Affrontare i cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità e altre crisi di carattere ambientale, economico e sociale necessita di pianificazione e di pensiero a lungo termine. In un’epoca dominata dalla tirannia dell’adesso, abbiamo intervistato Roman Krznaric, uno dei più importanti filosofi britannici e autore del libro Come essere un buon antenato (Ed. Ambiente, 2023), per comprendere come possiamo modificare il nostro modo di pensare e creare un mondo migliore per le generazioni che verranno.
All'inizio del libro viene introdotto il concetto di cervello marshmallow e di cervello ghianda. Quale ruolo dovrebbero ricoprire questi due tipi di pensiero nello sviluppo della società odierna per affrontare questioni relative a cambiamenti climatici e pandemie?
Penso che nella nostra mente sia in atto una lotta tra il cervello marshmallow e il cervello ghianda. Il primo è incentrato sul pensiero a breve termine, sulle ricompense istantanee, mentre il secondo sul pensiero a lungo termine, sulla pianificazione e sulla strategia. Si tratta di un conflitto costante. Per esempio: dovrei comprare l'ultimo iPhone? o dovrei risparmiare per la pensione?
Sono lotte che non si svolgono solo all'interno della nostra mente, ma anche nella società. Il governo dovrebbe rispondere a un problema immediato, come l'aumento dei prezzi dei carburanti? O dovrebbe guardare più a lungo termine, come alla lenta distruzione dovuta alla crisi climatica? In ogni caso, credo si possa fare una scelta. Quanto ci concentriamo sulla ghianda o sul marshmallow? Si tratta di una scelta che dobbiamo fare come società.
Naturalmente, il motivo per cui ho scritto il mio libro è quello di sottolineare che bisogna accendere il cervello ghianda. Dobbiamo fare di più per decolonizzare il futuro e smettere di scaricare su di esso il degrado ecologico. Non c'è nulla che ci impedisca di farlo visto che, come spiego nel libro, nel corso della storia le civiltà umane si sono impegnate in una pianificazione a lungo termine, come nel caso degli acquedotti romani o delle cattedrali.
Questo è ciò che ci viene chiesto oggi, di ripensare le nostre economie per agire veramente a lungo raggio. Dovremmo investire nella circolarità e nella sostenibilità "forte". Credo assolutamente che il cervello ghianda sia essenziale per affrontare la crisi ecologica. Tutto questo richiede però una visione a lungo termine.
Esiste un legame tra lo sviluppo, anche storico, della memoria a breve termine e la distrazione digitale?
Il cervello marshmallow a breve termine è radicato dentro di noi e risale al periodo in cui eravamo in modalità combattiva. Ciò che le tecnologie hanno fatto è amplificare il cervello marshmallow, questa tendenza al breve termine. È iniziato con l'invenzione dell'orologio medievale: abbiamo cominciato a suddividere il tempo in porzioni sempre più piccole. All'inizio l'orologio rintoccava ogni ora o ogni 15 minuti; poi, nel 1700, la maggior parte degli orologi aveva le lancette dei minuti; nel 1800, quelle dei secondi. Il futuro arriva sempre più velocemente. In un certo senso, il cervello marshmallow sta diventando sempre più grande e la distrazione digitale lo porta a un livello completamente nuovo perché cerca di intercettarlo.
Per esempio, ci dà quella scarica di dopamina che si prova cliccando sul pulsante "acquista ora" e rende molto difficile per il cervello ghianda competere. Pertanto, la memoria a breve termine e la distrazione digitale sono strettamente collegate e sfruttano il cervello marshmallow. La nostra sfida consiste quindi nel chiederci: cosa possiamo fare per amplificare il cervello ghianda?
La tecnologia può in qualche modo aiutarci ad amplificare il cervello ghianda o è destinata a essere soprattutto un ostacolo?
È una questione complessa. Si potrebbero immaginare tecnologie di realtà virtuale in grado, per esempio, di proiettare la nostra mente nel futuro. Quindi sì, forse potremmo fare esperienze di realtà virtuale che ci aiutino a immaginare il mondo tra vent'anni o più. Si tratterebbe di un ottimo uso della tecnologia. Sfortunatamente, credo che non sia questo il principale scopo per cui viene impiegata, ma soprattutto per l'intrattenimento, per fare soldi e per altre finalità.
Credo che ci sia un aspetto della struttura delle tecnologie digitali che è molto a breve termine e che ha a che fare con il modo in cui sono finanziate, perché, per dirne una, la maggior parte delle piattaforme di social media sono finanziate dalla pubblicità. Ciò significa farci cliccare, scorrere e scrollare sempre di più e questo richiede l'accensione del nostro cervello a breve termine.
