Triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro la fine del decennio. Questo è il cuore del piano industriale energetico globale adottato da 196 nazioni lo scorso dicembre alla COP28 di Dubai, nel cuore dell’economia petrolifera del Golfo, con il beneplacito di Cina e USA. Un’indicazione chiara di investimenti e di politica energetica che nessuno può ignorare, vista l’adozione ampiamente condivisa. Una metrica per definire se siamo sulla giusta strada per la decarbonizzazione.

Al primo, epico, obiettivo abbiamo voluto dedicare questo numero di Materia Rinnovabile. Come illustra il capo dell’Agenzia internazionale dell’energia rinnovabile (IRENA), Francesco La Camera, significa installare fino a 1.200 GW in media ogni anno fino al 2030. Mission impossibile?
Mentre scrivo questo editoriale sto attraversando il Nevada, verso il confine della California dove stanno nascendo mega impianti nelle zone desertiche e soleggiatissime del South West. Moltissime case sono coperte di pannelli fotovoltaici, così come i grandi capannoni nei sobborghi di Houston. Nel mentre la Cina ha raddoppiato il suo ritmo, grazie anche al dominio tecnologico e commerciale che ha saputo conquistarsi, complici vent’anni di vani appelli per costruire una super filiera dell’elettrificazione atlantica. Ma anche stati insospettabili come il Vietnam hanno iniziato a mettere pannelli ovunque (con non poche complicazioni di allaccio).

Il mondo inizia a correre, aprendo decine di terreni di confronto: l’economia circolare di pannelli e pale eoliche, l’end-of-life delle batterie di accumulo, la complessità dell’idroelettrico in territori non democratici, la sfida dei Critical Raw Material e del rame per le tecnologie impiegate, la sicurezza e tenuta delle reti (come ci racconta James Robb, CEO della North American Electric Reliability Corporation), il ritorno europeo al nucleare e la speranza della fusione, le nasciture comunità energetiche e il boom dell’autoproduzione. In questo numero abbiamo voluto concentrarci soprattutto sul fattore produzione e infrastruttura, lasciando a numeri futuri il tema dell’efficientamento. Ma già così gli argomenti erano ben più vasti delle pagine che avevamo a disposizione. Va comunque ricordato che senza riduzione dei consumi triplicare le rinnovabili non basta.

Come leggere questa corsa esistenziale, irta di rigurgiti fossili e populisti, a sei anni dal traguardo simbolo del 2030, pietra miliare degli obiettivi di sviluppo sostenibile del pianeta? A livello industriale la transizione energetica è una priorità, mentre fatica a esserlo a livello popolare. L’indipendenza energetica delle comunità, l’autoproduzione, le reti intelligenti sono un elemento fondamentale, accanto a crescenti industrializzazione e concentrazione dei settori energetici rinnovabili, per la sicurezza energetica in un mondo che vede vacillare la possibilità di una pace multilaterale.

L’instabilità dello scenario geopolitico è una diretta conseguenza del potere di petrostati oligarchici e teocratici come la Russia o l’Iran, e del casino mediorientale derivato da 50 anni di disastrosa petro-geopolitica americana (e israeliana) nel Golfo. E in tutto questo l’Europa – nonostante quanto dica su queste pagine la commissaria uscente Kadri Simson – non ha mai veramente trovato una posizione comune e chiara sulla propria geopolitica energetica (la supremazia nucleare in Francia, il primato del gas italiano, la caotica Energiewende tedesca).

Infine, vogliamo ricordare che questo è il 50° numero di Materia Rinnovabile: un bel traguardo per una rivista che è entrata ormai a pieno diritto nel panorama degli attori culturali ed economici europei. Nata per accelerare la discussione sull’economia circolare e la bioeconomia, mondialista e postcapitalista per natura, oggi MR aspira a essere semplicemente una rivista di economia. Perché transizione ecologica, decarbonizzazione, sostenibilità sociale, rigeneratività e circolarità sono elementi naturali e necessari dell’economia globale, macro e micro. Un mercato del capitale slegato dalla crescita, in cui la comunità internazionale torni a essere centrale, focalizzato su scienza, comunità ed equilibri della natura, inclusivo, finalizzato alla prosperità e al benessere è un assunto auspicabile.

Formuliamo un auspicio audace: che da oggi siano Financial Times, Wall Street Journal, il Sole24Ore e Bloomberg a doversi definire testate di economia lineare, petrocapitalista, deregolamentata, non-ESG. Nei prossimi 50 numeri porteremo avanti un’operazione culturale unica, in cui Materia Rinnovabile sarà solo una rivista internazionale di economia. Lo faremo insieme, tutti e tutte noi della redazione, lettori e lettrici, sponsor e supporter. Ci aggiorniamo nel 2032 per il numero 100 di Materia Rinnovabile!

 

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