Nel 1976 Steve Jobs e Steve Wozniak scelsero un frutto come simbolo di una società di sviluppo di prodotti informatici che sarebbe poi diventata una delle più grandi multinazionali al mondo: Apple Inc. conosciuta come Apple.
Lo scorso anno Apple ha raggiunto una capitalizzazione di mercato pari a 2,9 mila miliardi di dollari, una realtà che per l’elevata domanda da parte dei consumatori genera un grande impatto ambientale. Per adempiere alle proprie responsabilità, Apple ha esposto le sue preoccupazioni adottando misure di protezione ambientale e di sviluppo sostenibile consultabili nel Report di sostenibilità che è stato presentato da Frank Lenderink, responsabile delle iniziative ambientali EMEIA, con un focus su cambiamento climatico, risorse e chimica smart.
Il target di Apple: più consumatori “consapevoli”
Secondo l’ultimo report di sostenibilità, Apple ha l’obiettivo di ridurre le emissioni del 35% nei prossimi 7 anni. Con le compensazioni di carbonio ha neutralizzato 23 milioni di tonnellate circa di anidride carbonica equivalente (Mt CO₂e), un messaggio molto importante da comunicare anche ai suoi clienti. La sostenibilità e le alternative ecologiche hanno infatti un peso sempre maggiore nella scelta di acquisto dei consumatori. Secondo uno studio sulla sostenibilità globale il 78% degli intervistati in Europa, Nord America e Sud-est asiatico crede che la sostenibilità ambientale sia importante e vorrebbe cambiare il proprio stile di vita per ridurre gli impatti generati, mentre il 37% sarebbe disposto a pagare di più per un bene sostenibile.
Trade-in è il meccanismo di sensibilizzazione principale rivolto all’utenza Apple che incentiva il consumatore a riconsegnare il proprio dispositivo (Apple o di altre marche), il quale verrà smaltito in modo sostenibile e quando possibile riciclato o rigenerato. Quando un consumatore è interessato all’acquisto di un prodotto, Apple gli offre quindi la possibilità di permutare il suo vecchio dispositivo e ricevere un credito per il nuovo modello scelto; più il prodotto è recente più è valutato. Questo è inoltre accompagnato da un report ambientale che ne specifica le componenti riutilizzate e riciclate, nonché tutte le strategie messe in campo da Apple per ridurre gli impatti socio-ambientali.
Poche persone sanno però che più dell’85% delle emissioni di CO₂ generate da uno smartphone in due anni è concentrato nella fase di produzione. In altre parole, in termini di energia, comprare un nuovo telefono richiede la stessa quantità di ricarica e il funzionamento di uno smartphone per 10 anni.
Cambiamento climatico: l’onnipotenza della tecnologia
Le emissioni zero si raggiungono quando la quantità di carbonio emessa è uguale a quella assorbita nei pozzi di carbonio. Dal 2020 Apple è carbon neutral per operazioni aziendali, considerando le emissioni dirette, i viaggi di lavoro e gli spostamenti dei dipendenti, mentre da 5 anni dichiara di usare il 100% di elettricità rinnovabile negli uffici, nei negozi e nei data center. La responsabilità ambientale e gli effetti del cambiamento climatico sono un caposaldo per il CEO Tim Cook, il quale ha dichiarato che entro il 2030 tutti i prodotti Apple avranno un impatto netto pari a zero.
Tuttavia, il 70% delle emissioni totali dichiarate da Apple sono concentrate nella fase di produzione. Nonostante si trovi al primo posto nella lista Clean200®, Apple continua ad aumentare il ritmo di fabbricazione e a portare avanti programmi di obsolescenza programmata venendo definita “assolutamente irresponsabile dal punto di vista ambientale” dal cluster dei consumatori Euroconsumers. Il 20% dei prodotti Apple proviene da materiali riciclati, una percentuale troppo bassa per promuovere ogni anno un nuovo modello iPhone e incentivare l’acquisto di nuovi dispositivi.
Frank Lenderink ha dichiarato che i nuovi dispositivi contengono sempre più componenti riparabili, anche se la scelta di utilizzare il part pairing sicuramente non agevola i riparatori e i consumatori stessi ad aggiustare i vecchi dispositivi.
Spinta dalla nuova regolamentazione europea, Apple ha messo a disposizione dei clienti europei un kit di riparazione, definito però “non accessibile a tutti, né pratico, né conveniente” da Cristina Ganapini, attivista di Right to Repair. Al giorno d’oggi questo kit è disponibile solamente negli Stati Uniti e in 8 Paesi europei.
Il concetto di sostenibilità prevede che l’uso di una risorsa non impatti l’ambiente, l’economia e la società, per questo le misure di compensazione andrebbero adottate decenni prima che avvenga la rimozione del carbonio e non il contrario. Per raggiungere la neutralità assoluta, Apple prevede di adottare misure di riduzione e mitigazione come il Restore Fund, i carbon offset e l’uso di energia rinnovabile per tutta la catena di approvvigionamento. L’efficienza energetica e l’energia pulita sono temi molto delicati, perché compensare quanto emesso con l’energia rinnovabile non è direttamente un’azione sostenibile.
