Dopo oltre un anno dalla proposta della Commissione europea, lunedì 29 gennaio Parlamento e Consiglio UE hanno raggiunto un accordo provvisorio per la revisione della Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (Urban Waste Water Treatment Directive, UWWTD).
Oltre ad un migliore monitoraggio di inquinanti chimici, dei patogeni e della resistenza antimicrobica, il testo introduce per la prima volta nelle politiche idriche europee il principio di responsabilità estesa del produttore (EPR), designa l’obiettivo di neutralità energetica per gli impianti e prevede che gli Stati membri promuovano il riutilizzo delle acque reflue trattate, ove opportuno, soprattutto nelle aree in difficoltà idrica. Un principio di economia circolare, tra l’altro, ribadito negli ultimi mesi dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) nella dichiarazione politica per un EU Blue Deal.

“Un maggior numero di europei avrà accesso ad acqua più pulita. Con questo passo definiamo anche la nostra traiettoria per gli investimenti nel settore idrico”, ha commentato su X (ex Twitter) il Commissario per l’Ambiente Virginijus Sinkevičius subito dopo il raggiungimento dell’accordo.

L’UE alza i target per il trattamento delle acque reflue urbane

Con l'accordo, che Consiglio e Parlamento UE dovranno approvare formalmente prima che possa entrare in vigore, si è deciso di introdurre entro il 2035 il trattamento secondario delle acque reflue urbane (cioè la rimozione della materia organica biodegradabile) prima dello scarico nell'ambiente per tutti gli agglomerati con almeno 1.000 abitanti equivalenti (a.e.). Entro il 2039, i Paesi dell'UE dovranno garantire invece il trattamento terziario (rimozione di azoto e fosforo) per impianti che coprono 150.000 a.e. o più, estendendolo entro il 2045 a impianti che coprono almeno 10.000 a.e. In aggiunta, entro il 2045, tutti gli impianti con oltre 10.000 a.e. dovranno sottoporre le acque ad un trattamento aggiuntivo per la rimozione di microinquinanti ("trattamento quaternario").

Monitorare le microplastiche e gli inquinanti chimici

I negoziatori hanno concordato di rafforzare il monitoraggio di vari parametri di salute pubblica (come il virus della SARS-CoV-2 e le sue varianti, il poliovirus, i virus influenzali e gli agenti patogeni emergenti), nonché degli inquinanti chimici, comprese i cosiddetti “forever chemicals" (sostanze per- e polifluoroalchiliche o PFAS) e le microplastiche. Anche la resistenza agli antibiotici sarà monitorata nelle acque reflue urbane per gli agglomerati di 100.000 a.e. e oltre.
"L'accordo raggiunto oggi rappresenta una svolta per migliorare in modo significativo gli standard di gestione dell'acqua e di trattamento delle acque reflue in Europa, soprattutto grazie alle nuove norme sulla rimozione dei microinquinanti provenienti dai farmaci e dai prodotti per la cura personale” ha commentato il relatore Nils Torvalds (Renew, FI).

EPR per medicinali e cosmetici

In linea con il principio "chi inquina paga", i negoziatori hanno concordato l'introduzione della responsabilità estesa del produttore (EPR) per i medicinali per uso umano e i prodotti cosmetici, per coprire i costi del trattamento aggiuntivo (trattamento quaternario) per rimuovere i microinquinanti dalle acque reflue urbane. L'accordo prevede che almeno l'80% dei costi sia coperto dai produttori, integrati da finanziamenti nazionali per evitare conseguenze indesiderate sulla disponibilità, l'economicità e l'accessibilità di prodotti vitali, in particolare dei farmaci. “Abbiamo garantito che l'impatto di questa legislazione sull'accessibilità dei farmaci non sarà sproporzionato”, ha rassicurato Torvalds.

Il testo introduce infine un obiettivo di neutralità energetica, in linea con l’ambizione europea di diventare il primo continente climaticamente neutro entro il 2050. Gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane dovranno aumentare progressivamente la quota di energia rinnovabile utilizzata ogni anno (20% entro il 2030; 40% entro il 2035; 70% entro il 2040 e 100% entro il 2045).

Le reazioni: una revisione annacquata

Non tutti sono soddisfatti pienamente dell’accordo. Lo European Environmental Bureau (EEB) su X ne denuncia i limiti. La versione approvata non solo non ha previsto obblighi sulla rimozione di nutrienti per i grandi impianti di trattamento, ma avrebbe anche indebolito gli obiettivi di neutralità energetica (il target proposto del 50% entro il 2030 è sceso al 20%) e ridotto il contributo EPR (i produttori pagheranno solo l'80% e non il 100% dei costi di rimozione dei microinquinanti come auspicato).

"Accogliamo con favore l'accordo interistituzionale sulla gestione delle acque reflue, ma è deplorevole vedere che opzioni vantaggiose per tutti, come la gestione delle acque meteoriche e l'autosufficienza energetica, sono state buttate scartate, con un costo reale per l'ambiente e per i bilanci dei contribuenti”, ha commentato Sara Johansson, responsabile delle politiche per la prevenzione dell'inquinamento idrico di EEB.

Immagine: Kerem Karaarslan (Unsplash)