Non nutro molte speranze che questo tipo di tecnologie ci aiutino a pensare a lungo termine. Reputo più importante l'innovazione sociale, ad esempio il modo in cui gli esseri umani riescono a organizzarsi per impegnarsi in lotte sociali.
Come può il pensiero a lungo termine aiutarci a pianificare i momenti più complessi?
Credo dipenda da come si definisce il concetto di complesso. Un momento complesso è una crisi o è qualcos'altro? Prendiamo per esempio il Covid-19. Alcuni Paesi, come Taiwan, disponevano di piani per le pandemie, perché avevano già vissuto la Sars. Invece altri, come gli Stati Uniti, avevano smantellato i loro sistemi di pianificazione per le pandemie. Il risultato è che Taiwan ha affrontato i problemi in modo più efficace rispetto agli Stati Uniti. Un altro esempio è quello dei Paesi Bassi, che sono molto bravi a fare piani per fronteggiare eventuali emergenze idriche, dal momento che hanno avuto gravi inondazioni almeno dal XVII secolo.
Credo che la crisi possa essere un momento di opportunità per il cambiamento. Nel libro ho descritto come in Gran Bretagna, alla fine del XVIII secolo, ci sia stata una crisi nota come The Great Stink (la Grande Puzza), quando decine di migliaia di persone morirono poiché il fiume Tamigi era inquinato da liquami grezzi. Per superare la crisi hanno approvato una legge d'emergenza per costruire la rete fognaria, realizzata con una capacità di portata doppia rispetto a quella necessaria al momento. Il problema della pandemia di Covid è che non abbiamo approfittato di quel momento per ripensare le nostre economie. La maggior parte dei Paesi non l'ha fatto.
Qual è la parte del libro in cui si è sentito più coinvolto?
Uno degli argomenti che mi ha interessato maggiormente è stato il concetto di tempo profondo e il tentativo di comprendere come l'umanità sia solo un battito di ciglia nella storia cosmica. Personalmente trovo molto difficile comprendere scale temporali di miliardi di anni. Tuttavia, bisogna farlo per rendersi conto di quanto sia tragico che in circa 200 anni, dalla Rivoluzione industriale in poi, sia stata distrutta una parte così importante del pianeta. Nel periodo in cui stavo scrivendo quelle pagine del libro, ero con i miei figli a cercare fossili sulla spiaggia e potevamo tenere in mano reperti che avevano 95 milioni di anni. I miei figli mi hanno aiutato a comprendere, perché erano loro a dire: "Wow, non è incredibile?". Mi hanno regalato il senso di meraviglia per il tempo.
Un’altra occasione è stata per il mio cinquantesimo compleanno, quando siamo andati a fare un picnic sotto a un albero di novecento anni. Abbiamo parlato del tempo profondo, di come quell'albero sia stato lì ai tempi della Peste nera nel XIV secolo e sarebbe rimasto lì anche dopo la nostra morte. Questo modo di percepire il tempo profondo è personalmente molto importante per me, oltre che illuminante.
Quali consigli o strumenti suggerirebbe ai nostri lettori per utilizzare la memoria a lungo termine?
Si dice che Steve Jobs si guardasse allo specchio ogni mattina e si chiedesse: "Se questo fosse l'ultimo giorno della mia vita, farei quello che ho intenzione di fare oggi?". Una sorta di carpe diem. In realtà questa è la domanda sbagliata. Dovremmo chiederci ogni mattina: "Cosa farò oggi per essere un buon antenato?". Come una sorta di domanda esistenziale che possiamo portarci dietro.
La seconda cosa è riconoscere il modo in cui cambiamo. Uno dei modi più importanti per farlo è attraverso le conversazioni. Parlando con gli sconosciuti, affrontando argomenti di cui normalmente non si discute. Nel libro fornisco un menù di domande a mo’ di spunti per dialogare, come quale eredità vorresti lasciare alla tua famiglia o alla tua comunità e parlo di alcune grandi domande sul tempo. Penso sia un modo per trasmettere queste idee.
L'ultima cosa che vorrei dire è di ricorrere al potere della nostra immaginazione. Chiudete gli occhi e immaginate un giovane a cui volete bene, un figlio, un nipote o una nipote, un fratellino o una sorellina. Immaginate questa persona fra 30 anni, nel futuro. Immaginatela 90 anni dopo. Immaginate cosa potrebbe dire di ciò che avete fatto per la loro generazione, voi che siete il loro antenato.
Penso che questi spunti siano quasi un modo per creare un dialogo nella nostra mente con le generazioni future. Credo che possiamo fare molto con il dono che abbiamo, il cervello ghianda. La maggior parte degli animali non ce l'ha. Impariamo a usarlo. Impariamo a diventare antenati migliori.
Immagine: Aaron Burden (Unsplash)