Risorse naturali e umane: il tempo è denaro
La dicitura “Designed by Apple in California, Assembled in China” che si legge su tutti i prodotti ci ricorda che il basso costo del lavoro e la grande quantità di lavoratori altamente qualificati continuano a rendere la Cina (e l’India) il luogo ideale per le industrie manifatturiere. L’ondata di suicidi tra gli operai dell’impianto di Longhua di Foxconn e le denunce per violazione dei diritti dei lavoratori a causa della morte di bambini congolesi durante l'estrazione del cobalto sono alcuni esempi che hanno sollecitato Apple ad adottare nuove misure di gestione e controllo della sua catena di approvvigionamento.
Secondo il Rapporto sui minerali di conflitto, Apple dichiara di aver incrementato il monitoraggio delle miniere in Repubblica Democratica del Congo e lungo la regione africana dei grandi laghi con l’ambizione di non dipendere più dalle attività estrattive dal 2030.
La riduzione dei fornitori e delle aziende di assemblaggio è un’altra strategia di Apple, anche se è un processo lento: secondo l’ultima indagine sul caso Suyin Electronics, nel 2013 Apple, dopo aver scoperto in un audit che l’azienda con sede cinese violava i diritti sui minori, ha impiegato più di 3 anni per eliminarla dalla sua catena di fornitura. Laddove Apple non ha un diretto controllo delle attività di estrazione o di assemblaggio, chissà come garantirà ai suoi clienti ogni anno nuovi prodotti a zero emissioni, considerando che la Cina rappresenta più dell'80% della fornitura mondiale di terre rare. Il presidente della Colombia ha spinto per la fine dell'esplorazione di petrolio e gas in Amazzonia, anche se le mosse brasiliane per sviluppare un giacimento petrolifero vicino alla foce del Rio delle Amazzoni complicano tali sforzi.
Apple invita i fornitori ad adottare misure sostenibili supportandoli attraverso il Supplier Clean Energy Program partendo dall’uso di energia rinnovabile. In media ciò implica che nella fase di estrazione e assemblaggio (il 70% delle emissioni totali del ciclo di vita di un dispositivo) bisognerebbe concentrare un piano di energia rinnovabile per ottenere l’80% delle componenti che servono per produrre un dispositivo Apple (il resto proviene da materiale riciclato).
Più di 30 minerali possono essere presenti in un solo dispositivo, 14 di essi sono stati classificati prioritari sulla base del loro impatto ambientale e rappresentano l'87% della massa totale dei prodotti. L’energia rinnovabile su cui punta Apple però, secondo Nature, “non affronta il problema del cambiamento climatico e ‒ benché meno ‒ rallenta l'estrazione, l’uso di combustibili fossili o riduce significativamente gli sprechi d’acqua”. L’azienda non sembra intenzionata a rallentare il ritmo di produzione, semmai a promuovere un ricambio costante dei dispositivi puntando a raggiungere un ciclo chiuso indipendentemente dalle implicazioni che questo comporta.
Chimica smart: l’elettronica green ancora una volta dietro le quinte
L’innovazione e lo sviluppo hanno una parte troppo marginale nel Report di sostenibilità di Apple. La ricerca di nuove soluzioni che possano sostituire i materiali attualmente in uso dovrebbe essere il centro d’interesse, la prevenzione invece della cura. Apple cita tre punti di interesse: la sicurezza chimica, la performance e l’impatto ambientale dei materiali impegnandosi a eliminare gradualmente i PFAS dai prodotti in commercio.
Nonostante gli sforzi nelle prospettive aziendali i materiali saranno gli stessi e per almeno due decenni dipenderanno dalle attività di estrazione che, secondo l’International Energy Agency, arriveranno a un picco a metà di questo secolo. Investire maggiormente nella ricerca di soluzioni alternative potrebbe essere l’unica speranza per abbandonare la dipendenza dall’estrazione mineraria, dal momento che il divario tra l’impatto generato e il tempo di recupero ambientale cresce sempre di più: il numero di miniere a livello mondiale aumenta ogni anno così come l’uso di combustibili fossili. Da anni l’IPCC dichiara che prima del 2050 miliardi di tonnellate di CO2 all'anno dovrebbero essere catturate dall’atmosfera e (ri)fissate nel suolo attraverso impianti ad alta tecnologia, macchine che sono già in uso. Questa soluzione non è altro che il risultato del fracasso mondiale di ridurre l’impatto antropico.
Quando condividere un obiettivo diventa legge
Sebbene Apple sia molto più attenta ai temi ambientali rispetto ad altre aziende, non sembra prestare attenzione al primo punto dell’economia circolare: la condivisione. Ha rifiutato di introdurre un cavo universale per smartphone mantenendo il suo modello nonostante statisticamente si rompa in media ogni sei settimane e genera una grande quantità di rifiuti. Inoltre i prodotti Apple sono noti per essere difficili da riparare, senza considerare l’elevato costo dei centri di riparazione ufficiali. Questo spinge gli utenti a optare per enti terzi, peccato che quando il dispositivo non riconosce il componente sostituito potrebbe limitare alcune delle funzioni originali del telefono. Queste linee aziendali generano alcuni benefici tra cui la sicurezza informatica e limitano il contrabbando delle componenti ma dal punto di vista ambientale non sono sostenibili.
Fortunatamente l’Unione Europea ha imposto a tutte le aziende l’adozione di un unico cavo e l’incentivo di allungare la vita dei dispositivi permettendo ai clienti di riparare facilmente i danni più facili in autonomia. Apple si è dovuta adeguare a queste direttive: sì al cavo USB-C, sì al kit di riparazione con le limitazioni che già conosciamo.
Immagine: Esra Korkmaz, Pexels