Ingegneri, industriali e giornalisti guardano, con occhi curiosi, un modellino custodito in una teca di vetro, posizionato alla fine di un lungo corridoio, nello stabilimento industriale del Gruppo Magaldi, azienda specializzata nella movimentazione di materiali ad alta temperatura. Sabbia, specchi, ferro e circuiti elettrici compogono la riproduzione in scala del solare a concentrazione mediante sabbia fluidizzata, una tecnologia sviluppata per la prima volta nel 2010 dall’azienda Magaldi in collaborazione con l’Istituto della combustione del CNR di Napoli e l’Università Federico II di Napoli.
Questo primo prototipo di accumulo di energia termica è il precursore della Magaldi Thermal Energy Storage (MGTES), una nuova tecnologia sviluppata e brevettata dal gruppo Magaldi e visionata da Materia Rinnovabile nella sede del gruppo a Buccino, in provincia di Salerno, in grado di immagazzinare energia termica prodotta da fonti rinnovabili o da reti certificate a partire da un letto di sabbia fluidizzata, distinguendosi nella lotta alla decarbonizzazione.
La sabbia silicea e le criticità del solare a concentrazione
Gli impianti a concentrazione solare sono sistemi ad alta temperatura che convertono l'energia solare in energia elettrica grazie a superfici riflettenti, e sono stati la prima tecnologia adottata dall’azienda Magaldi per accumulare calore. In particolare, la sabbia silicea è stata da sempre il cuore delle tecnologie basate sullo stoccaggio di energia termica sviluppate dall’azienda. Si tratta di una tipologia di sabbia dall’alto contenuto di biossido di silicio. Al contrario delle terre rare, si tratta di un materiale poco costoso, facilmente reperibile e particolarmente adatto a scopi industriali grazie a un punto di fusione molto elevato pari a circa 1.500°C. Una temperatura altissima che però non altera le proprietà del sedimento, evitando così problemi in fase di smaltimento.
Magaldi aveva inizialmente sperimentato questa tecnologia per sei anni nell’impianto integrato di A2A installato tra il 2014 e il 2015 a San Filippo al Mela, in provincia di Messina. Lì la sabbia era il mezzo deputato all’accumulo dell’energia termica a partire dalla radiazione solare, la quale veniva catturata da circa 800 eliostati dotati di specchi sferici disposti intorno a un ricevitore centrale. A sua volta, il ricevitore assorbiva l’energia solare emessa da un secondo ricevitore che trasferiva il calore a diversi serbatoi contenenti sabbia silicea fluidizzata, ossia mantenuta in movimento da un flusso d’aria e riscaldata a temperature superiori a 600°C. La sabbia, una volta raggiunto un regime bollente, riesce infatti a comportarsi come un fluido, accumulando più calore rispetto a molte altre sostanze, come ad esempio l’acqua.
Tuttavia, questi impianti, come spiega a Materia Rinnovabile Letizia Magaldi, vicepresidente esecutiva di Magaldi Green Energy, “richiedono grandi spazi per mantenere il loro elemento di vantaggio, ossia l’accumulo. Questo tipo di sistema trova infatti un’applicazione più facile nella fascia equatoriale del mondo, dove ci sono superfici sfruttabili più ampie e l’utenza finale è in grado di recepire tale vapore”. Per ovviare a questo problema, Magaldi è arrivata a sviluppare MGTES, una nuova tecnologia progettata invece senza l’utilizzo di specchi e che non richiede una fonte di energia solare in partenza. In questo caso, le resistenze elettriche immerse all’interno del ricevitore riscaldano la sabbia e producono così energia termica, rilasciata sotto forma di vapore ad alte temperature, tra i 120° e i 400°C.
La nuova tecnologia MGTES di Magaldi
Il sistema di accumulo MGTES, implementato dal Gruppo Magaldi, è un unicum nel panorama globale, funziona con gli stessi princìpi del cosiddetto solare a concentrazione ma, come dimostra la presenza di un silos robusto a pochi passi dal modellino, risulta molto più compatto e versatile. “Il nostro progetto – spiega a Materia Rinnovabile Raffaello Magaldi, vicepresidente esecutivo delle operazioni commerciali e tecniche − ha previsto una tecnologia che potesse integrare le funzioni di carica, stoccaggio e scarica dell’energia termica in un unico sistema senza differenziare, ad esempio, il serbatoio a caldo, a freddo o per il riciclo.”
