimostrato la possibilità di distinguere i campioni di olive e di foglie per area di produzione, in base alle differenti caratteristiche del suolo.

Raggi ultravioletti per dimezzare l’uso dei pesticidi

Trattare frutta e verdura con raggi ultravioletti per ridurre del 50% la quantità di pesticidi e incrementarne il valore nutraceutico e la freschezza. È, infine, quanto punta a realizzare ENEA nell’ambito del progetto di ricerca Ormesi, attraverso la progettazione di un piccolo robot a controllo remoto per irraggiare frutta e verdura in modo da stimolarne le difese e rafforzarne la resistenza ai patogeni. I primi test su basilico, mele e limoni trattati con raggi UV-C hanno mostrato una migliore reazione di piante e frutti ai comuni patogeni che causano le muffe, aprendo la strada ad applicazioni in serra e su colture estese.   

“In laboratorio abbiamo dimostrato che un’opportuna dose di luce ultravioletta UV-C irraggiata su piante e frutti determina una maggiore resistenza ai patogeni e alle malattie pre e post raccolta. In pratica, la luce ultravioletta crea uno stress positivo a cui la pianta reagisce con la produzione di particolari metaboliti, che per analogia e semplicità potremmo definire anticorpi, in grado di aumentare le difese naturali e quindi la resistenza ai patogeni delle piante stesse. E questo effetto è noto come ormesi, da cui prende il nome il nostro progetto”, spiega Paolo Di Lazzaro del Laboratorio ENEA di applicazioni dei plasmi ed esperimenti interdisciplinari, che cura la ricerca insieme ai colleghi di laboratorio Daniele Murra e Sarah Bollanti e alle altre due ricercatrici ENEA Antonia Lai (Laboratorio diagnostica e metrologia) e Loretta Bacchetta (Laboratorio bioprodotti e bioprocessi).

I ricercatori ENEA pensano di equipaggiare il piccolo robot anche con sensori ottici in grado di riconoscere selettivamente le zone della pianta che necessitano del trattamento. Secondo Di Lazzaro, la realizzazione di un sistema hi-tech come questo consentirebbe di trasferire rapidamente la tecnologia alle PMI che costruiscono, ad esempio, trattori e droni per l’irrigazione e il trattamento fitosanitario.

 

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Immagine: Envato