L’energia prodotta da fonti rinnovabili è, inoltre, la fonte prediletta per caricare il sistema grazie a resistenze elettriche o scambiatori di calore immersi in un letto fluidizzato, a seconda del tipo di energia immessa, elettrica o termica. “Le tecnologie a letto fluido − racconta a Materia Rinnovabile Nicola Rossi, responsabile innovazione di Enel − sono note e applicate da molto tempo in diversi settori industriali, ma la nuova tecnologia brevettata da Magaldi ha fatto un importante passo nell’industrializzazione di questa soluzione per applicazioni di accumulo termico flessibili e modulari. In questi impianti un materiale solido granulare, tipicamente sabbia, viene fluidizzato con aria, acquistando elevata capacità di scambiare calore.”
MGTES permette, inoltre, di prelevare energia in eccesso o energia a basso costo dalla rete. “Stiamo studiando l’applicazione di un sistema basato sull’intelligenza artificiale che permetta di rilevare energia residua a basso costo dalla rete in manera automatica”, continua Raffaello Magaldi. La scalabilità del silos termico è, inoltre, un vantaggio del nuovo sistema, visibile a colpo d’occhio. La cella singola può essere infatti replicata e interconnessa con altri moduli fino a raggiungere la grandezza di un campo da calcio e stoccare fino a circa 1Gw di energia termica.
La flessibilità di questo sistema permette quindi di costruire una catena di approvvigionamento in qualsiasi posizione geografica e adattarsi con facilità agli sbocchi commerciali, spingendo verso un’elettrificazione dei processi industriali. Esiste infatti una collaborazione tra Magaldi, Enel e IGI − industria che produce oli e grassi alimentari per il Gruppo Ferrero – che guarda in questa direzione con lo sviluppo, nel 2025, di un nuovo impianto basato sulla MGTES per la produzione alimentare.
“Molti processi produttivi hanno infatti bisogno di calore per poter operare e a oggi lo producono principalmente da combustibili fossili”, prosegue Rossi. “Il calore è, ad esempio, necessario nell’industria cartaria per l’essiccamento della carta o in quella alimentare, come nel settore caseario.” La domanda del calore per usi industriali in Italia, rilevata per un valore di 190TWH dalla società Arthur D. Little, è infatti alla base di molti processi industriali a cui sono richieste temperature dai 120° ai 400°C. Una domanda che, secondo le stime dell’Agenzia internazionale dell’energia, è destinata ad aumentare del 16% a livello globale nel periodo 2023-2028.
Lo storage dell’energia
“L’industria del calore si compone per il 90% da gas e metano ma la transizione energetica rende necessaria una produzione di calore che passi anche dall’energia”, ci spiega Letizia Magaldi. Lo stoccaggio di energia termica come bisogno complementare alle rinnovabili compare infatti come obiettivo primario anche nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), secondo cui si prevede, in Italia, di installare, entro il 2030: 62 GW di eolico, 76 GW di fotovoltaico, 4,8 GW di solare termico, 1,4 GW di biomasse e 22 GW di storage.
“I sistemi elettrotermici di storage sono utili anche al sistema elettrico per bilanciare le fonti intermittenti e si adattano a duplici scopi, non solo industriali”, continua Magaldi. Il sistema elettrico nazionale avrà bisogno di molte reti di accumulo per diffondere l’energia e la nostra tecnologia è in grado di fornire servizi di rete a livello nazionale supportando, così, il TSO [operatore di trasmissione energetica, ndr].” Un silos all’apparenza quasi anonimo, composto da ferro e contenente sabbia, diventa quindi uno strumento strategico nella sfida della transizione energetica, dalla sostituzione dei combustibili fossili nel mondo industriale al supporto energetico su scala nazionale.
Immagine: Magaldi